minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: dicembre, la variante inchiappona, trangugiare il panettone entro le dieci, il natale al nord

La migliore che ho sentito al riguardo: «Questi inglesi sono extracomunitari da due giorni e già portano le malattie» [@MantovanAle]. Eh sì, perché il fatto di questi giorni è la scoperta della variante inglese del covid, scoperta a settembre, pare, e resa nota solo ora. Fatti rilevanti, per quanto ne sappiamo al momento, della variante inglese? Che è molto più contagiosa. Bene, benissimo. Nient’altro? Quindi, ricapitolando: gli inglesi scoprono che da loro il virus ha deciso di evolversi, tengono la cosa per sé per tre mesi – ottima scelta, grazie a nome di tutti – e, solo quando se ne sono accorti gli altri, abbozzano; a quel punto il mondo chiude le frontiere con la Gran Bretagna (inglesi, preparatevi, è solo l’anteprima dell’hard Brexit, godetevela) ma ormai i buoi sono fuori. La domanda principale, cui non abbiamo ancora risposta, è: i vaccini saranno efficaci anche contro questa variante? Ottima domanda. Il mondo scientifico, in assenza di dati, sostanzialmente tace. Quindi parla tutto il resto del mondo, a sproposito. Conclusione: da tutta la pandemia, l’unico a uscirne migliore sarà proprio il virus. Amen, urrà, allonsanfan.
Ma no, dai. Dice il virologo del mio bar: ogni virus muta in continuazione, quella inglese sarà la novantesima variante, stiamo a vedere. E ogni virus tende a evolvere verso stadi in cui è molto più contagioso ma molto meno grave. Questo perché le varianti peggiori uccidono i propri ospiti e non possono così evolversi. Sarà questo il caso? chiedo io dal flipper. Eeeh, beve il bianchino, saperlo… Speriamo sia una non notizia, tutta ’sta faccenda. E che tra tutti i vaccini nuovi di trinca che abbiamo ce ne sia almeno uno efficace, a esser sfortunati.

A ben guardare, il DPCM di natale è meno restrittivo di quanto potesse sembrare. I negozi saranno aperti fino al 24, nonostante i giorni rossi – vedi il calendario-regina qui sotto -, sarà possibile andare nella seconda casa se nella stessa regione, una volta sola ma è possibile, si potrà fare la tombolata. Noi abbiamo fatto la cena di natale ieri sera ed è stato curioso. Per rispettare il coprifuoco alle 22, ci siamo riuniti in modestissimo numero alle 18:30, abbiamo iniziato a mangiare alle sette, alle nove abbiamo tagliato il panettone con una certa urgenza, alle 21:40 ci siamo diretti ciascuno a casa propria. Alle 22:05 a casa ho fatto qualche scherzo telefonico, assunto droghe varie, cucinato un cappone, pulito il bagno, dipinto le pareti per far arrivare l’ora di andare a letto. E non era ancora mezzanotte.

Ma certe cose non cambiano, non basta una pandemia per evitare l’immancabile trasmissione di “Natale in casa Cupiello”, per carità in nuova versione con Castellitto (seee), la granitica immutabilità di certe cose è per molti la sicurezza che permette di vivere decentemente. Come “Tutti insieme appassionatamente” o “Una poltrona per due” il giorno di natale, quel che per me è ripetizione mortale è per parecchi una piacevole consuetudine. Senza voler protrarre luoghi comuni regionali ormai triti, vicino a dove lavoro c’è un bar-mercatino di prodotti napoletani e oggi fuori c’è una coda che non ve la immaginate. Ogni anno mi chiedo cosa debbano comprare che non si trovi negli altri negozi e non ho risposte. Le friselle? Le mozzarelle di bufala? Gli sciarraqquoni? I mostardelli? I cammanelli? Non capisco. Due anni fa, sotto natale, mentre bevevo lì un caffè, introvabile nei bar della mia città, una signora con accento napoletano entrò e disse con tono sinceramente preoccupato: «Devo comprare [non ricordo cosa], aiutatemi, è il mio primo natale al nord» e io mi sentii in un perenne film con Claudio Bisio, una commedia circolare senza fine. Avrei voluto tranquillizzarla, povera signora, non le avremmo rubato il senso del vero natale, noi bruti del nord.
Certe cose non cambiano, non possono cambiare, qui, nemmeno una pandemia e un numero spaventevole di morti può cambiare il natale italiano. La sua osservanza travalica l’emergenza ed è l’ancora di normalità più importante, il governo ha dovuto trattare sui cenoni, le visite, le vacanze, le spese, i regali, poco da fare. Ecco, io questo non l’avrei immaginato, non così. Ma è il mio angolo di osservazione a essere limitatissimo, a me non importa un fico secco del natale e, quindi, faccio supposizioni errate. Ma mi atterrò senz’altro al consiglio del dottor Signorelli, professore di Igiene e salute pubblica: «I canti di Natale vanno rimandati all’anno prossimo. Cantare è un’attività pericolosa». D’accordo, non canterò. Ma siete in debito con me.


Le altre puntate del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
26 ottobre | 27 ottobre | 29 ottobre | 1 novembre | 3 novembre | 4 novembre | 6 novembre | 8 novembre | 11 novembre | 14 novembre | 18 novembre | 21 novembre | 25 novembre | 30 novembre | 4 dicembre | 8 dicembre | 12 dicembre | 19 dicembre | 23 dicembre |


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