Stavolta, per la prima volta da parecchio, in piazza non c’ero.

Vero, accidenti. Ma la memoria no, quella c’è ed è immutata. E, per fortuna, c’era parecchia gente, più bravi di me.
Stavolta, per la prima volta da parecchio, in piazza non c’ero.
Vero, accidenti. Ma la memoria no, quella c’è ed è immutata. E, per fortuna, c’era parecchia gente, più bravi di me.
Una buona rappresentazione del sistema scolastico, ovvero di quale sia il contributo di tutte le parti.
Ovvero: studenti e insegnanti fanno la propria parte, poi arrivano i genitori a incasinare tutto.
I cinquanta tipi di tiramisu, sbruffone italiano all’estero, che frigo hai? Savoiardi, oro saiwa mmm… crackers? Ne mancherebbero comunque quarantasette.
“We would like to share the playlist that Ryuichi had been privately compiling to be played at his own funeral to accompany his own passing. He truly was with music until the very end”.
La si ascolti con il rispetto e, soprattutto, con l’attenzione che merita.
Altrimenti, si lasci stare.
Che rottura ’sti giorni.
Uno dei giorni più neri dei miei vent’anni.
E capii che sarebbe stata molto più dura di quanto avessi mai pensato.
O è una photo opportunity?
Gran raccolto per quanto riguarda le uscite di dischi in questi giorni di maggio: Albert Hammond jr., Tinariwen, Robyn Hitchcock, Alison Goldfrapp, Moby, Kesha, Sufjan Stevens, Graham Nash, Calibro 35, Rickie Lee Jones, Mark Knopfler, Goran Bregović, Gaz Coombes, Dropkick Murphys, Ana Popović, Samantha Fish, Dave Matthews Band. Per restare a quelli che interessano a me e attendendo i prossimi dieci giorni. Tra tutti, quello che mi incuriosisce di più è quello di Paul Simon, Seven Psalms. Concepito come un’opera unica, le sette canzoni che lo compongono sono in realtà unite in una traccia sola: Seven Psalms: The Lord / Love Is Like a Braid / My Professional Opinion / Your Forgiveness / Trail of Volcanoes / The Sacred Harp / Wait. Anche in streaming, cosa ardita. Non che però il titolo inviti troppo, vediamo.
Ricordo che una decina di anni fa una mia amica mi chiese se avessi un posto a casa per ospitare un amico inglese che passava una sera in città per un DJ set. Certo, dissi. Era Rourke. Poi non se ne fece nulla, andò a dormire da non so chi, il ricordo mi è venuto in mente oggi leggendo della sua scomparsa.
Sarebbe stato interessante, credo, o forse no, sarebbe stato normale. Di certo oggi ci penserei in modo diverso.
Ha scritto ieri Alexis Petridis sul Guardian a proposito di Andy Rourke: “Rourke era dotato come bassista tanto quanto Marr lo era come chitarrista. Ascoltate attentamente i dischi degli Smiths, le prove sono tutte lì. Rourke aveva sviluppato uno stile complesso ma fluido, come diceva lui, per ‘compensare per eccesso’ il fatto che la band avesse un solo chitarrista. Nel brano Heaven knows I’m miserable now del 1984 o in The headmaster ritual dell’anno successivo, il suo basso e la chitarra di Marr s’intrecciano con una destrezza sorprendente. Su This charming man Rourke lavora in tandem perfetto con uno dei riff di chitarra più famosi nella storia del rock alternativo, trascinando la canzone”.
Anche senza ascoltare attentamente. Accidenti.