elevating them from mere visual aids to striking coats of arms serving as rallying cries for sports fans

Certo. Fedele alle mie funzioni di servizio, ricordo che l’estate prossima ci saranno le olimpiadi.
E alle olimpiadi servono prima di tutto, prima degli impianti, prima dei record, prima delle strade, servono i pittogrammi. Cioè quelle immaginine con il simbolo di un’attività sportiva. Devono essere semplici ma comprensibili, riproducibili facilmente – sono le stesse che utilizzeranno le tv, i siti, chiunque al mondo e che danno l’immagine grafica all’evento stesso – sia in grande formato che, soprattutto, in quello piccolissimo, a fianco dei programmi. Ecco, l’organizzazione ha appena presentato ufficialmente quelli delle prossime olimpiadi e posso dire, modestamente, che pochetti sono gli obbiettivi raggiunti. Ma alcuni sì, eccome. Eccoli.

Il trivial pursuit per non vedenti:

Il torneo di call center:

L’infermeria delle olimpiadi:

La lotta a sciabolate dei paragrafi:

L’accecamento del ciclope:

E in piccoletto, peggio:

E in piccoletto con i colori originali?

Blurp, gasp, sknorz. Ma son cose da addetti. Forse.
Un esempio del ciclismo nel tempo olimpico.

Anche in questo, anni Settanta vincono.

la luna è un’altalena tra le nuvole di una notte stellata

E anche quest’anno tocca assistere impotenti all’ingiustizia: niente premio nobel per la letteratura per lui.

No, l’hanno dato a Jon Fosse, a saper chi sia. Sarà il fratello di Bob. Per la sua «immensa opera, scritta nel norvegese Nynorsk e che spazia tra una varietà di generi (…) costituita da una ricchezza di opere teatrali, romanzi, raccolte di poesie, saggi, libri per bambini e traduzioni», evabbè, ciao. E la grandezza del nostro prediletto? Non solo uno che scrive cose come: «Io e te, come bellissime stelle, 30 mila metri sopra il cielo», impareggiabili, e l’ancor più ermetico: «Io e te, elevati all’amore», che lirica, ma si senta qui che incipit:

«”Cathia ha il più bel culo d’Europa.” Il rosso graffito, frutto di una mano furtiva che di notte aveva colpito con la complicità di una bomboletta spray, splendeva in tutta la sua sfacciataggine su una grossa colonna del ponte di corso Francia.
Vicino, un’aquila reale, scolpita tanto tempo fa, aveva sicuramente visto il colpevole, ma non avrebbe mai parlato. Poco più sotto, come un piccolo aquilotto protetto dai rapaci artigli di marmo, era seduto lui».

E di cui vorrei ricordare il titolo della tesi, presentata quest’anno in una prestigiosa università telematica per la laurea in lettere, proprio come me: «Due visioni comparate dell’amore: Jack London e Federico Moccia, differenze e affinità di stile, visione e ispirazione attraverso il tempo». Grandissimo, anzi grandissimi, lui e London, in quest’ordine.
No, Fosse, te pare? Ma che mondo è in cui Fosse batte Cathia? E Ernaux, Gurnah, Glück, Handke, Tokarczuk, Ishiguro? Chi sono costoro? Che vogliono? Perché e percome? Ci mancavano «la drammaturgia e la prosa innovative che danno voce all’indicibile», ma che è sto indicibile? Senti qua come si capisce bene: «Con una persona che non conosci a volte ti trovi meglio, ti racconti più facilmente». Forse che non è vero? Forse che non accade così?
Nobel a Moccia, perdio, istituiscasi il dicibile comitato. E poi l’oscar, che è anche reggista.

al bar Italia

Osserva Bersani:

Quando leggi i passaggi del libro di Vannacci pensi: sciogliamo l’esercito, sciogliamo le Istituzioni e facciamo un grandissimo bar, il bar Italia. Però mi resta una domanda: se in questo bar è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile dare del coglione a un generale?

È possibile, già lo faccio da un po’. Non male, Bersani, ha toccato un punto.