
un lavoro per tutti

Reali dei re e regine, non reali non inventate.
Spero non sia stata anche stavolta il riciclo di “Candle in the wind“, altrimenti il ritornello “you lived your life / Like a candle in the wind” sarebbe proprio da immaginare come un cerone bello grosso.
(Era “Don’t Let the Sun Go Down on Me“, per memoria).
Io, fossi l’Inghilterra, ora farei la repubblica.
D’accordo, idea bellissima, però sono due ore che la fisso e non succede proprio niente.
Peraltro, così si può (non) cuocere qualsiasi cosa.
Bene per Mattanza, podcast del Fatto quotidiano, ben documentato, scritto e narrato, indagine sulle stragi di Capaci e di via d’Amelio, esecutori, mandanti e moventi, senza cedere alla drammatizzazione e alla facile resa emotiva. Male per Ferite, pocast di Raiplaysound, scritto da Matteo Billi, Francesca La Mantia e Giuseppe Paternò, che alterna lirismo fuori luogo parlando di stragi («A maggio in Sicilia il profumo della zagara in fiore…») a personalismi altrettanto irritanti («nel maggio 1992 frequentavo il terzo anno di Giurisprudenza a Palermo…»), ne dico due all’inizio.
Stesso argomento, stesso periodo, parer mio, come andrebbero e non andrebbero fatte certe cose.
Lituonia, forse?
O forse il marciapiede è di criptonite.
O forse è invecchiato.
Ma poi che fai? Voli dritto contro il marciapiede? Ma perché?
È sempre stato uno dei più ciula, ben gli sta.
La foto è mia e il cadavere sta in una strada di Dresda.
Ecco i primi nove simboli depositati per le elezioni.
Segnalo ovviamente la chiarezza e l’unità dei moderati, al centro, e l’assurdo Panzironi, per cui servirebbe proprio.
E poi, lo dico? L’ape di Maio.
You’d better not kill the groove.
Qualcosa se l’è presa con qualcos’altro volante.
L’anno scorso, come parecchi, mi ero molto appassionato alla vicenda dell’Ever Given, la nave che si era intraversata nel canale di Suez tappandolo, di fatto. L’avevo poi lasciata che c’era una ruspina che da sola cercava di togliere sabbia dal bulbo di prua, poi era saltato fuori che il comandante in attesa aveva disegnato un enorme pene con la rotta della nave prima di entrare nel canale ed era diventato tutto folklore. Poi ne avevo perso le tracce. Finora.
Ed eccola qua, con il bulbone tutto schiacciato, messa in secca e riportata alla forma primigenia in qualche cantiere cinese. E siccome esser recidivi pare sia più divertente, le notizie delle ultime ora la danno in viaggio verso… indovina? Esatto, proprio lì.
Ora, diononvoglia, ma se accadesse di nuovo, ihih, nemmeno in un romanzo scadente o in una fiction improbabile…
Dopo Taffo, a Roma direi che ha preso piede il marketing spiritoso delle pompe funebri, evidentemente c’è chi apprezza, in fase di acquisto, lo humour.
Nomentana, qualche giorno fa.
Anche il lato discount prende piede, vieni da noi e ti regaliamo l’urna, la bara, sconti sui paramenti e via così. Alla fine il caro defunto non è più tanto caro, e la battutina l’ho fatta anch’io. Ciò che mi domando spesso delle pompe funebri, almeno quelle romane per cui ho notato questa cosa, è quanto costi loro avere dei numeri brevi, facili da comporre e quanto questo sia davvero essenziale: Exequia ha, appunto, il triplo 26, Fabozzi il quadruplo 23, Lorenzetti all’EUR triplo 40, alcuni hanno il numero verde, mah, non so. Alla fine, immagino sia ormai roba vecchia anche questa.