accomodarsi nell’aria che tira

È qualche mese che, quando ci passo davanti in libreria, mi dà proprio fastidio il titolo dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo.

Sarà anche l’aquila, i termini «impero», «padroni», il font, il maiuscolo, sicuro. Comunque, mi pare piuttosto esente da smentita sostenere che sia l’argomento che la resa, titolo, copertina, ammicchino non poco al clima attuale e, di conseguenza, al governo in carica e ai suoi maggiorenti. Operazione che posso anche comprendere, per carità, non giustificare, ma da Cazzullo, affermato giornalista e scrittore, meno.

Comunque, qualche considerazione al volo:
eravamo: piano con le prime persone, eravamo chi? Noi romani dell’impero? Davvero? Al di là degli infarti agli storici, mi pare davvero difficile individuare un qualche tipo di continuità tra l’impero romano e l’Italia repubblicana del ventesimo e ventunesimo secolo, davvero difficile. A parte il nome di una città che è certamente lo stesso, pochino. Forse, ma dico molto molto forse, qualche residente in Vaticano potrebbe avere una parola in più su questo ma, insomma, siamo nel campo dell’inesistenza;
i padroni del mondo: ma quando mai? Del Mediterraneo, dell’Europa a volersi allargare, classico atteggiamento destroide del ‘padroni a casa nostra’ disinteressandosi del fatto che c’è un mondo fuori dalla casa, che agisce e si muove e che magari non è d’accordo. Spostandosi appena appena a est, e i Romani lo fecero, si incontrava la Persia, l’India, ancor di più la Cina e il Giappone di là. Parecchio mondo non romano e parecchie civiltà che qualcosina di significativo hanno prodotto, talvolta pure prima di certi chiamati Romanes. E poi: padroni? Ma perché? Che idea è? L’imperatore, finché le legioni o i congiurati non decidevano il contrario, era forse padrone di alcunché, di sicuro non entità collettive come ‘noi’, ‘Roma’, boh. Un impero coloniale, certo, però con delle regole, un diritto piuttosto sofisticato, una robusta burocrazia, un editto a un certo punto che rendeva tutti cives, insomma non direi nemmeno questo;
l’impero infinito: infatti è finito. E ci sono stati anche sei secoli prima con un bel po’ di repubblica, vabbè, è il meno.

E son rimasto alla sola copertina, chissà che bei regali di natale a casa Vannacci, Lollobrigida, Crosetto, Batman Fiorito ed Er pecora.
‘A Cazzù, eddai pure tu…

balneari/2

Che poi – faccio riferimento al post qui sotto – uno si chiede: ma cosa diavolo ci sarà negli stabilimenti balneari di così potente, inamovibile, indiscutibile da far arrestare governi di centrodestra, destra, centrosinistra in modo del tutto identico da decenni? Mistero. Non me lo spiego proprio. Si parla di dodicimila stabilimenti, stando larghi calcolando le famiglie e l’indotto diciamo cento voti a stabilimento? Mah. E non bloccano nemmeno le autostrade o le vie del centro.

ecco, Mattarella appunto

Ma che bravo Mattarella, che discorso profondo e condivisibile: l’apprezzamento della premier al discorso del presidente della Repubblica: «Grande visione», Meloni: “Non rimarrà inascoltato l’appello di Mattarella su ambulanti e balneari”. E infatti: «con decreto n.389 in data 18 dicembre è stato fissato nella misura di -4,5% l’adeguamento delle misure unitarie dei canoni» per il 2024 delle concessioni balneari. Cioè, «la misura minima di canone» scende quest’anno a 3.225,50 euro per tutto il 2024 contro i 3.377,50 euro dovuti nel 2023. In meno? E per fare qualche altro numero: «secondo l’ultimo rapporto della Corte dei conti, lo Stato ha incassato nel 2020 appena 92,5 milioni da 12.166 concessioni, per una media 7.603 euro a canone, contro un fatturato medio per ogni stabilimento stimato da Nomisma in 260mila euro», cito.
Come si dice? Mmm, paraculi… mmm, forse c’è di meglio. Due giorni son passati, due.

il nuovo santo patrono degli scellerati

Per carità, subire una rapina non è bello ed è lecito cercare di evitare di rimetterci le penne. Ma, per citare il Gramellini di oggi, «se insegui i rapinatori ad arma sguainata (peraltro illegalmente detenuta) mentre sono ormai usciti dalla tua gioielleria, non è legittima difesa. Se spari cinque colpi all’interno dell’auto in cui si sono rifugiati, non è legittima difesa. Se insegui uno dei banditi già ferito a morte mentre cerca di scappare e, vedendolo cadere a terra, lo prendi a calci in testa e alla schiena, poi gli punti addosso la pistola ormai scarica (ma tu non lo sai) e premi ancora il grilletto, non è legittima difesa».
Il gioielliere cuneese Mario Roggero, autore di tutto quanto qua sopra ovvero l’omicidio di due banditi, non solo continua pervicacemente a difendere sé stesso ma da oggi si rivolge al suo nuovo santo patrono: «mi rivolgerò a Vannacci» dice lo stolto insipiente.

Bene, così da oggi i disgraziati possono smettere di inviare preci a Frate Asino, San Giuseppe da Copertino che aveva il cervello così leggero da volare, patrono degli studenti che nulla nulla sanno e che possono ormai sperare solo nella scienza infusa, e rivolgersi al patrono generale. Anzi, ora il patrono capo di stato maggiore delle forze operative terrestri in aspettativa per ragioni familiari. Ora pro eis.

sempre troppo tardi

Morto Kissinger con – per quanto mi riguarda – novant’anni di ritardo.

Qui sopra durante l’ennesimo insulto del premio Nobel per la Pace per aver «messo fine alla guerra in Vietnam e ristabilito la pace», assegnato con Le Duc Tho nel 1973. Le Duc Tho rifiutò il premio (motivazione dalle sue parole: «Quando gli accordi di Parigi saranno rispettati, quando le armi taceranno e la pace tornerà davvero nel Vietnam del Sud, allora potrei considerare di accettare il premio») e la notizia dell’assegnazione del Nobel a Kissinger fu accolta dal comico statunitense Tom Leher con la famosa frase: «La satira politica è obsoleta». E la guerra mica era finita, tutt’altro, ci mise ancora almeno due anni. Kissinger se lo tenne («con umiltà», parole sue) ma è decisamente il meno peggio che fece, rispetto al resto.