minidiario scritto un po’ così dei giorni in Europa al tempo dei vaccini: giorno sei. Rassegna stampa, i tedeschi che ancora una volta rompono, tutti i re, servizi in città.

Altri giro, altro regalo: torno a Parigi. Per fare 126 chilometri verso nord e scavallare nella Marne devo tornare sui miei passi, ripercorrere la Senna esattamente come ieri – e il regolamento di viaggio lo proibirebbe – e poi tornare su, per oltre trecentotrenta chilometri, geometricamente insensati.
Uno dei momenti più belli della giornata è per me il mattino presto. Già in generale, ancor più in viaggio, perché tutto è ancora aperto e possibile, il tempo è molto. Generalmente, in viaggio questo bel momento accade a tiro della stazione, o su una panchina o in un parchetto vicino, in attesa di un treno. Magari ho recuperato un caffè, un espressò à emporter, magari ancor meglio anche un croissant per potermi poi più sanamente dopare, e seduto al primo sole, di solito in compagnia solo di qualche errante qua e là, mi pregusto ciò che sarà. I momenti perfetti, poi, durante il giorno saranno più di uno ma questo del mattino ha una sua propria quiete e offerta di promesse che è piuttosto speciale.

La Gare de Troyes réalisées par trivigante
La Gare Saint-Lazare réalisées par Claude Monet

Mi preparo al viaggio e compro della stampa, le Monde, Libération, Le Canard enchaîné. Sono tutti sottilini, un terzo delle pagine che ricordavo, tutti e tre insieme fanno il volume di un giornale di tempo fa. E allora qualche aggiornamento sulla situazione sanitaria, tralasciando il delirio per Messi al PSG, che è una roba solo parigina e qatariana. Dunque. Sono 38 milioni i vaccinati con doppia dose, 45 contando anche le prime, si procede al ritmo di seicentomila vaccinazioni al giorno. Ci sono 1745 persone in rianimazione a oggi, 33 nuove ieri, direi che è una tendenza simile a noi. Il 95 per cento dei ricoverati non è vaccinato. Una cosa particolare è la preoccupazione per i dipartimenti d’oltremare, Martinica e Guadalupe, dove i vaccinati sono circa il diciotto per cento e la pandemia impazza. A Parigi meditano un lockdown totale, le polemiche paiono essere parecchie per l’isolamento di quei territori rispetto alla madre patria, diciamo. In generale, si parla di quarta ondata e io, francamente, ho perso il conto. Non raramente, viene espresso un certo stupore (è fastidio, in realtà, si sente) su come la Germania, invece, stia sorprendentemente contenendo i contagi, diversamente da Spagna, Francia e Italia.

Cari franzosi, la risposta è semplice: i tedeschi sono tutti da noi, sul lago di Garda. Quindi, nessuno a casa, niente contagi. Impestando, invece, le statistiche italiane.
Comunque, ed è sorprendente per me italiano, le prime otto pagine (su venticinque!) di le Monde sono dedicate alle vicende internazionali, Israele, Sudafrica, Polonia, Germania, Stati Uniti, Pakistan, Cina, Argentina, Canada, e con articoli veri, non trafiletti (solo uno, dedicato alle elezioni bulgare ma tanto si sa come votano lì). Macron appare a pagina nove e io questa cosa la trovo sacrosanta, da noi il contrario. Sta più o meno diventando una rivista. Il Belgio sta trattando la restituzione di quasi un migliaio di beni culturali al Congo.

Reims è davvero magnifica. Aperta, luminosa, con strade ampie coronate da palazzi decò e perfettamente francesi, intendo a cubotto con le finestrone in pietra gialla, oppure più strette e affiancate da case mediev… no, quelle no. Reims detiene il poco invidiabile primato di essere stata bombardata ininterrottamente per quattro anni dai tedeschi durante la prima guerra mondiale. Sai quando i tedeschi si mettono in testa una cosa? Ecco. Per questo motivo, molte costruzioni sono degli anni Venti e Trenta, c’è un Operà decò di cui resta solo la facciata che è una vera meraviglia (la metto sotto). Molto andò distrutto, è chiaro, ma anche molto ricostruito, ampliando gli spazi e guadagnando in vivibilità. In centro molto è sistemato e dà proprio quella sensazione che si ha in Francia e Germania, di un rapporto equo tra tasse e servizi. È pieno di mezzi pubblici, anche quell’elegante tram francese senza fili ma con i soli binari, di panchine, di parchi, di luoghi dove svagarsi senza dover consumare. In alcune zone pare persino un plastico, tanto è ordinata e a postino.

Oltre alla Reims romana, di cui rimangono un bell’arco di trionfo triplo, novità, e un enorme criptoportico, oltre alla città decò e art nouveau, la vera protagonista della città, e son tre di fila per me!, è la cattedrale. Ovviamente gotica, flamboyant a tratti, e ovviamente intitolata a notredàmm. I franzosi non hanno ancora capito che possono intitolare le cattedrali a chi vogliono, non solo alla signora, ma vabbè, così è più comodo per o turisti che hanno la frase già fatta: ouèleglisdenotredàmm? Comunque non è solo una cattedrale enorme, imponente sulla città, ma è LA cattedrale dei re, e con ‘dei re’ intendo tutti i re. Chiunque vi venga in mente tra Luigi il Pio (816) e Carlo decimo (1825), passando per tutti i Luigi e per Carlo settimo accompagnato da Giovanna d’Arco, è stato sacré, incoronato, qui. Perché Clodoveo fu battezzato in questo luogo da san Remigio, quindi si vuole dare a intendere continuità. Poche eccezioni. Un po’ come il duomo di Monza da noi, a voler cercare un’analogia un po’ tirata. E alcuni di loro, i re intendo, sepolti nella non lontana cattedrale di San Remi, che poco ha da invidiare quanto a grandezza e bellezza.
Alla fine della seconda guerra, invece, i tedeschi firmarono la resa proprio qui a Reims, il 7 maggio 1945. Però i russi non c’erano e allora si rifece la cosa in modo più ufficiale il giorno dopo a Berlino, in favore di fotocamere. Ma perdio, fu qui, madonna come gli sta bene. Poi, ovvio dirlo, Reims è famosa per lo sciampàgn. Lo dico per gli ignoranti come me sul tema, si può chiamare sciampàgn solo il vino prodotto in una fascia qui vicino lunga trecento chilometri e larga cento, il resto è, che ne so?, Franciacorta. Sciampagnino. Ahah, ecco gli insulti. Comunque, qui in città ci sono le cantine di quei nomi che abbiamo sentito tutti e c’è parecchia gente che viene qui per farsi tutto il giro o quasi. Mah, sarà bestemmia ma a me piace fermo. Un bicchiere ogni tanto, neh, che mia mamma legge.

Ma figuriamoci se mi metto poi, io, a discutere se si viva meglio in un paese piuttosto che un altro, se si stia meglio qua o là, se sia preferibile uno o meno. Tolto il fatto che certo che come si mangia in Italia, il resto è da vedere. In questo momento io sono su una seggiolina, provvidenziale, all’ombra e scrivo queste righe, a fianco a me c’è un signore che sta bevendo la sua dodicesima birra in lattina lunga, ha il telefono con il volume dei tasti più alto del mondo e li sta evidentemente schiacciando a caso e, intanto, fischietta bella ciao. Beh, potrebbe andare peggio. Ah, e siamo entrambi all’ombra del conservatorio, questo qua.

Da una mia indagine men che sommaria, si trovano appartamenti in affitto abbastanza grandi, sistemati e arredati, in centrissimo, tra i quattro e i settecento euro/mese. E l’aggettivo di Reims non è reimsiano ma rémoise. Così, a qualcuno interessasse.


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