chi ne sa più di chi? O dello sviluppo etico, spirituale e intellettuale

È appena finita l’edizione 2025 del festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, dedicata stavolta alla ‘Paideia’ ed è stata, come le altre, direi ricca e interessante di spunti. Almeno finora, visto che sto ascoltando le conferenze partendo dalle migliori, Pievani e Aime, ed evitandone altre, per esempio Veneziani. Così, sì, vittima del pregiudizio ideologico.

Pievani, sempre piacevole e interessante, conclude la sua conferenza citando a memoria un dialogo tra padre e figlio, presumibilmente tratto da Verso un’ecologia della mente di Gregory Bateson, per spiegare il concetto di ‘Paideia’:

Una volta conoscevo un ragazzino in Inghilterra che chiese a suo padre: «I padri sanno sempre più cose dei figli?».
E il padre rispose: «Sì, hanno studiato di più, hanno più esperienza…».
Poi il ragazzino chiese: «Papà chi ha inventato la macchina a vapore?».
E il padre: «James Watt».
E allora il figlio ribattè: «Ma perchè non l’ha inventata il padre di James Watt?».

Qui il feed, per quelli golosi

la chiesina a Largo dei Librari

Sempre commovente la chiesina romana di Santa Barbara dei Librai.

Così detta perché in carico alla confraternita dei Librai, la piazzetta irregolare davanti le dà rilevanza e collocazione in vista. All’interno della chiesa, la botola di sepoltura dei confratelli, con un’iscrizione che recita: “SODALIBUS BIBLIOPOLIS DONEC APERIATUR LIBER ÆTERNITATIS” (“[luogo destinato] Ai confratelli di Bibliopoli fino a quando si aprirà il libro dell’eternità”). Niente male anche questa, mia foto di tre giorni fa.

’sti francesi, però, niente male

“Umiliata la Francia” dice a vanvera quello, perché semmai è proprio lui ad averlo fatto.

E Sarkozy, ricorsi permettendo, andrà in carcere. No domiciliari, almeno non solo, carcere carcere. E non hanno un carcere per gli ex-presidenti o una clinica di lusso nei dintorni di Roma in cui fargli trascorrere il tempo a flebo di aragosta. No, certo non sarà l’isola del diavolo ma vivaddio, dentro. Lei gnaola come tutte le volte, come faceva anche col covid, la vigliacchetta. Che invidia.

Aggiornamento: con la tigna che la contraddistingue, Carla Bruni alla fine di una dichiarazione pubblica del marito pregiudicato ha strappato la spugna da un microfono di un giornalista e l’ha gettata a terra. Ma non una a caso, la spugna del microfono di Mediapart, organo di informazione che con la sua inchiesta aprì il caso che si è appena concluso con la condanna ai lavori forzati dell’ex-presidente. Da Mediapart, molto divertiti dalla cosa, fanno sapere che per fortuna le condizioni della spugna non sono gravi e che tornerà al lavoro quanto prima. Un sospiro di sollievo da parte di tutte le brave persone. Bruni, invece, ha postato un’immagine con un titolo del tipo: “l’amore è la risposta”, proprio ipocrita come sempre.

l’equilizio d’autunno, che arriva quando gli va

Dalle 20:19 e 16 secondi (UTC+2), che è il tempo di Urano di oggi, secondo il rispettabile Institut de Mécanique Céleste et de Calcul des Éphémérides (IMCCE), è autunno. Non il 23, come al solito, non il 21 come gli altri mesi, non starò qui adesso a spiegare perché.
Piuttosto, una bella immaginetta da stock che rende l’idea diffusa dell’autunno.

Ahah, che spasso. Matta, l’autunno è una stagione strepitosa, certo la si apprezza solo dopo le temperie dell’adolescenza ma quando ci si arriva, beh, son soddisfazioni. Processioni, inclinazioni, deduzioni, attrazioni, collazioni, tutto quanto contribuisce alla variazione delle stagioni e al cambio delle foglie, l’augurio per me e per le persone buone – gli altri ciccia – è che cambino anche certe situazioni quaggiù, possibilmente in meglio e non, come accade più spesso, nella brace più nera.
Grazie molte, aspettiamo.

a shrine to failure: on a Berlin-Leipzig train in 1981

Un esordio notevolissimo: Undone degli A shrine to failure.

Syntwave e un po’ goth, è un viaggio nel tempo nella Berlino del 1980, suonato da un duo di ventenni sciagurati di Francoforte che evidentemente sono stati appena scongelati. Da parecchio tempo non mi capitava di mettere su un disco intero in heavy rotation, questo sono due giorni che lo ascolto proprio come si faceva una volta. E non ho ancora finito. Grazie, signor R. Costa niente su bandcamp.

tutto il mondo è un palcoscenico o delle spiegazioni troppo semplici

Quando furono riportate alla luce le fondamenta del Globe Theatre di Shakespeare a Londra, gli archeologi scoprirono anche grandi quantità di resti di gusci di nocciole tra le murature e le pavimentazioni. Che ghiottoni di nocciole questi spettatori, si dissero gli archeologi in prima battuta, questi appassionati di teatro elisabettiano che con il loro sacchettino di granaglie seguivano attentamente le messe in scena dei The Lord Chamberlain’s Men.

Distrutto da un incendio il 29 giugno 1613, il Globe Theatre fu ricostruito entro il mese di giugno 1614, chiuso con un’ordinanza nel 1642 e definitivamente demolito nel 1644. L’attuale Shakespeare’s Globe, ricostruzione del 1997, discutibile perché non abbiamo immagini fedeli dell’originale, si trova un po’ spostato rispetto all’originale, che è ora sotto un condominio.
Comunque, da quel sotto-condominio emersero un sacco di gusci di nocciole. Qualche archeologo più dubbioso non si fece bastare la tesi degli spettatori ghiottoni e andò oltre, scoprendo che in realtà i gusci di nocciola facevano parte dei materiali da costruzione: venivano infatti miscelati con polvere e sabbia per creare una malta compatta che costituiva il pavimento dei teatri di età elisabettiana. Era tanto compatta che fu difficile da rompere anche quando venne ritrovata quattrocento anni dopo e, non meno, lasciava passare l’acqua senza che il pavimento diventasse scivoloso. Niente male. Immagino l’impresa edile mangiare un sacco di nocciole, prima dei lavori. Un pavimento del genere fu poi ricreato nel nuovo teatro.

Il fatto rilevante, secondo me, è il processo di comprensione, ovvero inseguire fino in fondo la spiegazione davvero soddisfacente e non accontentarsi della prima ipotesi: significa non solo scrupolo ma farsi carico delle cose e delle domande. E ciò vale per tutto, anche su ciò che riguarda sé stessi, non solo le questioni archeologiche.

libri di viaggio: ‘Nelle foreste siberiane’

Si era ripromesso di farlo e l’ha fatto: sei mesi da eremita in una capanna siberiana, sulla sponda del lago Bajkal. Mi piacerebbe.

È ‘Nelle foreste siberiane’ di Sylvain Tesson, nonostante sia più o meno stanziale è un libro di viaggio ed è anche appassionante: le sue visite ai ‘vicini’ sono ilari, i luoghi magnifici e paurosi, curiosi gli elenchi dei libri che si è portato con sé, la condivisione è assoluta, riporta anche tutta l’attrezzatura che ha scelto, ammette di aver conosciuto gioia e disperazione. «Ogni giorno ho annotato i miei pensieri su un quaderno. Adesso quel diario e nelle vostre mani».
Il punto è però un altro, la gestione del tempo: «Nella taiga ho subito una metamorfosi. Nell’immobilità ho ritrovato qualcosa che il viaggiare non mi dava più. Il genio del luogo mi ha aiutato a addomesticare il tempo. Il mio eremitaggio è diventato il laboratorio di queste trasformazioni». Tesson è forse il più interessante tra i viaggiatori degli ultimi anni.
Per curiosità, il primo libro che Tesson ha portato è Quai des enfers di Ingrid Astier e l’ultimo I tre avventurieri di José Giovanni.