almanacco dei sette giorni, per ruminare (20.53)

✘ Il neoeletto presidente Biden ha segnalato che svariati dipartimenti e agenzie governative non stanno agevolando la transizione, nascondendo informazioni alla nuova amministrazione. Non so come vada di solito, credo sia abbastanza la norma tra governi di diverso colore. Di sicuro, si fanno gli scherzi. Ricordo che nel 2001 i funzionari di Clinton nel passaggio all’amministrazione di George W. Bush lasciarono le tastiere della casa Bianca tutte senza la lettera ‘w’. E non solo, incollarono telefoni e cassetti, staccarono i frigoriferi pieni. C’è da dire che la transizione Clinton-Bush fu particolarmente difficile a causa della vittoria contestata di Bush, appunto, contro Gore. Comunque, si ricordano decine di scherzi, uno di quelli fu:

Un ex dipendente […] ha raccontato che durante il suo ultimo giorno di lavoro nell’amministrazione Clinton aveva registrato un messaggio di saluto sulla segreteria del suo telefono in cui diceva che sarebbe stato fuori ufficio per i successivi quattro anni per via di una decisione della Corte Suprema, fornendo il numero di telefono di casa sua.

☀ Se vi mancano i musei, come mancano a me, si possono fare dei tour virtuali. Non che sia la stessa cosa, per niente, ma meglio del nulla nulla. Chissà perché, Franceschini, questa proprio non la capisco. Comunque, un giro vero e proprio è quello che si può fare al museo di scienze naturali dello Smithsonian di Washington: qui. Sia del museo che delle mostre passate. In effetti si gira sala per sala con un’esperienza paragonabile, diciamo. Fino ad arrivare a Lucy, che sta proprio lì.

✘ L’arresto dell’attivista Loujain al-Hathloul in Arabia saudita con il pretesto di aver guidato (alle donne saudite è concesso aver la patente dal 2018!) e la condanna a cinque anni e otto mesi di carcere per aver messo a rischio la sicurezza nazionale del Regno attraverso ripetuti contatti con diplomatici e attivisti occidentali, mi fa dire ancora una volta che dal punto di vista dei diritti umani quello è uno dei paesi peggiori del mondo. Bisognerebbe prendersela con loro, altroché, retrogradi reazionari miserabili.

✘ È morto Giorgio Galli, politologo, docente di storia, scrittore importante. Ha detto tante cose utili, anche negli ultimi tempi nonostante la veneranda età, tra cui uno che sarebbe utile al Pd e alla sinistra: «Non serve una nuova assemblea costituente, serve che la sinistra e il Pd ricomincino a pensare e a riflettere in che mondo viviamo». Ma tanto resterà lì anche questo.

☀ Il 26 dicembre il Viminale ha comunicato che i controlli durante la vigilia di Natale sono stati quasi 82 mila, con un totale di 826 multe e sette denunce. Beh, non è andata male, no? Io continuo a diffidare (adesso lo dico, lo so, mmm) della narrazione degli italiani menefreghisti delle regole. Ci sono, per carità, e non sono pochi. Ma sono meno e meno stolti di quanto le pagine online dei quotidiani vogliano farci sembrare.

✘ È la penultima settimana dell’anno e si fanno i riassunti e le classifiche: le migliori serie, i migliori libri e film, le persone che non ci sono più, i fatti dell’anno. E le fotografie, che sintetizzano non poco. Qui le ottanta del Post. Non è stato un bell’anno.

✘ Anche quest’anno il Comune di Roma si è segnalato a natale – anche il resto dell’anno, a dire il vero – per soldi buttati in luminarie natalizie orrende e mal pensate. La peggiore è quella della fontana dei quattro fiumi di Bernini a piazza Navona. Non è una questione estetica, piuttosto è perché è stata realizzata da una società di comunicazione tecnologica senza alcuna relazione con l’opera o competenza artistica, il che non dice proprio nulla di nulla. È molto più del bello/brutto.

A Firenze e Torino, per dire, interventi molto più sensati e significativi.

☀ Tra i film girati nei circuiti minori nel 2020, eufemismo, vedo molte segnalazioni per Favolacce. Forse vale la pena vederlo, di sicuro Germano continua di gran lunga a essere il migliore, attualmente.

✘ Paolo Rossi, il calciatore, era una persona modesta, simpatica, allegra e di modi semplici. Il fatto che sia stato cremato e deposto in un’urna a forma di coppa del mondo di calcio è non solo di cattivo gusto, secondo me, ma credo vada proprio contro ciò che rappresentava per tutti noi. La vittoria nella coppa del 1982, certo, ma anche un esempio di compostezza e misura, quella composta italianità che però fa tre pere al Brasile, quello era il senso. Per carità, scelta della famiglia, a me sembra però che così sia stato un po’ ridicolizzato.

Ovvio ripensare al signor Bialetti.

✘ Il 23 dicembre scorso senza troppo clamore nei cantieri a La Spezia, Fincantieri ha consegnato la fregata multiruolo Fremm Spartaco Schergat, ora ribattezzata “al-Galala”, al governo egiziano. È la prima di due navi che secondo l’accordo il nostro governo venderà al governo egiziano. Non stupisce che non vi fosse alcun rappresentante dell’esecutivo, che non sia stato emesso alcun comunicato ufficiale da parte dei vari Ministeri in qualche modo coinvolti (Ministero della Difesa, degli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico), nulla di nulla. Tra l’altro, l’accordo sarebbe ben più ampio: si parla di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e 20 aerei addestratori M346. La partita è enorme.
Però al-Sisi è a tutti gli effetti un dittatore, il suo governo si distingue per la violazione sistematica dei diritti umani di detenuti e oppositori, la repressione nel sangue dei sostenitori di Morsi, l’istituzione di tribunali speciali, l’introduzione della pena di morte obbligatoria per ben tredici reati, la detenzione di un gran numero di giornalisti. Chiaro adesso perché non ne veniamo a capo del caso Regeni e della prigionia di Zaki?

☀ Ultima dell’anno, bella: il babbo del premier inglese Johnson ha chiesto la cittadinanza francese. Sul serio. Essendo figlio di madre francese lo può fare, l’ha fatto, specificando di essere un convinto europeista e di aver votato per il remain al referendum sulla Brexit. Conta poco, ora, ma almeno il brindisi di capodanno vada di traverso a qualcuno.

Bene, a questo punto buon anno (non a tutti, solo a chi lo merita e si dà da fare per meritarlo). Ci vediamo di là, alla settimana uno. Cioè, mmm, domani.


L’indice degli altri almanacchi.

buona notte (Quino)

E con questa finisco la carrellata di vignette di Quino, iniziata il giorno della sua morte, il 30 settembre, e durata 93 figure, tutte mediamente bellissime.
Quino però resta, ogni tanto tornerà qui, è nel mio cuore. Tutte le vignette di questi tre mesi sono dedicate alla mia amica I., con cui mi sono molto divertito a vederle ogni giorno.
Buon anno, I., e a tutti gli altri.

minidiario scritto un po’ così delle cose recidive, ovvero perseverare nella pandemia: dicembre, fatti imprevedibili che mandano a monte un piano ben oliato, novecentotrentamilioni di tedeschi, c’è alla porta il Signor Lamorte

Ed è poi arrivato il 27 dicembre, il giorno europeo della vaccinazione. In Germania vaccinata una signora di centoun anni o giù di lì, in Spagna un altrettanto matusalemme, in Italia una giovane operatrice sanitaria. Son scelte. Non male la coreografia del furgoncino con le prime dosi del vaccino – poco meno di diecimila – che valica il Brennero innevato con la scorta dei carabinieri per arrivare allo Spallanzani di Roma. Da lì, poi, alla base militare di Pratica di mare e ai principali ospedali selezionati. Poi volano i numeri: un milione di vaccini al mese, no, quattrocentomila a settimana, no, tutti vaccinati per settembre, no, sì, boh. Ma i conti, si sa, vanno fatti con l’oste, che deve essere d’accordo: dopo tre giorni già si parla di ritardi, in Italia, l’UE poco fa annuncia che non darà l’autorizzazione al vaccino Oxford-Astrazeneca prima di febbraio, proprio mentre la Gran Bretagna annuncia di averlo fatto, vedi le coincidenze, e questo fa sballare i già precari conti. Domanda: su quale vaccino lo Stato italiano ha investito di più? Dai, non è difficile. Esatto, Oxford-Astrazeneca. Quindi, tocca rifare i conti, correre ai ripari, riformulare i piani con una certezza: ci saranno dei ritardi su quanto programmato. Impossibile prevedere.
Altri numeri. Per il giorno della Grande Vaccinazione, all’Italia vengono date 9.750 dosi, alla Germania 151.125. Eh? Ma è ovvio, spiega il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, «le dosi sono in base alla popolazione» (e se metto il virgolettato vuol dire proprio quello, testuale). Che faccio? Mi felicito con i novecentotrentamilioni di tedeschi? Poi salta fuori pure che proprio la Germania ha acquistato privatamente, cioè al di fuori degli accordi presi dall’UE per tutti gli Stati membri, oltre trenta milioni di dosi. Il che non va per niente bene, perché o le cose si fanno insieme con accordi alla luce del sole, come l’Unione europea dovrebbe fare per statuto e regolamento, oppure ognun per sé. Così mica vale, stavolta male.
Nel frattempo il virus non sta fermo ma si ingegna per creare scompiglio: prima si scopre una variante inglese, vedi penultimo minidiario, poi ne salta fuori una sudafricana (neocolonialismo?), poi è una gara a chi ne ha di più e a chi le ha avute prima. Un medico di Brescia sostiene che la variante inglese invece derivi da una bresciana, nota fin da agosto. Ma certo. Quindi stronzi gli inglesi per non aver detto nulla per tre mesi della loro variante e noi no, bravi e ammirevoli perché quella originale è la nostra. D’accordo, capisco perfettamente.

Nel frattempo, io ho fatto l’ennesimo tampone. Poiché ogni volta che si è parlato di ‘asintomatici’ io mi sono figurato me stesso, ho preso la decisione di fare un tampone ogni mese, mese e mezzo, così da avere un’idea ragionevole del mio stato di contagio o meno. Vezzo costoso, devo dire, e che presenta almeno un aspetto particolarmente curioso: il referto dell’esame viene comunicato solamente a me e non alle autorità sanitarie. Infatti, non risulta nel mio fascicolo sanitario regionale. Certo, io l’esame l’ho fatto privatamente, chiaro, ma non vedo un solo motivo utile per cui non ne sia reso pubblico, cioè comunicato all’ente pubblico, l’esito. D’accordo che si è rinunciato a qualsiasi velleità di tracciamento da mesi, purtroppo, trovo tuttavia che così sia davvero un po’ troppo: io avrei potuto essere positivo (parlo in teoria, eh, chiedo per un amico) e tenermi la cosa per me, procedendo con le mie cose esattamente come prima. Sarò l’unico ad averla pensata così? Mi parrebbe strano.
Ora devo tornare ai numeri. Purtroppo. Ogni giorno vengono comunicate valanghe di numeri, il Ministero stesso condivide ogni sera una tabella con i dati del giorno in molte colonne. Non è un problema di oggi, è un problema da quasi un anno, secondo me. Io vorrei sintesi e pareri autorevoli, intendo di una e una sola voce qualificata e non di virologi, governatori, chiacchieroni a caso, un commento chiaro e fermo sulla situazione e l’andamento del giorno. Così non accade, arrivano numeri e poi ogni statistico da pianerottolo è libero di dire la propria (eccomi). Tre tipologie di numeri sulle quali mi interrogo. La prima: il numero dei contagiati. È quasi sempre attorno ai quindicimila-ventimila al giorno e, se non erro di memoria, questi erano numeri che due mesi fa ci destavano grandissima preoccupazione. Ora no, molti commentano che la curva sta scendendo e che ci sia da ben sperare. Piuttosto, se c’è una curva che sta sicuramente scendendo è quella del numero dei tamponi, che sono sensibilmente meno che qualche tempo fa. Non so perché accada questo ma è un dato ormai percepito da chiunque, beh, certo, ma adesso ne fanno molti meno, sì, certo. Ma perché? Il terzo dato, e bisogna immediatamente andare oltre i numeri e pensare alla realtà, è che i morti sono tantissimi. Ieri 659, oggi 575. Ma la cosa non è messa in risalto in nessun modo, oso dire che è proprio messa da parte, non ne parla quasi nessuno. Eppure i cimiteri, le camere mortuarie, i forni crematori, i depositi sono pieni come e più di marzo e aprile, chi ha voglia di rendersi conto di quale sia la situazione lo può fare facilmente, eppure non se ne parla. Come se nella cosiddetta ‘seconda ondata’ i morti non ci fossero. Eppure, da febbraio al 31 agosto (sette mesi), i morti sono stati 35.491. Da settembre a natale (quattro mesi), 36.190. Ben di più.
Chi si è preso la briga di raccontare le cose, e sono pochi giornalisti, descrive situazioni al margine della sostenibilità, bare ammucchiate nei depositi o lasciate negli sgabuzzini, sepolture frettolose e ravvicinate, sepolture temporanee in attesa di tempi migliori. Dice il report Istat al riguardo: «In molte regioni del Nord l’eccesso di mortalità totale del mese di novembre supera quello del picco di marzo-aprile» ma non c’è preoccupazione, non c’è movimento, non c’è pausa, non c’è riflessione.

Il cimitero di Musocco a Milano, foto Radio popolare.

I morti sono morti e sono una questione personale, della famiglia, dei parenti, di coloro che sono segnati dalla perdita. Degli amministratori, che devono gestire la situazione, degli operatori funebri e di pochi altri. Sono un numero riportato quotidianamente come si riporta una temperatura, una larghezza, un fatturato, tutti numeri che hanno un rapporto abbastanza privo di conseguenze sulla realtà. Perché accade questo? Forse ci siamo stufati? Forse ci siamo, peggio, abituati?
Non siamo dei cattivoni insensibili, non credo, almeno non tutti. Di certo bisogna, collettivamente, sopravvivere, bisogna riprendere sprazzi di vita normale, senza dubbio, molti sono i fattori che di certo ci portano a ignorare la situazione attuale, non tutti forse deprecabili. La morte è un fatto che, culturalmente, in effetti tendiamo a ignorare da ben prima della pandemia e a ricordarcene quando riguarda qualcuno a noi vicino, spesso facendone una tragedia incommensurabile rispetto al diffuso disinteresse di prima. Però bisognerebbe ricordarsene, in generale, magari ancor più oggi per riuscire a valutare il pericolo reale e a dare il giusto peso ai rischi che corriamo durante il giorno, penso sarebbe necessario almeno in chiave utilitaristica. Anche se, non ultimo, bisognerebbe parlarne per condividere, per partecipare, per farsi carico almeno un poco del dolore che affligge migliaia di noi, ogni giorno, e per mantenere viva la nostra umanità di fronte ai nostri simili, così vicini e così uguali.


Le altre puntate del minidiario scritto un po’ così delle cose recidive:
26 ottobre | 27 ottobre | 29 ottobre | 1 novembre | 3 novembre | 4 novembre | 6 novembre | 8 novembre | 11 novembre | 14 novembre | 18 novembre | 21 novembre | 25 novembre | 30 novembre | 4 dicembre | 8 dicembre | 12 dicembre | 19 dicembre | 23 dicembre | 30 dicembre |


Tutti gli indici

certo, affanculo il 2020

Questo è il sentire comune, che viene peraltro espresso senza troppe perifrasi da molti.
In questi giorni io sto leggendo, lettura appropriata, il Diario dell’anno della peste di Daniel Defoe, in cui racconta l’epidemia di peste a Londra del 1665 (il titolo-sommario: Diario dell’anno della peste, contenente osservazioni o testimonianze sugli avvenimenti più notevoli, pubblici e privati, che ebbero luogo a Londra durante l’ultima grande epidemia del 1665. Scritto da un cittadino che visse durante tutto quel tempo in Londra. Finora inedito).
Fu ovviamente un disastro, moltissimi morti, quasi mille al giorno, finché finalmente con l’autunno la ‘Grande peste di Londra’ cominciò a placarsi e le persone salutarono con felicità la fine dell’anno e l’arrivo di quello nuovo.
L’anno nuovo, il 1666, così desiderato, non si fece attendere: a settembre Londra fu rasa al suolo dal cosiddetto ‘secondo grande incendio di Londra’. Et voilà.
Cosa voglio dire con questo? Niente, solo di stare attenti con i desideri, che le braci son sempre dietro l’angolo.