the b. site of the moon
sbrodolata finto-casuale di b.cose.
A Stalingrado non passano e, nel suo piccolo, neanche nel b.site. In ogni caso, rimane sempre il piano B.

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trivigante 2006

trentuno

140 km/h.
Oggi ho preso il treno, un signor treno, una specie di Eurostar di qualche anno fa, con grandi vagoni molto più lunghi dei nostri, in ognuno dei quali - in seconda classe - si siedono in file da cinque circa centocinquanta persone per scompartimento. Il dato non è peregrino, mi serve per spiegare cosa accade quando uno scompartimento intero di cinesi decide all'unisono di mangiare: tirano fuori scartoccini e scodelle ripiene di ogni tipo di bestia fritta, lessata o cruda e ci danno davvero dentro. L'aria si fa ricca di effluvi di ogni tipo. Come ogni cinese beneducato, alla fine del lauto pasto mostrano la loro soddisfazione, lo sapete, ruttando come locomotive lanciate a tutto vapore e, talvolta, pure scorreggiando di piacere. Tanto io sono in vacanza e, quindi, apprezzo le manifestazioni di colore locale.
Prerogative del treno cinese: il treno cinese ha quattro bagni per scompartimento e quattro lavandini separati, per coloro che si sono rovesciati i noodles dappertutto; il treno cinese ha due distributori di acqua a disposizione per ogni scompartimento, grande civiltà, e un bollitore elettrico, con il quale si preparano la bevanda vitale; il treno cinese ha un'ufficiale (perché di solito è donna) per ogni scompartimento che saluta sull'attenti ogni città attraversata; il treno cinese, persino il treno semi-lussuoso che ho preso io, ha qualche insetto che cammina sulla moquette, ogni tanto: dev'essere scappato dal piatto di qualcuno.
Attraverso millequattrocento chilometri di Cina, ovviamente di giorno perché voglio guardare fuori, e vedo tanta pianura, coltivata più sì che no, vedo parecchie città enormi dai nomi sconosciuti (Xuzhou, Suzhou, Bangbu, Hangshui eccetera) che hanno tutta l'aria, ciascuna, di essere molto ma molto più grandi di Milano, vedo ogni tanto delle fabbriche, cementifici più che altro, con ciminiere altissime, vedo qualche fiume di dimensioni davvero spettacolari, vedo qualche montagna in lontananza a metà del viaggio, proprio come quelle dei fumetti cinesi, con le punte strane, vedo filari di alberi infiniti sfrecciare quando viaggiamo a quasi duecento all'ora.
Dopo dieci ore esatte e numerosi pasti dei compagni cinesi, arrivo alla meta: Shanghai.
Troppo tardi per vedere alcunché ma, meraviglia, la mattina dopo, al Bund di Shanghai la prima persona che mi accoglie, e ancora ne son contento, è lei:

trenta

Lasciare un buon ricordo.
E via con il quiz: chi rubò i marmi del fregio del Partenone, una cariatide e se li portò via nottetempo (e se l'avessero lasciato fare si sarebbe portato via l'intera acropoli)? E ancora: chi fu il responsabile del più grande affronto della storia nei confronti della Cina, ovvero la distruzione del Palazzo d'Estate imperiale? Via col tempo.
Tic tac, tic tac. Niente signora Longari al pulsante, quindi ecco la risposta: gli Inglesi (con un po' di Francesi, in Cina). Ancora più dettagliata: Lord Elgin, alias Thomas Bruce, settimo conte di Elgin.
Se la storia greca è nota, quella cinese per niente. Sintesi: un palazzo imperiale enorme, utilizzato per la ricreazione estiva della corte cinese, cioè un palazzo con enormi laghi, pagode, isole, templi, palazzi e case, luoghi di ristoro e così via, diciamo tre volte la Città Proibita e, azzardo, almeno una ventina di volte villa Borghese, per fare un raffronto nostro. L'elemento più interessante di tutto il Palazzo era un meraviglioso giardino barocco, enorme, costruito nel Settecento dall'Imperatore su disegno di alcuni gesuiti italiani, con tanto di labirinto e templi alla moda italiana. Questo è il cosiddetto "Old summer Palace", cioè il vecchio palazzo perché fu, come detto, distrutto.
Gli Inglesi, comandati dall'ambasciatore Lord Elgin, uomo che non conosceva gli scrupoli, per far capitolare la Cina nella cosiddetta (erroneamente) "seconda guerra dell'oppio", avendo costretto l'Imperatore alla fuga e assediando la Città Proibita, e non risolvendosi alla capitolazione il Principe Gong, decisero di radere al suolo il Palazzo d'Estate. E lo fecero. Essendo tutte le costruzioni in legno, le bruciarono e il giardino barocco, essendo in marmo, lo rovinarono a terra.
Oggi è ancora tutto così: restano i pavimenti dei templi e dei palazzi, qualche rudere qua e là, e i resti del giardino barocco; ricostruirono solo il labirinto. Il resto è scomparso per sempre. Era il 1860. I cinesi, poi, costruirono un nuovo Palazzo d'Estate in un luogo vicino (o, meglio, allargarono un palazzo già esistente) ma non toccarono mai il loro vecchio Palazzo, per ricordare per sempre l'umiliazione subita.
Non stupisce, dunque, che ancora oggi il termine "umiliazione" ricorra in ogni cartello illustrativo, in ogni guida o libro di storia cinese. Infatti, strano a dirsi, sebbene la Cina abbia una storia infinita di guerre interne tra sud e nord, est e ovest, non ha mai intrapreso una guerra di occupazione esterna (o quasi), tanto meno verso paesi europei, cui fu sempre, sostanzialmente, indifferente.
La Cina capitolò e fu costretta al primo dei "trattati ineguali", ovvero la Convenzione di Pechino: se vi siete mai chiesti come mai Hong Kong abbia avuto una storia così strana, inglese in territorio cinese, ecco questa è la risposta (o almeno una parte).
Vabbè, dirà qualcuno, ma erano Inglesi, Francesi e Russi, si sa come son fatti. Certo, dico io, ammesso che per un cinese faccia una qualche differenza, erano Inglesi, Francesi e Russi. Poi, però, ci siamo arrivati anche noi, Italiani brava gente. Nessuno ne parla mai, da noi, ma qui se lo ricordano benissimo. 1899-1901: rivolta dei Boxer. Fu una rivolta cinese contro le ingerenze occidentali e giapponesi in Cina, ampiamente pilotata e strumentalizzata dall'Europa. La Cina, anche allora, fu sconfitta dall'Alleanza degli Otto, nella quale anche l'Italia fece la sua parte uccidendo la sua parte di decine di migliaia di civili e occupando parte del territorio cinese, e alla fine fu stilato l'iniquo Protocollo dei Boxer. Il resto è storia.
Se oggi, in Cina, parlate "degli Otto", si ricordano benissimo di noi Italiani. Brava gente, appunto. Un caso in cui l'otto non portò né ricchezza né prosperità. E nemmeno spaghetti e mandolino.

Numerologia spicciola.
Desidero, per ipotesi, acquistare una scheda telefonica per un cellulare cinese. A prescindere dalla compagnia e dal tipo di abbonamento, le schede telefoniche, scopro, hanno prezzi diversi a seconda del numero telefonico che si intende acquistare. Per esempio, le schede che contengono nel numero degli otto e dei sei costano molto ma molto di più delle schede che contengono o, peggio, terminano con il quattro.
Questo è dovuto al fatto che nella numerologia cinese l'otto e il sei sono numeri fortunati e, in qualche modo, associati alla vita felice, mentre il quattro è il numero che indica la morte. Tutto ciò non è un'allegro modo di dire mentre il mikebongiorno locale gira la ruota, questa è vita quotidiana di tutti i giorni, la numerologia è una scienza presa molto seriamente e la scaramanzia è dappertutto.
Per esempio, mi raccontano che uno dei ristoranti più sciccosi di Pechino sia riuscito ad avere il numero di telefono 888888, con - immagino - una spesa abnorme e, questo l'ho visto io ieri, un'audi supercostosa aveva la targa 66666, con spesa analoga.
Inutile dire che la questione dei numeri sfortunati crea non poca confusione nei grattacieli e nelle costruzioni con almeno venti-venticinque piani. Infatti, il conteggio dei piani è a dir poco balordo: manca il quarto, come detto, poi il tredicesimo (su suggerimento occidentale), poi il quattordicesimo, perché finisce con quattro, il ventiquattresimo e così via.
A dimostrazione, un paio di fotografie della tastiera di un ascensore, con qualche salto numerico.

ventinove

Piove governo figo/2.
Oggi ha finalmente piovuto. Anzi, oggi hanno finalmente fatto piovere.
Sono abbastanza certo che vi sia lo zampino del Chinese weather modification office per un semplice motivo: i primi minuti di pioggia, un paio, sono stati contraddistinti da una strana pioggia di piccole particelle bianche, simili a fiocchi di neve squadrati, miste all'acqua. Poi ha piovuto normalmente, non per molto, sì e no venti minuti, riportando temperatura e umido a livelli accettabili.
Dal mio osservatorio personale, continuo a trovare la situazione inquinamento accettabile e mi stupisce un poco il clamore sollevato dai giornali di tutto il mondo. Ovvero: il cielo grigio-bianco, basso e umido, che copre la visuale, è il normale cielo di Pechino d'estate, in particolare a luglio. Facile scambiarlo per un cielo greve di inquinamento, se lo si guarda da una foto. Ho la sensazione che si tenda un poco a enfatizzare la situazione, da parte occidentale, per un qualche motivo, anche solo riempire le pagine da qui all'8 agosto.
Comunque sia, qui a Pechino prosegue il blocco del traffico dei camions, proseguono le targhe alterne e la situazione pare più o meno sotto controllo. Si dice che domani faranno piovere di nuovo. Un elemento in più: le auto circolanti sono tutte equivalenti euro 4 e vedo sempre più taxi a propulsione ibrida benzina-elettricità. Questo fatto pone in ogni caso Pechino più avanti di molte città europee nella lotta all'inquinamento, per quel che vale. Resta sempre una città da quindici milioni di abitanti.
Tornando al discorso di prima, cioè i resoconti dei giornali stranieri, se avete l'abitudine di consultare un giornale online, tipo Corriere o Repubblica, fate una prova: quando leggete un articolo su Pechino, poi fate un giro sull'edizione online del China Daily, il più grande giornale in lingua inglese della Cina, moderatamente filogovernativo. Tre volte su quattro, garantisco, troverete pari pari lo stesso articolo, vale a dire ecco svelata la fonte. Surprais.

L'ora della merenda e uno sguardo veloce sulla rete.
Verso le quattro, essendo dalle parti del mercato di Donghuamen, ho pensato di fare merenda, come raccomandano tutte le mamme del mondo, la mia compresa.
Una merenda sana, composta di zuccheri, vitamine e proteine. Forse non tanto leggera, questo sì, ma nutriente e adatta alla temperatura. Posto documentazione fotografica.

Esaurita la pratica merenda, aggiungo alcune brevissime considerazioni, del tutto lacunose, sulla questione della presunta censura cinese sulla rete. Per quanto ho potuto vedere io in questi giorni, in effetti Google è di una lentezza scoraggiante e non sempre tutti i risultati sono visualizzati, specie le immagini. Non sono sicuro si tratti di una questione di censura, poiché abbandonando Internet Explorer e utilizzando Firefox la situazione migliora di molto e migliora ancor di più utilizzando la casellina di ricerca in alto a destra invece che il sito stesso del motore di ricerca.
Piuttosto, è difficile valutare la qualità dei risultati ottenuti, cioè se vi sia un effettivo oscuramento: per quanto mi compete, io non ho notato nulla di strano oltre ai soliti casi noti (il sito di Amnesty è effettivamente bianco) ma, è pur vero, io non cerco, e non saprei come, blogs di cinesi dissidenti né cerco risultati in lingua cinese. Una banale ricerca in inglese su google.com.cn, "protest against chinese government", dà quasi tre milioni di indicazioni da seguire. Pare, invece, che la situazione sul fronte bloggers, dissidenti o meno, si stia piuttosto alleggerendo, complice il fatto che è del tutto impossibile contenere la marea umana che scrive e commenta ogni giorno i fatti della Cina.
Non sono in grado di valutare, ripeto, anche se alcuni indizi mi portano a pensare che vi sia, tutto sommato, un discreto grado di libertà di comunicazione, in generale. Infatti, ho letto diversi articoli particolarmente critici con il governo cinese per la sua azione nel Darfur, sia su giornali filogovernativi che non, naturalmente in inglese. Può essere che sui giornali in lingua cinese di tutto questo arrivi poco o nulla, può darsi, ma al momento non sono davvero in grado di valutare.

ventotto

08.08.08: meno undici.
Seconda tornata di noterelle sull'organizzazione olimpica.
Diverse voci mi hanno riferito di uno o più spostamenti coatti di persone, oltre agli ormai risaputi spostamenti di fabbriche inquinanti. Tali voci sono contradditorie, nessuno ha saputo dirmi esattamente dove siano avvenuti, quante e quali persone siano state allontanate dalla città per le Olimpiadi e su quali basi. Molti non sono a conoscenza di queste notizie. Da parte mia, per quello che mi compete, ho visto che alcuni hutong particolarmente disastrati sono stati più o meno occultati con grandi manifesti e cartelloni, i muri perimetrali ridipinti e piazzati qua e là enormi vasi di fiori. Al contrario, proprio di fianco all'entrata del celeberrimo Tempio dell'Armonia Celeste, uno dei punti salienti della città, una famiglia vive in una piccola baracca fatta di materiali di risulta e, al momento in cui scrivo, nonostante sia visibilissima è ancora al suo posto. Il che mi fa pensare che si tratti di voci incontrollate, poiché non possiedo elementi certi.
Sparsi per tutta la città, i gazebo dei volontari delle Olimpiadi offrono qualunque tipo di informazione necessaria e gadgets ai curiosi e agli stranieri: tutti con la maglietta ufficiale e con un pass plastificato, i volontari godono di un certo rispetto sociale e di ammirazione femminile o maschile, a seconda. Vedo un volontario canadese intervistato dalla televisione cinese che spiega come sia fiero di restituire, finalmente, qualche cosa al paese che così generosamente gli ha offerto tante opportunità. La cosa è serissima e io non sono sarcastico ora, lo spirito è davvero di questo tipo.
In tutte le fermate della metropolitana, oltre ai banchetti dei volontari, sono stati installati dei metal detector e degli scivoli per l'ispezione delle borse. Se fossimo a Ramallah la cosa avrebbe carattere piuttosto drammatico e inquietante, qui, invece, l'atmosfera è complessivamente rilassata, nessuno si scompone e i controlli sono rapidi, fatti un po' alla cinese: il poliziotto incaricato guarda ma con attenzione relativa, spesso mangiando noodles e grattandosi la testa.
Sulle tangenziali esterne, la superstrada proveniente dall'aeroporto e i quattro anelli esterni alla città, tutti i pali della luce sono ricoperti da bandiere delle olimpiadi, rosse e bianche e verdi, e i guard-rails sono ricoperti di vasi di fiori, per chilometri e chilometri; inoltre, una corsia - quella più a sinistra - è riservata dalle sei del mattino a mezzanotte ai mezzi olimpici, atleti, giornalisti e addetti. In tutti questi giorni non ho visto nessuno, mai, occupare la corsia riservata, nemmeno negli ingorghi più furenti. Sarei curioso di conoscere l'ammontare della multa o della condanna.
I giornalisti avranno a disposizione un centro apposito, enorme e tutto nuovo, nel quale sono state predisposte diecimila postazioni, dotate di tutto il necessario; l'impressione che ne ho ricavato, vista la posizione e la struttura, è che gli inviati saranno abbastanza pilotati nei percorsi e - ammesso che ne sentano l'esigenza - forse non saranno lasciati del tutto liberi di vagare per la città, alla ricerca di immagini e odori locali. Mi pare, osservando dall'esterno, che siano stati predisposti una serie di percorsi preferenziali, entro i quali tutti i potenziali osservatori saranno contenuti e indirizzati. Mi pare anche logico, in fin dei conti il grande ritorno delle Olimpiadi sarà una questione di immagine e di accreditamento internazionale per la Cina, ragione per cui un po' di specchietti per le allodole ci vogliono.
Gli ospedali dichiarano la completa apertura 24/7, cioè tutti i giorni a tutte le ore, per tutta la durata delle Olimpiadi e delle para-Olimpiadi. Allora, mi son chiesto, talvolta gli ospedali chiudono, in Cina? La risposta è sì, gli ospedali, a parte alcune strutture di eccellenza, normalmente sono chiusi i fine settimana e mezza giornata dei giorni feriali, dal che risulta che sono aperti cinque mezze giornate a settimana, alternandosi. Uhm, bizzarro. I vigili del fuoco, per una questione di orgoglio, hanno deciso di non essere da meno dei medici e degli infermieri, dichiarando il "Livello 1 del piano di prevenzione di controllo degli incendi", il livello più alto, una specie di doppio controllo non segreto da qui al 20 di settembre. Sono cancellati tutti i permessi per gli effettivi e per i volontari. Non è un'esasperazione governativa né un timore campato per aria, in effetti tutti i templi e i palazzi significativi della città sono in buona parte in legno, come da tradizione architettonica cinese.
E i poliziotti? I poliziotti, che poi di fatto appartengono all'esercito, si sono dovuti sorbire un mega-corso intensivo sugli aspetti principali - origini, forme, tabù, testi fondamentali - del Cristianesimo, dell'Islamismo e del Buddhismo, così da non incappare in spiacevoli quanto non voluti insulti alle sensibilità straniere in visita a Pechino per i giochi. Il corso dev'essere stato talmente devastante al punto che io, in sette giorni, non ho mai visto un poliziotto cinese parlare con chicchessia, evidentemente sono così intimoriti da evitare a prescindere ogni contatto.
Infine, i gadgets. Sono numerosissimi i negozi di oggetti con il marchio ufficiale "Beijing 2008", pupazzetti delle cinque mostruose mascottes, asciugamani molto cinesi da scaldare al vapore e mettersi sulla faccia, magliette, tute e tutto quanto si può facilmente immaginare. Ma ancora più facilmente si può girare l'angolo, qualunque angolo, per trovare una rivendita non ufficiale di gadgets olimpici, sarebbe a dire gioiosamente falsi e che costano un quarto degli originali. D'altronde, nel regno della copia questo è il minimo che può accadere. Due considerazioni: uno, nessuno qui fa una piega alla vista dei falsi, visto che la cosa sarebbe quanto meno incoerente, e le autorità preposte lasciano fare; secondo, la questione dei falsi di marca, cioè della duplicazione di oggetti, film e vestiti è decisamente complessa, da queste parti. E' diffusa la posizione, che io condivido, che le copie aiutino in larghissima misura la diffusione dei marchi e che contribuiscano in gran parte al loro successo. Non mi sono ancora chiari diversi aspetti della questione, mi sfuggono alcuni passaggi fondamentali del ragionamento. In ogni caso, più per una questione di apparenza che di sostanza, i negozi in centro specializzati nella vendita di dvd copiati sono stati chiusi, un po' camuffati o ridimensionati nel catalogo. Temporaneamente, sia chiaro, non appena il trambusto sarà passato, torneranno a fiorire come splendidi fiori di loto. Finti.

ventisette

Traduzioni e composizioni.

Rispetto a qualche anno fa, è in atto un mastodontico ed ammirevole tentativo da parte cinese di rendere le indicazioni più comuni in inglese, a fianco della consueta scritta in cinese. A Pechino, almeno, e nelle zone turistiche più frequentate.
Non solo i segnali stradali ma, anche, la toponomastica, i cartelli più comuni - bagno pubblico, telefono, banca, metropolitana etc. - le targhette nei musei e nei templi, i nomi sui prodotti più diffusi e così via.
La cosa assume connotati spassosi in molti casi, visto che la gamma delle traduzioni e delle grafie occidentali spazia dalla perfezione assoluta, opera di traduttori abili, a svarioni di ogni tipo, forma e colore, opera di traduttori e compositori un pochino meno abili. Gli esempi sono tantissimi, allego qualche foto. In libreria, per dirne una, ho trovato una copia in cinese di "Per chi suona la campana" di Hemingway; copia che il commesso, certo e sicuro della sua traduzione, mi assicura abbia il titolo "Per chi suona la campanella".
Forse una riduzione scolastica del noto testo?

Jan zi.
Lo jan zi è uno dei giochi di abilità più praticati nei parchi pechinesi e ci giocano davvero tutti, giovani e anziani, maschi e femmine senza distinzione. Impressionante l'abilità diffusa, starei ore a guardarli ammirato. Il gioco consiste nell'avvolgere un sasso in diversi fogli di carta, in modo che il peso del sasso stia verso il basso e con la carta restante si formi una specie di coda verso l'alto, che bilanci il tutto. Esiste ovviamente anche la versione prefabbricata dell'arnese, che assomiglia più o meno al volano del badmington, un po' più grande. Ottenuto questo, il gioco prevede che ci si passi il volano senza farlo cadere a terra, toccandolo solo con i piedi, le cosce e le spalle.
Esemplifico la cosa con un filmato che ho girato questa sera sulle rive del lago Houhai:

ventisei

08.08.08: meno tredici.
Come promesso, una prima tornata di noterelle sui dettagli organizzativi delle Olimpiadi.
Nel frattempo, continua a non piovere. La foschia e l'umidità aumentano in un sadico crescendo rossiniano, come se qualcuno continuasse a girare la rotella della Grande Sauna. Per chiarire, aggiungo qui sotto alcune fotografie del villaggio olimpico scattate questa mattina, in favore del tempo splendido che ho appena raccontato. Il Beijing Meteorological Bureau, già oggetto di un post qualche giorno fa, ha aperto una linea telefonica diretta (010-68710008), una hotline, per coloro che avessero bisogno di ragguagli sulla situazione metereologica. Domani chiamo e chiedo se, cortesemente, hanno intenzione di far piovere.
Oggi si è tenuta la conferenza stampa ufficiale di Gilbert Felli, capo osservatore del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) per le Olimpiadi di Pechino. Felli, che ha visitato Pechino regolarmente dal 2001 a oggi, ha espresso soddisfazione per la qualità dell'aria, "much better" di quello che si sarebbe aspettato. Inoltre, si è detto molto felice perché i soliti problemi tecnici che precedono un'Olimpiade qui sono stati tutti risolti senza difficoltà. Vista l'ottima riuscita della conferenza stampa e la reciproca soddisfazione, aggiungo io, Felli è stato prontamente rilasciato e i suoi familiari sono ora liberi di rivederlo a casa.
Sempre sull'onda dell'attualità, ieri si sono diplomate le 337 hostess cinesi incaricate di consegnare le medaglie ai Giochi. Dopo una selezione durissima su cinquemila ragazze delle Università di Pechino e Shanghai, le prescelte hanno seguito un corso di due mesi, tutti i giorni dalle 6.30 del mattino alle 23, nel quale hanno imparato a sorridere mostrando soltanto otto denti, canone di eleganza esemplare, a guardare in macchina senza chiudere gli occhi ai flash, anche se con le lacrime agli occhi, hanno appreso la storia delle olimpiadi e il cerimoniale alla perfezione. Impazzano tra esse due gemelle, Li Ziye e Li Xiaoye, entrambe diplomate, che piacciono moltissimo alla stampa locale, e che saranno prescelte presumibilmente per la consegna della prima medaglia d'oro. Ricordo per gli sbadati che già due figlie femmine sono una rarità qui in Cina, figurarsi due gemelle tutte belline e sorridenti a otto denti ciascuna. Fateci caso, se seguirete la prima premiazione.
Contemporaneamente, è cominciata e subito finita l'ultima tornata della vendita dei biglietti: davanti allo stadio olimpico, il bird's nest, un bel po' di gente si è fatta la notte in attesa per comprare uno o due dei 250.000 biglietti venduti a Pechino. Infatti, a nessuna persona normale è concesso comprare più di due biglietti per le gare dell'Olimpiade e i biglietti sono rigorosamente nominali, con tanto di fotografia e di chip stile carta di credito. Pare che modificare l'intestazione sia una cosa complicatissima e da domani scada il termine per l'operazione. E allora io mi chiedo come mai un giovane cinese mi abbia avvicinato stamattina, vicino al Water Cube (il parallelepipedo bellissimo dedicato al nuoto) offrendomi biglietti per le gare con sguardo furbetto: mi divertirebbe molto scoprire che hanno falsificato anche quelli, rifilando patacche a turisti inavvisati. Capace che se stamattina avessi detto sì probabilmente mi avrebbe venduto un biglietto per l'inaugurazione a cento euro, invece che ai settemila richiesti ufficialmente. In palco presidenziale, s'intende.
Un dato numerico: l'intera operazione Olimpiadi ha un costo dichiarato, finora, di 12 miliardi di dollari e, secondo l'ultima previsione, rientrerà di 3 miliardi di dollari tra la vendita dei biglietti, le sponsorizzazioni, gli incassi dei diritti televisivi, la riconversione e la vendita di alcune delle strutture olimpiche, per esempio gli appartamenti del villaggio olimpico. Il resto, chiaramente, è investimento su scala internazionale.
L'intera zona olimpica è del tutto off-limits per chi non possiede un accredito, i poliziotti sotto l'ombrellone di Mac Donald's (uno dei main sponsors) controllano l'intero perimetro, e così mi sono accalcato con centinaia di famigliole cinesi lungo le recinzioni per scattare fotografie agli iperbolici impianti, compreso un palazzone a forma di fiaccola olimpica che, son sincero, non ha esattamente scatenato in me la sindrome di Stendhal.
(Prosegue).

venticinque

Azione popolare.
Premetto che questa è una storia molto ma molto più crudele della storia della morte della mamma di Bambi, quindi i cuoricini sensibili si astengano dalla lettura.
Nel 1956, a cavallo tra la riforma agraria e il "grande balzo in avanti", la Cina tutta, su indicazione del Grande Timoniere, si mobilitò in una lotta che vide l'intero paese unito nel raggiungimento dell'obbiettivo. Fu un momento in cui tutto il paese fu solidale, come molti altri momenti della storia cinese recente, e ogni contadino, operaio, soldato, insegnante o scolaro fece la propria parte per una settimana intera, senza pause o ripensamenti. Fu una lotta fondamentale contro i nemici del popolo, coloro che ostacolavano un corretto e rapido progresso dell'agricoltura cinese, ancora piuttosto primitiva e a basso rendimento, verso uno sviluppo e una crescita spettacolare, come il Governo auspicava. Chi erano questi nemici del popolo che danneggiavano l'agricoltura?
I passeri. Ebbene sì, i tremendi passeri nemici della rivoluzione. Per una settimana, giorno e notte, in tutta la Cina il popolo agitò bandiere e stracci vicino ai tetti, alle piante, ai pali della luce, alle ringhiere, insomma ovunque i nemici del popolo potessero adagiarsi. In sette giorni la lotta fu vinta e il nemico sterminato, fu il trionfo della volontà di un popolo.
Ora, prima di procedere oltre vorrei rassicurare i lettori puri di cuore giunti fino a qui: adesso i passeri ci sono di nuovo, tendono più che altro a stare un po' timidi nei parchi e svolazzare in stormi un poco protetti, ma ci sono. Merito del nuovo corso politico? Può essere.
Lo sterminio dei passeri è una delle tipiche rimostranze che un occidentale un minimo conscio di aneddoti tende a fare ai cinesi con cui riesce a interloquire, guardandoli come si guarderebbe Crudelia de Mon. I cinesi, per parte loro, un po' sbuffano perché la storiella sa di stantio e, poi, sospettano che gli occidentali non abbiano ben chiaro il quadro complessivo. Infine, la replica più semplice da parte dei cinesi potrebbe essere: "beh, voi li mangiate!" (signorilmente non cadono così in basso). Tutto vero, sia lo sconcerto occidentale sia le repliche orientali.
Ora, dando per scontato il rammarico per i poveri passeri del 1956, sul quale nessuno discute, ciò che colpisce, come in tanti altri episodi, è l'unitarietà d'azione di un popolo così grande, la mobilitazione popolare senza esitazioni che risponde alla chiamata per risolvere radicalmente un problema in nome del benessere collettivo, o supposto tale. Questo genere di fenomeno è impressionante per un individualista proveniente da una cultura individualista, chiunque di noi si sarebbe sentito in dovere di avanzare le proprie obiezioni e i propri distinguo del caso, a volte coerenti e a volte molto ipocriti, anche se sussurrati nel segreto di una sala da pranzo e mai esposti in pubblico.
Comunque sia, un popolo che si mobilitava compatto in questo modo solleticava di certo le fantasie più astratte di un Governo che, di certo, non poneva limiti alla propria immaginazione. Circolava tempo fa una battuta in Italia, per la quale si diceva che se i cinesi avessero deciso di salire contemporaneamente ognuno su una seggiola e saltare giù tutti insieme, noi saremmo morti tutti per inondazioni e terremoti. E' un po' l'idea del pericolo giallo, non giapponese ma cinese: tutti uniti senza ripensamenti verso l'obbiettivo in virtù dei grandi numeri.
Ma non disperiamo, capita anche a noi, talvolta, di unirci e camminare verso l'obbiettivo: l'ultima volta, che io ricordi, è stata quando abbiamo cambiato tutti insieme il frigorifero in nome del bando dei CFC e in favore dell'ozono, nostro amico. Un popolo, un risultato, nessuna obiezione e avanti tutta verso la rivoluzione del freddo. Visto? Siamo capaci anche noi.

ventiquattro

Piove governo figo.
Alcune questioni di stretta attualità in questi giorni a Pechino: fa davvero caldo e man mano che passano i giorni la condensa, umida e satura, aumenta a vista d'occhio e, di conseguenza, la visibilità diminuisce; la situazione climatica non favorisce la dispersione delle polveri inquinanti, le quali, anzi, tendono a rimanere in sospensione piuttosto che depositarsi a terra; la città sorge in una zona sostanzialmente povera d'acqua e battuta dai venti desertici del nord, ragione per cui l'approvvigionamento di risorse idriche è sempre stato difficoltoso, in particolare d'estate, non a caso un abitante di Pechino ha accesso a circa diecimila piedi cubi d'acqua all'anno, vale a dire un terzo della media mondiale; la città, oltre ai numerosi parchi, è costellata di un numero impressionante di installazioni floreali, aiuole, fioriere, ardite costruzioni di siepi e piante distribuite in occasione delle olimpiadi e, nonostante, una schiera infinita di innaffiatori ufficiali, i fiori e le piante cominciano piano piano ad appassire (a margine, allego fotografia degli splendidi innaffiatoi cinesi, che sono dritti e non curvi come i nostri).
Che fare, per questi problemi urgenti?
E' a questo punto che entra in gioco il Chinese weather modification office, un dipartimento del Beijing Meteorological Bureau, attualmente il più grande ente del mondo che si occupa di metereologia, più di trentasettemila persone impiegate. Attenzione, però, il Chinese weather modification office (CWMO), come da nome, non si occupa di metereologia pura, bensì di modificazione del tempo metereologico o di cloud seeding, in questo caso. Non piove? Si vuole la neve il giorno di capodanno? Ci pensa il governo, si chiami dunque il CWMO.
L'idea di controllare, o meglio di modificare (creare dal nulla è attualmente non fattibile), l'andamento delle precipitazioni è un'idea americana degli anni Cinquanta, ripresa poi con entusiasmo dagli Australiani, con modesti esiti dall'Unione Sovietica e dalla Russia poi, con timidezza in India e attualmente praticata al massimo livello dalla Cina. Consiste, in parole povere e profane, nello sparare ioduro d'argento nelle nuvole esistenti per aumentare ed accelerare le precipitazioni. I casi conosciuti di modificazione delle precipitazioni sono molteplici: gli Stati Uniti provocarono un incremento dei monsoni durante la guerra in Vietnam, l'Unione Sovietica fece piovere diversi giorni sulla centrale di Chernobyl subito dopo l'incidente, l'Australia fece vari esperimenti in Tasmania negli anni Sessanta. Nello scorso aprile la Russia ha sperimentato una nuova tecnica lanciando sacchi di cemento in polvere da alcuni aerei, con il risultato di centrare una casa con un blocco di cemento da 25 chili (qui) che, evidentemente, mica si è polverizzato.
La Cina ha già sperimentato più volte il cloud seeding ed è in procinto di rifarlo ora, allo scopo di migliorare le condizioni ambientali e climatiche di Pechino, garantire bel tempo durante le olimpiadi, innaffiare copiosamente la città e rifornire le risorse idriche. Infatti, sono alcuni giorni che in città si mormora che faranno piovere, non che pioverà. Siamo tutti in attesa e, nonostante l'idea in sé di controllare il tempo metereologico sia piuttosto inquietante, io condivido in qualche modo la delega illimitata del popolo cinese al governo: se esiste un problema, il Governo lo risolverà. E rapidamente, pure.
Inutile sottolineare che la totale fiducia nelle possibilità del governo è un sentimento piuttosto inedito per un italiano, abituato piuttosto a confidare nell'immobilismo politico nella speranza di ridurre i danni. Ciò nonostante, anch'io sono a naso all'aria e attendo che facciano piovere, perché sto imparando direttamente che il Governo cinese le cose le fa e se, per esempio, deve spostare mezzo milione di persone o sommergere intere province, si tratta di noiosi dettagli. Impressionante per me, normale per i cinesi, i quali - abituati a ben altro - rimproverano anzi a Hu Jintao una certa mancanza di piglio decisionista, una certa debolezza di carattere che mal si accompagna alle esigenze immediate del paese.
Ora aspetto la pioggia, putroppo un po' sconsolato poiché non potrò mai sapere se avrà piovuto davvero o è il Chinese weather modification office che gioca.

Minchiate italiane sulla Cina: repubblica.it.
Di minchiate sulla Cina se ne sentono tante, in Italia come in ogni parte del mondo, visto che nessuno studia e molti raccattano quello che trovano, specie se si tratta di notiziole da "Forse non tutti sanno che" e "Strano ma vero", meglio se corredate di fotografie esplicative. Siccome ora la Cina è di moda perché esotica oltre ogni limite e finanziariamente da agganciare, ogni notizia è legittimata dalla lontananza e dall'oscurità che avvolge il paese, soprattutto se non ci si piglia la briga di consultare, che so, anche solo wikipedia, se non proprio una fonte locale.
Di minchiate Repubblica.it ne ha infilate due nel giro di due giorni, nessuna novità, ma visto che mi trovo qui le segnalo.
Prima notizia: "Ecco il treno delle Olimpiadi: è il più veloce del mondo", qui, e la cosa sensazionale sarebbe che "Lo hanno realizzato in Cina per collegare le due principali sedi dei Giochi Olimpici, Pechino e Tianjin. Interni spaziosi e design d'avanguardia, con un servizio di assistenza a bordo paragonabile a quello offerto sulla prima classe di un aereo, a 350 chilometri l'ora". Ovviamente è una balla con tanto di foto Reuters, il treno più veloce del mondo utilizzato per il trasporto passeggeri è sì in Cina ma a Shanghai, è il Maglev transrapid e collega l'aeroporto internazionale di Pudong alla stazione di Long Yang Road a 431 km/h di velocità di punta.
Seconda notizia (o curiosità del cacchio): "Cina, il traffico si controlla sotto l'ombrellone", qui, e la notizia curiosa sarebbe che "ogni giorno a Nanchang, nella provincia di Jiangxi, all'uscita dell'autostrada un agente controlla il traffico dall'insolita postazione davanti l'entrata del cantiere del complesso European Resort". Non contenti, a Repubblica.it aggiungono che si tratta di "una curiosità segnalata da Umberto Nicodemo, autore delle foto raccolte in questa galleria, che mostra il lato non promozionale della Cina alle prese con i lavori delle strutture all'avanguardia dei Giochi Olimpici di Pechino". Cari Repubblica.it e caro Nicodemo, grazie per lo scoop e per il divertente lato non promozionale, peccato che tutti i poliziotti in Cina, non solo a Nanchang, d'estate stiano sotto un ombrellone, se ne vedono a ogni angolo di strada, come senza dubbio fanno tutti i poliziotti o impiegati che devono stare all'esterno in tutto l'Oriente, in Thailandia piuttosto che in Vietnam o in Cambogia. E ho il vago dubbio che facciano la stessa identica cosa a Palermo piuttosto che a Bari o a Rio de Janeiro d'estate. Piuttosto, se proprio, è più interessante questa piccola foto di un poliziotto cinese sotto l'ombrellone, e che ombrellone, davanti allo stadio olimpico. Almeno c'è un valore aggiunto.
Fondamentalmente non mi importa nulla del treno maxiveloce o delle curiosità estive della polizia cinese, non sono importanti, il punto è il costante folklore che i giornali italiani fanno su tutto ciò che è estero, invece di mandare qualche bell'inviato che si prenda la briga di capire, di studiare un po' e sintetizzare. Ovvio, costa meno e offre argomenti da divano al lettore svagato.
Avanti così, dunque, tutti con le schiene sempre belle dritte, mi raccomando.

ventitre

One world one dream.
E' giunto il momento di parlare delle Olimpiadi, di affrontare finalmente l'argomento. Finora è stato tempo di costume e società, ora è tempo dei servizi sullo sport.
Ecco la domanda: come andranno le gare vere e proprie? In risposta, posso anticipare con certezza che sarà un massacro, il numero di medaglie d'oro vinte dalla Cina sarà impressionante, forse addirittura a tre cifre, come mai prima. I motivi, essenzialmente, sono due.
Il primo, di carattere sportivo, più o meno. Come sempre accade, il paese ospitante vince un numero di medaglie superiore al proprio valore effettivo, è una consuetudine in tutti gli sport; a parte qualche accidente, chi organizza porta a casa il risultato, è un fatto normale. Ma non basta. Com'è comprensibile, il governo cinese non solo ha messo in moto anni fa la macchina organizzativa dei giochi ma ha anche allevato una generazione affinché primeggiasse in campo sportivo, in qualunque campo, come da tradizione di quasi tutti i paesi socialisti, si veda la vecchia DDR o l'Unione Sovietica nel 1980. Se la questione doping è una questione ancora del tutto inesplorata in area cinese, e non è che americani ed europei facciano molto meglio in questo settore, è pur vero che una schiera di ragazzini cinesi è assolutamente pronta ad affrontare questa e le prossime olimpiadi con un unico scopo: vincere. E' un fatto di lustro e di reputazione collettiva, secondo il principio eterno di onorare la propria nazione con la vittoria e restituire al proprio paese una parte dell'investimento. Non contano i nomi delle ragazzine della squadra di ginnastica artistica cinese, tutte dodicenni al massimo, conta il fatto che sono la Cina e la vittoria collettiva viene ben prima della vittoria individuale. I nomi passano, la Cina resta. Inoltre è predominante un fattore cui accennavo prima: il sentimento diffusissimo per il quale coloro che sono destinatari della fiducia, del sostegno e dell'investimento del paese si sentono in dovere, assoluto e indiscutibile, di ripagare il più possibile ciò che hanno ricevuto. E lo faranno, sono pronto a scommettere qualunque cosa, dovreste vedere che aria tira qui.
Infatti, non si tratta di individui che in qualche modo scoprono di essere dotati in qualche disciplina e che qualche centro sportivo federale decide di tirar su nella speranza che vinca qualcosa, come accade da noi. Qui si tratta di un vero e proprio progetto di educazione ed efficienza fisica di Stato, nel quale un individuo "viene responsabilizzato all'idea di essere un cittadino preparato a dare il suo contributo fisico alla costruzione della nazione, sia attraverso il lavoro, che attraverso la difesa del paese"* o attraverso lo sport. Un ragazzino delle elementari si sveglia al mattino e comincia con esercizi in casa seguendo la radiomusica, un programma radiofonico apposito, dopo di che segue le ore obbligatorie di educazione fisica a scuola, ogni giorno, e conclude con il doposcuola sportivo, nel quale si pone l'accento sul lato competitivo dell'attività sportiva. La conclusione, secondo me, è abbastanza scontata: sarà un massacro.
A margine dell'ecatombe, mi incuriosisce scoprire che il concetto di competizione era del tutto estraneo alla cultura sportiva cinese, almeno fino al nostro tempo, era anzi considerato disdicevole praticare attività che avessero in sé il principio del conflitto e che non fossero di tipo individuale. Il motore del movimento fisico in Cina, infatti, è sempre stata l'armonia e la moderazione personale. L'idea dello sport di squadra e della vittoria come fine ultimo dell'agonismo è del tutto e senza dubbio occidentale, oserei dire generata nella Grecia antica, e fu introdotta in oriente solo alla metà dell'Ottocento. Fu poi con il 1949 che l'approccio occidentale fu istituzionalizzato e portato all'esasperazione di Stato. A monte, dunque, esagerando, la provocazione è partita da noi, ancora una volta.
Tornando al discorso di prima, il secondo motivo è di ordine climatico. Mi spiego. In questi giorni ci sono mediamente trenta/trentacinque gradi tra le otto del mattino e le sette di sera. Siccome anch'io mi voglio attenere alla nuova moda nella rilevazione delle temperature, posso affermare che i trenta/trentacinque gradi reali sono non più della metà dei gradi percepiti da un essere umano a Pechino. Il cento per cento di umidità reale è pari al cento per cento dell'umidità percepita. Bei tempi, quando c'era Bernacca. Comunque, in sintesi fa un caldo bestiale e il clima non è esattamente secco. Fatta la premessa metereologica, passo in rassegna rapidamente il programma, qualche esempio: le batterie di atletica leggera sono previste alle 9 del mattino del 18 agosto; la finale di baseball alle 10.30 del mattino del 22; il tennis inizierà alle 16 del 16 agosto; il ciclismo è previsto alle 16.30 del 15 agosto e così via. Insomma, a parte gli sport al coperto e i nuotatori fortunati, per gli altri sono previsti collassi e schianti. D'accordo, sono atleti e si prenderanno il tempo necessario per adattarsi, non discuto, ho comunque la sensazione che il fattore climatico giocherà una parte interessante in tutta la faccenda e sono abbastanza sicuro che di records del mondo outdoor ne vedremo pochini. Meglio: mi permetto di dubitare che un velocista tedesco o canadese riesca a fare il tempone, stiamo a vedere.
Concludo qui le osservazioni in merito allo sport vero e proprio, che peraltro mi compete pochino. Nei prossimi posts i fatti organizzativi e qualche informazione in più sul contesto olimpico.

* (da P. Angelini, G. Mamone, Il podio celeste - Storia dell'educazione fisica e dello sport in Cina, Stampa Alternativa, 2008)

Taxi driver.
Il taxi è il mezzo più comune di spostamento a Pechino o, quantomeno, è il mezzo più utilizzato dai turisti. I prezzi sono sostanzialmente bassi, per uno straniero, con cinque euro si può farsi scarrozzare da una parte all'altra di Pechino per una buona oretta nell'ora di punta. Tutti i taxi pechinesi sono monomarca, cioè sono tutte Hyundai (strano, essendo una marca sudcoreana) e sono invariabilmente gialli e marroni o gialli e blu, anche se non ho ancora capito quale sia la differenza, se ce n'è una. Comunque, l'unico trauma nel prendere un taxi consiste nel passare dai trentacinque gradi esterni e umidi ai sedici gradi centigradi all'interno della macchina, dal che deduco che il tassista pechinese viva in un perenne stato di semi-conservazione. Tranne quando si attiva, il che non è infrequente, e dopo una robusta preparazione apre il finestrino e sputa fuori. La caratteristica principale dei tassisti pechinesi è la suprema padronanza del territorio, rimango incredulo ogni volta: infatti, è uso comunicare la destinazione non indicando la strada ma in modo più specifico l'obbiettivo, per esempio il negozio di grilli di Jiang Jie o il ristorante taldeitali che fa un'anatra laccata davvero memorabile. A questo punto, il tassista si astrae un momento, sguardo fisso nel vuoto, e poi esprime la sua soddisfazione emettendo il seguente borborigmo: "mmmmm oghé". Ha capito, ha trovato il luogo, identificato il percorso e ha detto occhei. Si parte.
Poiché nessun tassista pechinese parla inglese o altra lingua al di fuori del cinese, esiste uno strumento di cui non sospettavo l'esistenza, la Beijing Taxi Guide. E' un piccolo libretto (ne esistono molte, in realtà) che riporta i luoghi di interesse della città, monumenti, negozi, ristoranti, parchi etc., con l'indicazione in inglese e in cinese, così:

Friendship Market - Sanlitun
友谊超市, 三里屯路7号

E' sufficiente dunque indicare al tassista con il dito la magica scritta ed ecco che arriva, poco dopo, il "mmmmm oghé". E' fatta. E' possibile dunque girare a Pechino senza sapere un accidenti nella lingua locale? La risposta è sì, anche se sarebbe infinitamente più divertente dirlo, almeno una volta, in cinese. Finora ci sono riuscito una volta sola, dicendo "daa-uanglò" (Dawanglu) a un tassista, che ha capito al volo. Poi, però, mi ha fatto una domanda e io lì sono rimasto ebete.

ventidue

Trova il tuo dio.
Ovvero, interagisci con la tua religione o, meglio, costruisci e interpreta il tuo tipo di culto.
Se si venisse presi in Cina da un desiderio irresistibile di provare a dare una struttura alle proprie tensioni spirituali, la scelta è ampia e multiforme: il Buddhismo, nella versione prettamente cinese, vale a dire il Buddhismo Han, che è una strana mescolanza tra il Buddhismo primitivo ed elementi razionalistici, pericolosamente vicini alle idee marxiste e socialiste; il Confucianesimo, tradizionalista e gerarchico, che per sua natura ben si adattava a una società feudale e per questo fu religione di stato; il Taoismo, concentrato sulla relazione tra uomo e natura, in aperto contrasto con il formalismo confuciano e per questo bollato come "fatalista"; l'Islamismo, penetrato pochissimo in oriente, che ha risentito di una commistione incredibile con elementi cinesi al punto da essere quasi una religione diversa (la moschea di Pechino è davvero buffa); il Cristianesimo, anch'esso poco presente, radicalmente lontano dalla sensibilità cinese e, per questo, inciampato fin da subito in mille motivi di resistenza, con buona pace di Matteo Ricci (diceva Montesquieu in tempi non sospetti: "è pressoché impossibile che il crisitanesimo possa mai stabilirsi in Cina" e aveva ragione).
Benché privo di tensioni spirituali e ancor meno desideroso di strutturare alcunché nella mia esistenza, ho svolto una rapida indagine al fine di stabilire, nell'eventualità, a quale dottrina mi potrei rivolgere se ne avessi bisogno. Scartato il Buddhismo, poiché devastato per sempre nel mio immaginario da calciatori e soubrettes, non ho nemmeno preso in considerazione, nella rosa dei candidati, Cristianesimo e Islamismo, per ragioni storiche e morali evidenti. Non per esotismo, restano in lizza Confucianesimo e Taoismo, entrambe dottrine prettamente cinesi.
La scelta, avendo avuto modo di testare direttamente le diverse proposte nei templi pechinesi, non può che cadere sul Taoismo, infinitamente più interessante e personale del Confucianesimo. Infatti, il primo aspetto del Taoismo che lascia sconcertato un europeo è l'assenza di qualsiasi tipo di dogma, il che già di per sé è una bella liberazione, nel senso che per noi i concetti di dogma e religione sono praticamente indissolubili, se non sinonimi. In seconda battuta, poiché il Taoismo non contempla l'esistenza di un peccato originale, l'idea di salvezza è in positivo, è una conquista personale e non una ricompensa elargita da un dio caritatevole, e si riferisce unicamente al qui e ora, senza alcuna posticipazione al mondo ultraterreno. Infatti, fermi restando i principi di armonia con la legge naturale, il fedele taoista costruisce la propria salvezza nella ricerca del proprio equilibrio interiore. Ti piace suonare il flauto e questa attività ti aiuta nella tua ricerca di armonia? Fallo, dice il Taoismo, e sii felice. Infine, è del tutto assente ogni forma di intermediazione tra il fedele e la divinità, cioè non ci sono i preti. Non male. Il monaco taoista è un artigiano o un lavoratore, non possiede uno status di ministro di alto rango, si dedica alla contemplazione e ad attività di sviluppo personale e non interferisce con le attività dei fedeli. Qui a sinistra una testimonianza di un monaco lettore di giornale nel tempio della Nuvola bianca (Baiyun Guan).
Ecco come funziona, in pratica: il tempio è l'insieme di una trentina o più di templi più piccoli, ognuno di essi dedicato a una divinità specifica, la quale divinità ha un potere molto circoscritto che viene invocato a seconda delle esigenze. Per esempio, Kuixing è il protettore degli studenti e degli scolari e se gli si tocca l'addome, egli è in grado di acuire l'intelligenza di chi si rivolge a lui. Mica poco, come superpotere. Oppure, Lu Zu aiuta i cuori gentili a vivere serenamente (e chi più di essi ha bisogno di aiuto, dico io?) e, soprattutto, non rifiuta mai di concedere la sua attenzione. Ancora, Songzi si occupa delle partorienti e Sun Simiao, il re della medicina, oltre a riportare in vita i morti (cosa che fa raramente) è in grado di risolvere i problemi dell'alcolismo. Chiunque ne abbia voglia, entra nel tempio, si dirige alla divinità che fa al caso proprio e interagisce con essa, parlandole e portandole qualche piccolo dono, un incenso acceso o un'arancia.
A pensarci bene, tutto ciò rimanda abbastanza da vicino al ruolo che nel Cristianesimo primitivo avevano i santi protettori, ognuno con un proprio compito e specialità, capaci di intervenire in modo appropriato senza la mediazione del clero su richiesta personale.
Il tempio stesso, nel suo insieme, è costruito per invitare il visitatore all'interazione: pare una piccola città in cui ogni tempio è una casa e tra le case vi sono piccoli giardini, spazi per le biciclette, fontane e bracieri. Nel tempio della Nuvola bianca, per esempio, sono nascoste tre scimmie scolpite nella pietra e se qualcuno lo desidera può cercarle e, se trovate, ricevere fortuna. Oppure può cimentarsi nel lancio di un piccolo disco di metallo (non monete volgari) contro una campana e vedere così avverare un desiderio. Ma l'invito all'interazione è sommo quando scopro che, per esempio, sono a disposizione delle belle ramazze e, se il fedele lo desidera, può anche dare una bella pulita, visto che in fondo è un po' anche casa sua. Pare poco?
Riflettevo ieri sera a cena su tutta la questione e un mio saggio e molto onorevole amico mi faceva notare un altro aspetto della cosa: la cella di un monaco taoista è costituita da una piccola stanza che dà su uno dei cortili del tempio, accanto alla porta sono lasciate le scarpe, appoggiate in verticale, e fuori c'è un piccolo spazio con alcune aiuole di fiori, una ramazza e lo spazio per una bicicletta o carrettino. A ben pensarci, come ci ha pensato il mio saggio amico, i significati di questi oggetti e di questa disposizione sono: costruisciti un tuo spazio in cui dedicarti alle cose che ti rendono sereno, tienilo pulito e curalo con attenzione e dignità, togliti le scarpe prima di entrare, circondati di fiori e piante di cui ti prendi cura e quando puoi, esci e vai in giro.
Una strepitosa e commovente sintesi della vita umana e delle attività meritevoli, trovo. Ecco perché, valutate le opzioni, in caso avessi il desiderio di strutturare in qualche modo le mie tensioni spirituali e materiali, mi rivolgerei di certo al Taoismo. E a guardar meglio, pur senza un'adesione esplicita, si tratta semplicemente di ciò che le brave persone già fanno o cercano di fare tutti i giorni, lottando contro il logorio della vita moderna, senza che qualcuno di altolocato le debba perdonare per cose che non hanno fatto.

Olimpiadi: panico nei cantieri.
Nessuna discussione, entro questo venerdì tutti i cantieri a Pechino devono essere chiusi.
Non importa un fico se il signor Wang sta ristrutturando la fognatura di casa e dovrà sgravarsi nel secchio, la direttiva è secca e ferma, senza deroghe.
Complice il blocco del traffico dei camion, il panico si sparge nei cantieri.
Oddio, non che si legga ansia e frenesia sul viso degli operai cinesi, i quali, come sempre, continuano a lavorare secondo il loro principio immutabile: uno lavora e tre guardano. Però la questione si fa premente e mi capita spesso di vedere giovani militari di sedici o diciassette anni di fronte a piccoli cantieri, negozi o case, con il compito di presidiare i lavori e accelerarli. Probabilmente giovedì i militari cominceranno a puntare la pistola alla tempia degli operai, per ora osservano e fanno i cani (pechinesi) da guardia. Per quanto riguarda i cantieri grossi, vale a dire grattacieli di quaranta piani che vengon su come funghi dopo la pioggia, le strutture nude in cemento armato vengono ricoperte con lastre scure simili a finestre, così che a uno sguardo profano e distratto il grattacielo pare effettivamente finito e funzionante. Alcuni di questi pannelli si aprono, paiono davvero finestre aperte da lavoratori accaldati. Si riprenderà poi. Un poi che significa, attualmente, a metà settembre, visto che alle olimpiadi seguiranno le para-olimpiadi, con tutto ciò che ne segue. Bocce ferme, quindi, da sabato per un mese e mezzo.

ventuno

Pechino è una città inquinata?
Ovvio, la risposta è sì ma va un po' spiegata.
Innanzitutto, Pechino non è così inquinata come uno si aspetterebbe, non come Bangkok o Dalmine dove anche respirare è un problema serio. Certo non è un verde alpeggio di montagna.
Se la distanza tra il carbone e l'energia eolica, via nucleare, noi europei la stiamo coprendo nell'arco di settant'anni circa, i cinesi - come in ogni cosa, industriale o culturale - sono costretti a bruciare le tappe e a compiere lo stesso percorso in venti o trent'anni. E lo stanno facendo, sebbene sia ovvio che la rapidità genera gli stessi mostri, concentrati invece che diluiti nel tempo. Infatti, la situazione ambientale in Cina è genericamente disastrosa.
Il governo cinese ha compreso molto seriamente la necessità di adottare immediatamente delle politiche ambientali di sviluppo compatibile ed è sbagliato pensare che lo stiano facendo solo in funzione delle Olimpiadi. Non è così, hanno compreso che, a differenza di noi, non possono aspettare di essere un paese ricco per adottare provvedimenti. Nonostante le dimensioni abnormi e l'evidente grado di sottosviluppo del paese, la Cina ha investito 12 miliardi di dollari nell'ultimo anno per permettere a un sistema del tutto inefficiente, l'industria cinese, di trasformarsi rapidamente in un sistema più efficiente con un impatto più contenuto. Proprio grazie alla sua inefficienza, il sistema industriale cinese offre opportunità più concrete di risanamento e di contrazione della domanda energetica rispetto a sistemi consolidati nel tempo e ad alta resa produttiva.
I nostri.
Per quanto riguarda Pechino, la situazione è complessa: dal 2000 la popolazione è raddoppiata, trasformando la città in una mostropoli da quindici milioni di abitanti. I quali abitanti portano ovviamente in dote tre milioni di automobili, raddoppiate anch'esse nell'ultimo anno. Il clima non aiuta la dispersione delle polveri, poiché tende a ristagnare e quando non ristagna porta con sé i venti dallo Shanxi e dallo Shandong, province ricolme di miniere di carbone e acciaierie. Polveri e polveri si combinano e offrono alcune giornate in cui l'aria è talmente densa e scura da limitare la vista a una decina di metri. Immagini dell'inquinamento cinese circolano anche da noi ma raccontano una situazione che pare superata.
Il governo, come dicevo, ha adottato misure a lungo termine: la chiusura forzata e il trasferimento della maggior parte delle fabbriche cittadine, con spese allucinanti, il blocco del traffico e l'utilizzo di materiali che assorbono suono e polveri, il monitoraggio dell'aria più evoluto al mondo (si veda Istituto di fisica atmosferica di Pechino), la razionalizzazione dei trasporti e il massiccio utilizzo di mezzi pubblici, taxi e qualunque altra alternativa. La metropolitana cresce al ritmo di due nuove linee ogni sei mesi e le linee di autobus sono già più di mille.
La situazione è di molto migliorata rispetto agli anni scorsi, mi dicono, e io constato di persona che non mi trovo più a disagio che in una grossa città europea non molto sensibile alle questioni ambientali. Detto questo, resta una città inquinata che sta lavorando nella direzione giusta.
Su un settimanale cinese d'opinione, più o meno come il nostro Espresso, è uscito questa settimana un articolo che riprende una classifica americana sulle città più inquinate del pianeta. Avevo letto in Italia di questa classifica, ovviamente opinabile e per nulla chiara sui parametri adottati, e risultavano in testa come peggiori città del mondo Città del Messico e Pechino, seguite sorprendentemente (per me, ingenuo) al quarto posto da Milano. Nella versione cinese della classifica, Milano è la prima, Pechino segue. Non si tratta di disinformazione governativa, tutt'altro: si tratta di una lettura diversa che tiene conto anche delle procedure messe in atto per risolvere il problema. Oppure, noi e loro giochiamo al gioco del "tanto c'è qualcuno peggio di noi", per guadagnarci alibi. Discutibile in ogni caso, come dicevo, e comunque "Milano fa male" è una frase che, per orgoglio, spetta a noi italiani. Fatto sta che qui la situazione, ne sono certo anche se sono arrivato da poco, la prendono più seriamente. Si vede e si sente, si guardi a riprova il cielo della fotografia qui sopra, scattata oggi da me. Non è caraibico ma nemmeno infernale.
Limitatamente alla questione olimpica, da tre giorni è vietato il traffico in città ai camion, di ogni genere e tipo. Il che sta procurando alcuni problemi come, per esempio, l'approvvigionamento di generi alimentari e di prima necessità. I cinesi si arrangiano con piccoli furgoncini e moltiplicando le consegne, pare che comunque si siano verificati alcuni esempi di saccheggio di supermercati e grandi magazzini, in previsione di un periodo di relativa penuria. Non sarà così, tra diciotto giorni ci sono le Olimpiadi e tutto sarà al proprio posto, sugli scaffali, camion o no.

venti

Autodenunzia.
Oggi sono salito su un volo KLM che, alla resa dei fatti, si è rivelato essere un volo Alitalia, verde e non azzurro. Ma la crisi non si percepisce, le hostess sono ben pettinate e non hanno le calze tutte smagliate, la scelta di giornali è ampia, il pilota ha una voce tranquilla e non sembra volersi gettare dall'aeroplano. Con italica incoscienza, nonostante il piano Intesa Sanpaolo, offrono uno spuntino, scegliere tra il sandwich freddo e ripieno di morte e la tortina al cioccolato confezionata nell'argento vivo. Scelgo il salato e il blocco intestinale. Dopo il sandwich non resisto e ho un desiderio goloso, raggiungo la signorina Alitalia e avanzo richiesta spudorata: posso avere anche la tortina? Lo so che sono due cose insieme ma posso averle lo stesso? La prego, anche io voglio mangiare su Alitalia... La signorina cede e io mangio il dolce. Solo dopo, a crisi digestiva in divenire, realizzo: oddiochehofatto? Ora sono partecipe delle perdite milionarie della compagnia, sono responsabile dei tagli al personale, che di certo saranno moltissimi, non avrei dovuto eccedere con il surplus. Sono peggio di Bonomi e dei boiardi Alitalia, ho mangiato parte della torta, una grande fetta, non sono meglio di loro, no. Colpa della torta. E colpa mia. Cordata italiana, lo ammetto: è anche colpa mia, chiedo scusa a tutti, a tutti.

Tempo di qualifica.
Archiviato il primo volo, non me ne faccio mancare un secondo. Anch'esso fintamente KLM, si dimostra essere un Southern China Airlines, e qui già si svela un poco l'arcano che spiega, tra l'altro, le ore balorde di questi raccontini. Vado a Pechino. Nonostante io non abbia - ancora - ottenuto alcun tempo valido per le qualifiche in nessuna disciplina, nemmeno per le para-olimpiadi, ho deciso di andarci lo stesso, per sperimentare la tensione pre-olimpica e annusare odori strani.
Prendere un volo intercontinentale equivale, in sostanza, ad andare una notte in campeggio, in tenda, con un centinaio di sconosciuti. Nella stessa tenda, si capisce. Nemmeno il tempo di serrare le porte e ricevere le istruzioni minime per schiantarsi in un incidente aereo con il salvagente addosso, che i miei compagni di campeggio già si sono tolti scarpe, calze, vestiti e un pochino di dignità. Qualcuno addirittura indossa prontamente la tuta, le ciabatte e il pigiamino, forse un riflesso incondizionato di fronte a uno schermo e a una poltrona. Uno si taglia le unghie e un altro si deodora di continuo, trascurando il fatto di essere in una scatola pressurizzata. Grazie.
L'itinerario prevede almeno sette ore di Russia a undicimila metri di quota e novecento e passa chilometri all'ora. Anche così, la Russia non finisce mai. E pensare che almeno una volta al secolo c'è qualcuno che si convince di poterla conquistare a piedi e moschetto in mano. Da questo punto di vista, Revelli è quasi più chiaro e crudo di Rigoni Stern. Quasi alla fine della Russia, ma ne manca ancora, l'aereo vira a sud di novanta gradi, sorvola la Mongolia e il deserto del Gobi, un'enorme distesa di argilla segnata dalle piogge monsoniche di stagione, e si immette, alla fine, in un gigantesco banco di foschia umida permanente.
E' Pechino, d'estate.
Il mio è un ritorno dopo un sacco di anni, sono curioso e, insieme, un po' timoroso, allora fu sconvolgente, ora non so cosa aspettarmi. Per ora, posso dire che il menu sull'aereo è pressoché identico ad allora, forse manca un'oliva qua e là che, di questi tempi, significa qualche centinaio di milioni di dollari risparmiati.
Domani si comincia.

quindici

Genio imprenditoriale non italico.
Dissi qualche tempo fa della mia smisurata ammirazione per l'inventore della lavanderia automatica, più propriamente lavanderia self service.
Infatti, con un comodo gettone o poco più è possibile lavare i propri panni sporchi non troppo in pubblico, circondandosi anzi di complici con cui è molto facile solidarizzare, in nome della modica quantità di ammorbidente.
Non è necessario essere in viaggio, la lavanderia self service è una scelta civile anche da stanziali, una scelta collettiva e non individuale. E, poi, è irresistibile incrociare gli sguardi interrogativi degli extracomunitari, stupiti della presenza di un italiano con untume e bottiglione di detersivo.
Esiste un'evoluzione tecnica particolarmente interessante della lavanderia self service: la lavanderia con internet point annesso, una mia vecchia fissazione. Il tempo medio di un paio di mail e una scorsa ai titoli, o un post sul blog (ardita confessione), corrisponde perfettamente al tempo di un bucato e relativa asciugatura.
Da parte mia, non avendo una connessione casalinga, continuo a lavare e rilavare abiti e lenzuola, con uno spasmo mai visto prima. Merito della proficua accoppiata, frutto - e qui devo dirlo - non certo di italico genio, anzi, bensì di genio straniero trapiantato qui (come traspare velatamente dalla foto acclusa qui sopra). L'iddio delle belle idee benedica, ancora, l'immigrazione e le teste pensanti. Grazie. Che se stavo ad aspettare l'imprenditore locale, stavo fresco.

dieci

Senza suspans.
Alle 19 si vota il Ddl Camera 1442 - Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato:

Art. 1.
1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione.
2. L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.
3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili.
4. Si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale.
5. La sospensione opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura.
6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale. Quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.
8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Giusto per ricordarmelo.

otto

Il questionario.
Ancora sulle leggi razziali del 1938.
Poco dopo la legislazione antisemita varata dalla dittatura fascista, fu inviato un questionario a tutti i docenti universitari, affinché dichiarassero la loro appartenenza "razziale". Ne seguì l'allontanamento dalla cattedra di tutti i docenti ebrei, tra cui Fermi, Terracini, Momigliano, Pontecorvo, Fubini e molti altri, tutti eccellenti. L'unico intellettuale non ebreo che si rifiutò di compilare il questionario fu Benedetto Croce, che così rispose al presidente dell'Istituto Veneto di Scienze:
"Gentilissimo collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei dovuto rimandare prima del 20. In ogni caso, io non l'avrei riempito, preferendo di farmi escludere come supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha circa sessant'anni di attività letteraria e ha partecipato alla vita politica del suo paese, dove e quando esso sia nato e altre simili cose?".
Ora, si potrebbe obiettare che Croce godesse di una libertà non concessa ad altri, poiché il regime fascista "per costituirsi un alibi di fronte agli ambienti internazionali della cultura, consentì tacitamente a Croce una certa libertà di critica politica", come spiega Nicola Abbagnano. E che, dunque, Croce si sia avvalso di tale libertà. Inoltre, appare evidente che il fascismo ritenesse Croce un avversario poco pericoloso, poiché sostenitore della sconfitta della "malattia morale" fascista di fronte alla storia.
Ebbene? Avrebbe certamente potuto evitare di esporsi, avrebbe potuto compilare fuori tempo il questionario senza sollevare alcuna critica e continuare a insegnare senza difficoltà. Avrebbe potuto, lui, ricco e protetto dalla sua fama europea, stare comodo sulla sua seggiolona di filosofo e godersi i risultati di ciò che faceva. Non lo fece mai, per fortuna nostra, fin dal delitto Matteotti e dal Manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925 e fino alla fine della sua vita. Una vita coraggiosa, spesa in nome dell'idea che "la libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale".
La frase, più politica che filosofica, è sua.

sette

L'antimanifesto dell'antirazza.
grazie a mg.
"Le razze umane non esistono. L'esistenza delle razze umane è un'astrazione derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze "psicologiche" e interpretate sulla base di pregiudizi secolari".
In un periodo meno idiota questa proposizione e ciò che ne segue sarebbe un dato di fatto, condiviso e indiscusso. Così non è e tocca dirlo, scriverlo e sottoscriverlo, per far sapere che c'è chi la pensa in modo diverso, c'è chi difende la realtà e la biologia.
E c'è chi, io, non smette di ringraziare ogni giorno per l'immigrazione che, per fortuna, annacqua e confonde i nostri aspetti più deteriori e porta novità, fantasia e ricchezza nelle nostre anime desolate.
In occasione dell'anniversario della pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti, reso pubblico a San Rossore nel 1938, Claudio Martini, coraggioso presidente della Regione Toscana, ha chiesto a undici scienziati di scrivere il "Manifesto degli scienziati antirazzisti", alla faccia di quei mentecatti che nel 1938 furono chiamati "scienziati" e che scrissero scemenze come "Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani".
Come allora, pubblicamente ci si può esporre e sostenere il Manifesto, qui. Sono molto curioso di vedere se Giorgio Bocca, che firmò quello, firmerà anche questo. Io solo questo.

tre

I diari di FH.
Nel 1983, il settimanale tedesco Stern annunciò di essere entrato in possesso dei diari di Adolf Hitler e di essere intenzionato a pubblicarli. Il giornalista Gerd Heidemann li aveva acquistati, 10 milioni di marchi di allora, dal pittore Konrad Kujau, che li aveva recuperati a sua volta da un aereo precipitato vicino Dresda. Gran clamore, scoppiò un casino e, ovviamente, le analisi sofisticate e i riscontri interni chiarirono che i diari erano un bidone gigantesco. Un falso, a opera di Konrad Kujau, noto peraltro come falsario (anche a detta sua). Ma ci si misero in molti, accademici e non, a disquisire sulla cosa.
Di per sé, la cosa è grottesca, ridicola e potrebbe anche finire qui. Se non fosse che vedo oggi per la prima volta la copertina di Stern di allora, quella del grande annuncio. Eccola:
Osservandola, una domanda ingenua sorge spontanea: perché mai Adolf Hitler avrebbe dovuto monogrammare i suoi diari in copertina con la sigla "FH"? Führer Hitler? Fero Hitler?
Saggi, dotti, sapienti e puro genio germanico, sciapò al falsario, sebbene non di gran lega.
Niente a che vedere con l'intenso Eric Hebborn, di cui suggerisco l'autobiografia "Troppo bello per essere vero", Vicenza, Neri Pozza, 1994. Un genio, vero, ucciso vigliaccamente.

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