tempo di organizzare i festival e i tùr (manifesti manifesti manifesti)

Stavo cercando di capire il valore intrinseco dei The last days of Jesus, una ridente progressive goth rock band, quando sono incappato in un altrettanto ridente festival, organizzato per la fine dell’anno nella ridente Budapest.
Come si vede, l’allegria regna.

Un festival davvero ricco e succulento è invece lo Shaky knees di Atlanta, previsto per maggio. Io segnalerei, nella lineup: Jack White, David Byrne, Tenacious D, i grandissimi Cake e l’altrettanto grande Courney Barnett, i Franz Ferdinand (c’è bisogno di dirlo?), i Parquet Courts e i sorprendenti Greta Van Fleet (sentire Talk on the street per giudicare).

A proposito di posters e di tùr, ieri l’annuncio delle ottanta date di David Byrne, che accoppia – come è uso – disco e giro di concerti, dopo parecchi anni: tre date in Italia, per chi volesse.

Ma quello che preme di più a me è questo, l’inizio del tùr dei Jet: ci sarò, non in Giappone ma ci sarò, perdio.

Andare, ascoltare, benestare.

l’innovazione digitale, che meraviglia

Mi arriva comunicazione dal Ministero che non solo è pronta la mia dichiarazione dei redditi (a gennaio!) ma lo è anche l’F24 per pagare le tasse.

Sono estasiato, ormai la digitalizzazione dello Stato è a uno stadio avanzatissimo, era ora. E che comunicazione istituzionale, perfetta. Provvedo subito al pagamento, carissimo Ministero Fall River Productions (dev’essere un ufficio apposito).

impossible to ignore

Linger, Dreams, Desperate Andy, I will always, Promises, sono molte le canzoni da ricordare dei Cranberries perché, volenti o no, «No Need to Argue» fu un disco che segnò un’epoca: quella dei miei, dei nostri e dei suoi di Dolores, vent’anni.

Dreams, per esempio, con quel crescendo che attaccava da un minuto in poi, fu uno dei singoli che mi piacevano. Ma era impossibile non conoscere, o ignorare, i Cranberries tra il 1993 e il 1994, ogni canzone un singolo, ogni singolo un successo, e le radio trasmettevano a ripetizione. Oggi, quindi, mi dispiace.

caravaggio un, due ettrè

Vista finalmente l’ottima mostra a Milano su Caravaggio a Palazzo Reale, ovvero smaltita la sbornia di ben venti Caravaggio in un colpo solo (e tocca affrettarsi, si chiude il 28 e le code, come si vede qui sotto, sono considerevoli), ora tocca passare ai passi successivi.

Perché il 19 febbraio, sebbene possa parer strano, Caravaggio arriva al cinema.

Prodotto da Sky, «Caravaggio – l’Anima e il Sangue» è un documentario nel quale viene raccontata la vicenda compositiva di quaranta opere del pittore, alternando immagini ravvicinate dei quadri a interventi di critici d’arte e narrazioni in prima persona di un immaginario Caravaggio; il documentario segue «Raffaello – il Principe delle Arti» ed è la prima opera visibile al cinema in 8k e in Cinemascope 2:40, il che in pratica significa altissima risoluzione e un taglio dello schermo simile a una tela pittorica. Ma non è per questo che ne parlo: ne parlo perché la voce narrante, il Caravaggio del momento, è Manuel Agnelli, noto ai più per essere cantante degli Afterhours e giudice di X Factor, ossia due situazioni che io reputo entrambe piuttosto imbarazzanti per un essere umano. Ma non basta, perché il signore – oltre a non avere una particolare verve recitativa, anzi – ha anche una certa propensione a mescolare le erre, le esse, le emme, le enne e tutte le consonanti distinguibili dalla fonetica contemporanea. Ecco quindi una terza situazione piuttosto imbarazzante: un Caravaggio narrante insensato e inverosimile. Perché, chiedo io? Perché non un attore bravo e bon, a posto?

Terzo giro di cose caravaggesche che mi son capitate negli ultimi giorni, il pittore Ernesto Gennaro Solferino, il quale si è dilettato in un omaggio iperrealista alla Crocifissione di san Pietro di Caravaggio che io trovo piuttosto curioso nell’intento.

Un po’ perché invertito rispetto all’originale, forse dipinto dall’altra parte dello specchio, e un po’ perché guardare il resto dell’opera dell’E.G.S. – mi perdoni il Maestro – mi lascia molto divertito, visto l’eclettismo ultragalattico e astruso dell’autore.
Tutto questo per dire che a) la mostra di Milano è bellissima e nonostante non vendano nemmeno più i biglietti online conviene provarci; b) non sopporto Agnelli e le cose che fa; c) questa è decisamente l’epoca di Caravaggio, ci piacciono i contrasti, le luci e le ombre: non è stato così fino a Longhi e questo gusto passerà, ma al momento godiamocela.

la scultura barocca italiana portata nella mia testa

Prima libro e poi documentario, La libertà di Bernini è un’opera davvero appassionante e, soprattutto, ottimamente raccontata.

Tomaso Montanari prende per mano me e tutti quelli che della scultura barocca italiana ne sono davvero digiuni e ne fa, se non degli espertini, di sicuro degli estasiatoni. Il documentario, diviso in periodi della vita di Bernini per puntate, è una riflessione non solo sull’arte del tempo ma anche sui rapporti con il potere, vedi il sottotitolo La sovranità dell’artista e le regole del potere, ed è visibile in streaming sulla RAI. Più di così che si vuole? A margine, per ancor più godere, segnalo un volumino, sempre di Montanari: La madre dei Caravaggio è sempre incinta, sulle bufale dei ritrovamenti eccezionali, i critici d’arte venduti e arraffoni, le mostre e un mercato sempre schiavo del profitto.

hey hey, my my / rock and roll can never die (torneremo)

Alla fine è successo, e fanculo i tempora e i mores: il R&B/Hip-Hop è diventato il genere musicale più ascoltato negli Stati Uniti, superando, sigh, la musicabella. Con sette dischi sui dieci più ascoltati e nove canzoni su dieci, sempre negli USA, stramazza la concorrenza degli altri generi, con un +72% di richiesta streaming rispetto all’anno scorso.
Shape Of You” di Sheeran è il brano rimasto più a lungo nella top ten (maccazzo), “Despacito” ha fracassato ogni record oltre alle mie parti molli (fritturadebballe), la richiesta di musica online come la vendita dei vinili è cresciuta anche quest’anno. Il tutto nel rapporto Nielsen sulla musica negli Stati Uniti 2017, qui.
Da leggere perché poi la curva arriva anche qui, sicuro.

Ovviamente, alla crescita della richiesta di musica in streaming (+59% complessivo) corrisponde un calo sostanzioso delle vendite degli album, massacrati alla stessa maniera dagli usi contemporanei dei singoli.

Ma non è nulla: se il R&B/Hip-Hop spadroneggia, il rock negli USA è questa cosa qui:

Vero che storicamente non ci capiscono tanto, gli americani, di rock quanto di altri generi, ma così la situazione è abbastanza drammatica. Ecco il colpo di grazia con gli artisti in classifica generale, cioè la sommona di album venduti più canzoni vendute in formato digitale più richieste in streaming, abbonati o meno:

Lo so, qui in Europa sarà diverso, ancora, ma ciò nonostante sento la sconfitta. Non mi resta che andare nella stanza della musicabella, chiudermi dentro e alzare il volume. Ci vediamo nei tempi migliori, come suggeriva il compagno Maozzetung.

leggere o rileggere Eric. J. Hobsbawm, «I banditi: il banditismo sociale nell’età moderna»

L’anno – il 3 – si apre con un colpo abbastanza clamoroso a Venezia:

Clamoroso perché i gioielli del Maragià rimandano direttamente da un lato a Salgari e le tigri che stanno in Malesia e dall’altro a leggendari colpi di pietre preziose e gemme in stile Arsène Lupin, «The Phantom» o Albert Spaggiari. Eccezionale anche il video in cui si vedono i due complici attaccare la teca e, meglio ancora, la fuga mescolandosi al pubblico, da antologia del crimine.
Il 7, invece, viene asportata una cassaforte dalla camera d’albergo (e non svuotata, come dice Repubblica) di una famiglia francese in vacanza.

Il bottino è cospicuo perché l’albergo è il Principi di Piemonte, hotel a quattro stelle, uno dei più prestigiosi dell’arco alpino, e va da sé che ogni famiglia in vacanza ha dell’arsgiont per le spesucce. Il che dà anche in questo caso un bel sapore retrò al furto, che apprezzo. Servono investigatori all’altezza, perché è evidente che il Ladro gentiluomo, il Simon Templar del caso, mette in moto un meccanismo che può essere risolto solo da uno Sherlock o da un Poirot in forma, altroché.
E parte l’immaginazione.

A questo proposito, ovvero furti e delitti più o meno galanti e raffinati, un’ottima trasmissione radiofonica racconta «i crimini del dopoguerra, i delitti passionali e le prime rapine che hanno fatto scalpore, la Milano che sembra essere la Chicago d’Italia»: è «Radiografia nera», trasmissione molto documentata e ben raccontata, va in onda il giovedì alle 21.30 su Radio Popolare. Qui tutti i podcast, consigliati.

le facce nelle cose

O le cose hanno una faccia talvolta.
Come spiegano gli uomini di scienza, noi esseri umani siamo portati a riconoscere visi nelle cose e nelle forme ogni qual volta ne abbiamo la possibilità. La faccenda risponde a un qualche scopo evolutivo che al momento non ricordo ma di sicuro si può far la prova provata guardando una qualsiasi delle fotografie del bravissimo faces in things. Ho un modesto contributo da sottoporre:

La faccia felice appartiene a una presa austriaca, per saperlo.
E se bisogna saperla tutta, le cose sono talvolta vive. Alla faccia degli scienziati.