a Carobbio Ghilardi, Nicola e Giacomo si divertono

Vado a Carobbio degli Angeli per motivi miei e mentre parcheggio incappo in una pensilina. Anzi no, in ThaPensilina.

Che non è nemmeno una pensilina, è un luogo di culto. Culto di cosa, tutto da scoprire. Cercando di scoprire qualcosa in più compare un certo Nicola, misterioso, oltre al Ghilardi che è ovviamente il responsabile di tutta la faccenda.

Resto nei dintorni per vedere se mi venga, sai mai?, un afflato di fede, nel mentre leggo le recensioni del luogo di culto.

Ed ecco il misterioso Nicola, mentre Ghilardi ovviamente gigioneggia e mi è sempre più simpatico. Vediamo che dice nella recensione completa della ThaPensilina, cinque stelle:

E chi è Giacomo, adesso?
Poi passa il tempo – era il 2023 – e ThaPensilina non è più luogo di culto, Ghilardi, Nicola e Giacomo non sono più lì, come non lo sono più io, sono certamente in giro per il mondo reale o a inserire altri luoghi notevoli in maps, chissà. Per fortuna io ci sono stato quando era un luogo incantevole e di culto, ricco di possibilità anche religiose.

mistico serto di luce e fior

Settimana scorsa ‘Aida’ all’Arena.
Lasciate le piramidi zeffirellate, la messa in scena contemporanea di Stefano Poda ci è piaciuta, con la manona che si apre e chiude e la luna e sole volante, i pugni aperti e chiusi, oltre a costumi splendidi e molte variazioni sul tema.

Notevoli per un profano come me anche orchestra e solisti, che voci potenti.
L’unica valutazione che farei è che, mentre Verdi usava la patina egiziana come pretesto per parlare di tutt’altro, Patria, libertà, indipendenza, fedeltà, con atteggiamento ovviamente colonialista e di appropriazione culturale ai nostri occhi, oggi non c’è alcun motivo – non potendo comunque modificare testo e ambientazione – di usare simboli complessi della cultura e religione egiziana a caso su costumi contemporanei, per esempio l’occhio di Iside stampato sulle vesti bianche e le teste di Ra indossate dal coro. Visto che tutto è rivisitato, non c’è bisogno di tali richiami, a parer mio. La cosa funzionerebbe lo stesso e striderebbe meno, direi.

colpo d’occhio: un mattone mancante (Zoom, Mosca)

Un mattone mancante in un muro qualsiasi a Mosca e l’idea è lì, ripensando a Nostal’gija di Tarkovskij: una candela accesa.

Non sarà una camminata per attraversare con una candela accesa la piscina di acque termali di Bagno Vignoni ma per le vie di Mosca.

E il meglio, è ovvio, lo darà con la penombra.

L’artista è Zoom e fa cose in giro, anche per strada, principalmente a Mosca.

Notevole.

è già santo e si comporta come tale

L’agiografia è tutto il complesso delle testimonianze che costituiscono la memoria della vita di un santo e del culto a lui tributato. Se, quindi, alla base c’è la scrittura dei fatti miracolosi del santo (ἅγιος – santo e γράφειν – scrivere), dei santi si raccontano le biografie (vita, legenda, historia) e le raccolte di miracoli (mirabilia). Ed è in questo campo che ci si muove al racconto del miracolo del già santo Sinner (in inglese vien da dio, sinner/saint, in italiano no) che, non solo spinto dalla bontà santa che pervade il suo corpo santo, e, propriamente, da santo che si prende cura degli animali ha portato lui medesimo il gatto dal veterinario. Che già basterebbe. Ma – altro animale, le cose tornano – l’ha fatto non con la ferrari, l’elitaxi, l’ambulanza della clinica privata, no: egli l’ha fatto con la Panda della mamma.

La legenda aurea di Sinner è appena iniziata e il suo esempio edificante pervade il cuore di molti, che giammai avrebbero guidato una Panda, anche di fronte al bau agonizzante. C’è molto da imparare, pagani, inutile che state lì a fare i mona, seguite e imparate, che solo con gli esempli santi e morali, i mirabilia, possiamo forse elevare un poco le nostre miserabili vite dal limo, celebrando il culto di Sinner, santo santo santo, altro che Papa Francesco con la Seicento, ma figuriamoci. Dai con la statua, su.

la casa Riquet

Art nouveau, atrtnuvò, vualà. La Riquet haus, a dirla bene, è un edificio nel centro di Lipsia, costruito tra il 1908 e il 1909 su progetto di Paul Lange.

Oggi, date le vicissitudini tedesche dell’ultimo secolo, è un po’ a smozzico perché ha perso il retro ed è sospesa nel nulla ma lei resta lì, invidiabile. La Riquet & Co. commerciava in tè, caffè, spezie, in particolare cacao e produceva praline, cioccolati e quanto a esso connesso, serviva una bella sala da tè per consumare le prelibatezze. Eccola.

Il riferimento, di tipo coloniale arricchito di elementi di art nouveau, è alla pagoda orientale, cinese più che altro, visibile soprattutto nella torre.

Il logo dell’azienda, invece, era un elefante ed eccolo riprodotto all’entrata, per la soddisfazione dei cacaoisti.

Appena pronta, fu pubblicizzata in tutta la regione, un pieghevole dell’epoca che rende conto di alcuni dettagli:

Considerato che a Lipsia non è che sia rimasto molto, questa è ancor più notevole.

sfruttare le glorie locali: stavolta Lutero

Come le palle di Mozart – che comunque se n’era andato – a Salisburgo, il testone di Beethoven a Bonn, idem, trovato la gloria altrove, il Dante a Firenze cacciato in esilio, la faccenda delle glorie locali è interessante da osservare, più di frequente un vero spasso. Non è raro che una celebrità se ne sia andata dalla città natale sbattendo la porta – nemo propheta, d’altronde – e abbia trovato la gloria altrove, spesso parlando anche piuttosto male nei bar malfamati del proprio luogo di provenienza. Ma non importa, a celebrità deceduta tutto è bello, tutto va bene, avanti con le celebrazioni e il merchandise, chi se ne impippa?
A Wittenberg le glorie locali sono numerose ma alcune davvero poco spendibili: i Cranach, piccolo e grande, figuriamoci; Melantone chi era costui? Il principe illuminato di Sassonia non mi pare proprio; Lutero sì, lui sì, puntiamo su quello. E il bello della gloria locale è che con la sua gloria, infusa come luce che si spande, illumina tutto quanto, qualsiasi angolo, qualsiasi prodotto. Perché quindi non promuovere i famosi coltelli di Lutero, tra cui l’imperdibile multifunzione copia di quelli svizzeri?

O il set da cucina con i manici colorati. Che avrà pur mangiato tra la sessantaduesima e la settantesima tesi, no? A proposito di quello, ecco l’immancabile Playmobil – ricordo che siamo in Germania – con le fattezze dell’eroe. Oddio, a essere sinceri potrebbe essere un qualsiasi governatore dei Paesi Bassi tra Cinque e Seicento o un estensore della prima costituzione americana o un poeta inglese tipo Milton, se non fosse per l’Antico Testamento che ha in mano e sul quale ce l’hanno dovuto proprio scrivere perché si capisse.

Il sospetto che Playmobil abbia in questo caso risparmiato, optando per il modello versatile, viene. Così non è per il pane con miele di Lutero, proprio quello che lui mangiava cinquecento anni fa per tenersi in forma e affrontare la temibile Chiesa Cattolica Romana e batterla sul suo terreno. Certo, aveva anche le carte con le tesi, proprio lì a destra. E lì a fianco la borraccia, un pallino una tesi.

Le glorie locali postume sono un argomento di mio gran gusto, ancor più quelle alla Girolamo Savonarola a Firenze, per esempio, che prima l’hanno bruciato sul rogo, manifestando un certo astio a parer mio, e ora ci sono le statue, qualche pupazzetto, magari una pizza e la cosa pare risolta, credo il Comune si sia scusato. Certo, comodo dopo, vallo a dire a uno arso vivo.

ecco, ora vorrei essere lì (maledetto Putler)

Sulla Narva, il fiume al confine tra Estonia e Russia, ci sono due fortezze che si guardano in cagnesco da secoli, Narva e Ivangorod. Lo raccontavo in un minidiario l’anno scorso, il posto è notevole di suo e ancor più oggi con le tensioni russe, visto che è l’unico confine pedonale attraversabile tra Russia ed Europa.
Ecco qui, sul lato Narva, in occasione della festa russa del 9 maggio oggi per la vittoria contro il nazifascismo, qualcuno ha appeso un manifestone dritto sulla faccia di Putin e russa:

Propastop.org è un blog indipendente estone che si occupa, appunto, di propaganda e di tutelare lo spazio informativo estone. Bel tiro, Putler apprezzerà sicuro, chissà come gli rode. Hitlin non era un granché, in effetti.