gli anagrammi nascosti nelle lettere di Moro

Medici appassionati di altro. Se il medico Jean-Philippe Postel nel suo Il mistero Arnolfini aveva di certo sollevato considerazioni interessanti sul “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di van Eyck, ne parlavo qui qualche anno fa, l’altrettanto medico Carlo Gaudio pubblica L’urlo di Moro (Rubbettino) nel quale sostiene di aver decifrato degli anagrammi all’interno delle lettere di Moro – il periodo è buono, fino al 9 maggio, per ogni tesi – che avrebbero indicato il luogo della detenzione. Nella lettera a Cossiga recapitata il 29 marzo 1978 la frase: “Che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato” anagrammata darebbe (non mi son preso la briga): “E io so che mi trovo dentro il p.o uno di Montalcini n.o otto”; nella lettera alla moglie Eleonora del 5 aprile Moro scrive: “Io poso gli occhi dove tu sai e vorrei che non dovesse mai finire” e il medico ci legge: “O forse che io dovevo essere chiuso prigione di via Montalcini”. Inoltre, secondo lui Moro avrebbe dato un segnale per indicare le frasi contenenti informazioni importanti, cominciandole con il pronome personale “Io”.

Ora. Una persona dotata di malanimo che non avesse letto il libro e che volesse per forza di cose cercare il pelo nell’uovo, potrebbe obiettare che circa il novantatre per cento delle frasi nelle lettere di Moro comincia o ha in iniziale il pronome personale “Io”, pover’uomo, vista la condizione in cui si trovava. Tale persona, se esistesse, potrebbe inoltre obiettare che si stia dando per scontato che Moro conoscesse l’indirizzo della propria prigione, assunzione tutta da dimostrare e, data la dinamica del rapimento, del tutto improbabile. Inoltre, sempre quella brutta persona spinta certamente dall’invidia potrebbe sostenere che qualsiasi frase sufficientemente lunga se anagrammata potrebbe contenere qualsiasi significato, specie se stirato alle proprie esigenze (“p.o uno”, “n.o otto”) e piegata la grammatica dove serve (“essere chiuso prigione”) mentre altrove fila perfettamente ricca di preposizioni. Ma sarebbero cattiverie, forse dettate dall’invidia.

Io, che nulla ho a che spartire con quella persona malanimosa, vorrei ricordare quell’episodio in cui uno scienziato, dico Carl Sagan ma non ne ricordo il nome, potrebbe, uscì con un metro e cominciò a prendere le misure dell’edicola sotto casa, riuscendo a trovare innumerevoli sezioni auree, relazioni proporzionali identiche a quelle delle stelle di Orione, ripetizioni misteriose e numeri infiniti, volendo dimostrare che i misteri delle piramidi di Giza si possono trovare, volendo, ovunque, se dotati di sufficiente pazienza. Sto insinuando che anche in qualunque frase abbastanza lunga si possa trovare il messaggio che si cerca? Io? Ma per nulla, non mi permetterei.

Mi limito a citare, dall’articolo di Repubblica, che un po’ sta sul dubitativo, “Il gioco di Carlo Gaudio”, “La teoria di Carlo Gaudio in un libro”, poi si spinge un po’ in là, “A risolvere il puzzle provvede adesso un libro”, e poi sbraca alla grandissima: “Eppure nessuno seppe – o volle – decrittare le sue lettere”. Eddai, ecco servito il retroscena col complotto, che alla fine è la storia del sequestro Moro da sempre. Che poi Moro fu rapito da Moretti su incarico di Cossiga e tenuto al ghetto, lo sanno tutti.

la legge della domanda e del… ma?

«Il libro si propone come una storia completa dell’Ucraina, le cui vicende nel corso dei secoli restano poco conosciute in Italia o quantomeno, se note, lo sono precipuamente attraverso il “filtro” delle esperienze storiche dei vicini. Una particolare cura nell’analisi cronologica, toponomastica e geografica consente al lettore di addentrarsi nell’affascinante e purtroppo sovente trascurata storia dell’Europa orientale…»

Comincia così l’introduzione alla Storia dell’Ucraina. Dai tempi più antichi ad oggi di Massimo Vassallo, libro che pur essendo di storia è di grande attualità ed è forse l’unico testo disponibile di storia ucraina in italiano, almeno tra i più completi. Va da sé che il tentativo di capirci qualcosa spinga me come tanti altri a cercarlo, ragion per cui in biblioteca è ampiamente in prestito, e prenotandosi ci sono quarantasei persone prima, idem in formato elettronico, coda di trentacinque. Acquisto? Vediamo.
In formato cartaceo, il risultato è questo:

Peraltro non è nemmeno disponibile. D’accordo, ebook sia:

Ullallà, ventisei euro per il formato elettronico, il conte direbbe: megojoni. Certo, molta la domanda e si alzano i prezzi dell’offerta, si capisce. Ma i tempi son cambiati ed esistono beni immateriali, la cui offerta è illimitata, mica avranno i magazzini di ebook. Credo. O li devono portare con dei cargo battenti bandiera liberiana, mi chiedo. E allora? Ancora: è un libro del 2020, Vassallo è uno studioso relativamente giovane, non si tratta di edizione rara né stampata col torchio a mano, probabilmente fino a un mese fa ne avevano i magazzini pieni. Sfoglio il catalogo di Mimesis, che conosco poco, e mi rendo effettivamente conto che i prezzi sono abbastanza alti, o no, più correttamente: sono in linea con il costo dello studio di Vassallo che, in effetti, è un malloppazzo di più di seicento pagine. Per fare un esempio, la biografia di Luca Sarzi Amadè su Il duca di Sabbioneta, agile volumetto di quattrocento pagine, costa ventiquattro euro. Pubblicare testi di spessore costa, sia dal punto di vista cartaceo che, ed è quello che interessa, da quello dei contenuti e dell’affidabilità di chi scrive.
E quindi niente, mi ero preparato un post polemico contro il rialzo dei prezzi in ragione della crisi ucraina ed ero pronto a scagliarmi contro l’ennesima ingiustizia e invece no, era proprio così anche prima, e tutto torna. Bravi, piuttosto, in Mimesis a intuire la necessità di una storia dell’Ucraina e a pubblicarla. Immagino, quindi, la stiano ristampando a spron battuto. Resta quindi il fatto che per averne una copia, elettronica al momento, tocca sborsare una non trascurabile somma, come è giusto.
Fortuna che io ce l’ho e posso sapere tutto, ora, della cultura di Trypillja.

scegli

Una copertina di fine ottobre di Time pone l’accento sulla possibilità, che incoraggio, di uscire da FB e di cancellare il proprio account.

Il che per carità andrebbe anche bene. Meno bene va la rappresentazione della notifica mobile con il cursore del mouse ma occorre non perdere il punto. E comunque, pare che android, quindi il telefono, tolleri piuttosto bene un mouse. Provare.

una certa qual distanza tra ciò che si è e ciò che si pensa di essere

Da un paio di capodanni a questa parte, suscitando un certo fastidio nel paese, alcuni russi ci pigliano strepitosamente per il culo per quello scollamento evidente a tutti tranne che a noi per cui ci percepiamo come i nipoti di Michelangelo – come se fosse ereditario – e ci comportiamo e vestiamo, invece, come i cugini incestuosi del Bagaglino. Ecco i russi.

Ed ecco alcune immagini di un programma che è andato in onda questa settimana, raccogliendo il 54, cinquantaquattro, c-inn-qqua-nnt-aquu-at-tttr-o per cento dello share.

A ben guardare, i russi sono stati fin pacati nella parodia. Il nostro orizzonte estetico attuale è, secondo me, molto vicino a certi bar polacchi a Cracovia, tutti oro e pastello, con gelato dopato all’anidride. Face the reality.