ma però costan troppo le banane e perciò

L’opera d’arte, ormai è nota, è una banana attaccata con lo scotch americano al muro.

L’opera d’arte viene venduta a centoventimila dollari.
La banana è vera e, quindi, come fanno le banane tende a marcire.
La si può sostituire, dice l’artista, il proprietario può.
Quindi, nel tempo, la banana non è mai la stessa. Poi magari anche lo scotch nel tempo comincia a non attaccare più. Si può sostituire?
Conta il certificato di autenticità, dice l’artista.
Dunque, forse il bene acquistato è il certificato e non l’opera?
Qualcuno, tempo fa, ragionava sulla riproducibilità dell’opera d’arte, ora direi che è tempo di ragionare sulla sostituibilità. Sarà la stessa opera d’arte dell’inizio? Questo richiama da vicino il paradosso della nave di Teseo.

Un grande successo per la banana. Molti gli emuli.

Poi arriva un altro artista e mangia la banana.

Quindi ci tocca ragionare sull’opera d’arte nell’epoca della sua mangiabilità.
Ma visto che tanto la banana andava sostituita, cos’ha mangiato il secondo artista? L’opera d’arte o una banana?
Ed essendo artista, ha compiuto una performance artistica o ha semplicemente mangiato una banana?
Il peccato, qui, non è la banana, il secondo artista o Cattelan, il peccato vero è non avere Roland Barthes che pensa un po’ a tutta la questione e poi ce lo racconta.

per favore, atteniamoci ai fatti e smettiamo di ascoltarlo (parte ottomila)

Il MES, o per dirlo esteso il Meccanismo europeo di stabilità (MES), o Fondo salva-Stati, è in pratica un’organizzazione intergovernativa che ha lo scopo di evitare l’insolvenza degli stati aderenti all’UE. È già intervenuto in Portogallo e Irlanda durante la crisi economica post 2008.
Il concetto alla base è quello di gestire un fondo economico sostanzioso da utilizzare all’evenienza. Ovviamente, il fondo è costituito dai versamenti dei paesi aderenti, e la quota da versare è proporzionale al PIL del paese stesso.

È su questo punto, ovvero sui versamenti, che Salvini ha deciso di fare campagna elettorale, sostenendo che l’Italia debba versare per il fondo 120 miliardi. Come fa spesso, sostiene una posizione a prescindere dalla realtà e il problema è che il paese, cioè il parlamento, il governo e le forze politiche, gli vanno dietro nel dibattito.

Basterebbe, infatti, informarsi: il MES ha un capitale autorizzato di 700 miliardi di euro di cui solo 80 sono versati dagli stati membri: i rimanenti 620 miliardi (se necessari) saranno raccolti attraverso apposite emissioni di obbligazioni sul mercato. All’Italia, dunque, spetta una quota di 14 miliardi, da versare nel tempo. Senza contare, peraltro, che ogni anno rientra la quota degli interessi di quanto già versato. Per dare un’idea, nel 2013 abbiamo versato 189 milioni di euro. Pochino, no? (Qui qualche dato in più al riguardo).

L’idea del MES è buona e sensata e porrei attenzione a un ulteriore fatto: potremmo seriamente averne bisogno noi, in un futuro non troppo irrealistico. Cosa dovrebbe dire la Germania che versa molti più soldi di noi e ha di sicuro meno probabilità di rischiare il default?

Per cui, ancora una volta: di che si parla?

Partecipanti al Consiglio Europeo del 24-25 marzo 2011 che ha ratificato il MES. Purtroppo, quello in fondo a destra è il tizio che allora ci rappresentava.

«L’altro giorno ho chiesto all’ufficio comunicazione del Parlamento europeo di prepararmi una rassegna con tutti gli articoli apparsi sul MES negli altri paesi del continente. Quanti pezzi di giornale mi hanno recapitato?».

La domanda è di David Sassoli – il presidente del Parlamento europeo – e l’ha posta qualche giorno fa. La risposta?

«Zero».

Appunto.

lacrimosa dies illa

Anche quest’anno il cinque dicembre morì Mozart.

Duecentoventotto anni fa, chiaro.
Non lo ricordo solo per i meriti musicali, che da soli son più che bastanti, ma perché fu uomo progressista, autonomo e indipendente, illuminista, portatore di idee di innovazione, svecchiatore della corte polverosa della Vienna asburgica e dei riti del passato.
E fu così, ovvio, che morì poverello. E morì in una casa che non c’è più ma che stava qui.

Una lapide lo ricorda.

In questa casa, dunque, venne una sera buia d’inverno un uomo misterioso, vestito di nero, che commissionò un requiem. Per sé?