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A Stalingrado non passano e, nel suo piccolo, neanche nel b.site. In ogni caso, rimane sempre il piano B.

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la letteratura di trivigante:
la tenzone poetica pt. 1


trivigante 2006

trenta

Cinquecento euro a voto.
Per quella cifra, probabilmente avrebbe potuto chiedere i voti direttamente agli elettori...
I due mentecatti: Marzio Strassoldo, presidente della Provincia di Udine al secondo mandato (per la CDL), nonché improbabile docente universitario in "Contabilità economica nazionale", alla faccia, è l'acquirente; Italo Tavoschi,
ex vicesindaco di Udine, centrista, nonché ex rappresentante dell'Agenzia di informazione e accoglienza turistica di Udine per la giunta Illy, è il venditore.
La vicenda è uscita due giorni fa sul Messaggero Veneto: i due si trovano il 20 febbraio 2006, prima delle elezioni provinciali, e stringono un accordo, nel quale il venditore fornirà un congruo numero di voti all'acquirente e, in cambio, riceverà un incarico amministrativo in Provincia per un valore corrispondente di 210.000 euro spalmati su tre anni. I due, esempi di puro genio da scribacchini, non ravvedono alcun aspetto sconveniente nella cosa e sottoscrivono un accordo scritto, questo:
Le cose, poi, vanno così: l'acquirente viene eletto al primo turno e i voti ricevuti grazie al venditore risultano essere 420. Non moltissimi, ma l'accordo va onorato. Però il posto pare non esserci, e così l'acquirente tergiversa e prende tempo.
Il venditore si incazza e scrive anche una lettera all'acquirente, di questo tenore: "Egregio professor Strassoldo, ancora una volta non posso che esternare la mia delusione rimarcando la sua assoluta mancanza di parola (...) Dell’accordo sottoscritto il 20 febbraio 2006 (...) pare proprio non se ne voglia fare alcun carico, né morale né materiale (...)". Poi lo minaccia, in qualche modo: "Il passaggio successivo non potrà che essere la presentazione alla stampa dell’intera vicenda (...). Presidente Strassoldo, non ho nulla da perdere in questo momento e non mi spaventa per nulla rendere pubblica la delusione che con il suo comportamento ha fatto maturare in me giorno dopo giorno in questi mesi!". Carico morale? Rispetto di un accordo di voto di scambio? I commenti a dopo, ora viene la parte migliore. Il venditore, passato ancora un po' di tempo, passa ai fatti e, lui in persona, denuncia il mancato rispetto dell'accordo alla stampa. Ci avrebbe messo meno a mettersi il cappio al collo da solo.
La storia finisce sui giornali e, ovviamente, attorno ai due si crea il vuoto. Strassoldo e Tavoschi cadono dalle nuvole, stupiti dal clamore suscitato: "è uno di quei tanti accordi politici che si sottoscrivono in campagna elettorale. Solo che invece di chiedere un posto in giunta, per il quale Tavoschi, come singolo candidato, non aveva titolo, ha preteso un incarico dirigenziale". Nessun imbarazzo. Anzi, Strassoldo rincara: "in effetti l'accordo teneva conto del fatto che c'erano prospettive che si liberassero alcuni posti da dirigente. Ma subito, quelle opportunità sono state vanificate dalle norme della Finanziaria che ponevamo precisi paletti...". Come mi fanno notare al bar, evidentemente la colpa è di Prodi, a questo punto.
Ricapitolando: due rincretiniti senza la minima coscienza delle proprie azioni stringono un accordo che costituisce reato, nemmeno nascondendosi in un sottoscala buio o parlandosi in alfabeto farfallino, e pensano bene di metterlo nero su bianco. Poi il più debole tra i due, nonché il più cretino, lancia strali pubblici gridando alla disonestà del compare, che non rispetta gli accordi. Nessuno dei due prende in considerazione l'ipotesi di nascondersi sotto una pietra e vergognarsi peggio dei ladri. Segno dei tempi.
Io, per esempio, ho rapinato una banca ma, una volta fuori, i miei complici sono fuggiti con i soldi, lasciandomi a piedi. Sto meditando di denunciarli, eccheccazzo. Voglio quello che mi spetta.
Aggiornamento ore 17: leggo ora che Strassoldo ha detto che si dimetterà, anche se probabilmente non ne ha ancora capita la causa. Bene, è evidente che questo è successo poiché ha letto il bsite.
Altrimenti non si spiega.

ventisette

Ieri e oggi ce l'ho con lui.
Anche gli altri giorni, a dire il vero. Si potrebbe parlare della fondazione Bussolera-Branca, della castità prima abbracciata e poi abbandonata, si potrebbe parlare della discarica di Cerro Maggiore, dell'arresto della Bertani e dei funzionari della Regione, del tre mandati da presidente (mai vista una cosa così), si potrebbe raccontare dell’argine di Crotta d’Adda, piuttosto che della spesa sanitaria regionale o del Parco Sud, o ancora dello studio Chiara e Associati o di Giuseppe Poggi Longostrevi. Tanto per dire.
E invece no. Visto che queste son cose raccontate bene altrove e visto il mio livore, non me la prendo con lui ma con il suo papà: Emilio Formigoni.
Questo per segnalare che nel suo caso le colpe del padre ricadono su di lui, senza eccezione. Ho deciso.
Il signor Formigoni padre era, insieme, il segretario del Fascio e il Commissario Prefettizio di Missaglia, nonché comandante della Brigata Nera, sempre a Missaglia. Qualche episodio per cui fu processato, contumace, nel 1947: rappresaglia a Valaperta, sevizie inferte a Nazzaro Vitale, rastrellamento di Barzanò (con incendio di un cascinale e di un fienile), rastrellamento di Monte San Genesio, razzia di tessuti con tentata estorsione messa a segno dalle sue Brigate «in danno di Gaverbi Giuseppe a Casatenovo», arresti e torture nonché fucilazione di diversi partigiani e di molti civili senza processo o motivazione.
Sono solo alcune delle prodezze di Formigoni padre e dei suoi scherani.
Ricordato per la ferocia e il cinismo, diede il meglio nella rappresaglia a Valaperta, che qui racconto.
Il tutto cominciò con la morte di un militare della GNR, così come raccontato dal Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana di Como, il 17.11.1944: «Il 23 ottobre u.s. il milite scelto GAETANO CHIARELLI del distaccamento della GNR di Missaglia, mentre si recava per assumere informazioni su un renitente veniva ucciso da banditi a colpi di arma da fuoco». Scattò la rappresaglia da parte delle Brigate Nere, che arrivarono a Valaperta. (da diario) "I fascisti chiedono notizie del milite scomparso, ma nessuno risponde. Allora tirano fuori i lanciafiamme e le bombe a mano, e le lanciano nei fienili. Le cascine bruciano. Bruciano gli animali: le mucche, un mulo, i cavalli, i maiali. Sono legati nelle stalle, e agli abitanti non è stato concesso di portarli via. La signora che allora era una bimba ricorda che le donne furono obbligate ad allinearsi davanti all’incendio e a guardare e sentire le bestie che si struggevano nel fuoco: «Brucerete come loro! Queste bombe saranno per voi». La Gustìna si agita ancora adesso: «Io avevo quattro figli, quattro bagaj… madonna, i fascisti! Hanno rovesciato le damigiane di vino, hanno spaccato tutto. Volevo morire! Siamo scappati nel fango, a piedi nudi, e loro ci mitragliavano dietro. Ches chi sono i fascisti! Mi hanno bruciato anche la casa». Restano tutta la notte, le Brigate nere. Picchiano, minacciano, portano via la gente. Vorrebbero ammazzare la padrona dell’osteria, rea di aver ospitato i partigiani: la risparmiano solo perché è incinta. Al mattino trovano il cadavere del milite, che era stato nascosto sotto un gelso.(...) Altre violenze seguono il ritrovamento, e non è certo finita. Quelli di Valaperta diventano sorvegliati speciali, alle famiglie vengono tolte per tre mesi le tessere alimentari (...). Gli uomini restano nascosti nelle campagne circostanti, chi ha visto bruciare case e stalle – e sono molti – chiede asilo ai parenti".

Vengono catturati, tra gli altri, quattro partigiani, che vengono torturati e condannati senza processo.
"L’uccisione dei quattro partigiani viene fissata per il 2 gennaio, ma la devono rimandare di un giorno perché la ditta Vismara con il pretesto di un guasto si è rifiutata di fornire il camion che servirà al trasporto delle bare. Una relazione ufficiale, datata 22.11.1945, è firmata dal medico condotto di Valaperta, un omone grande e grosso, che prima di morire in un incidente stradale mentre andava in ospedale a trovare una paziente, ebbe modo di raccontare al figlio Luigi quella scena orribile con un partigiano a terra che gemeva e il fascista venuto a dargli il colpo di grazia: una scena tale da far gridare ai preti e al medico «Basta, non è mica un cane!»".
Il 26 aprile 1945, il signor Formigoni padre si era già dato, non lo si trovava. Venne processato in contumacia ma, dati i tempi, venne amnistiato e condannato solo come collaborazionista. Osceno.
Così come era scomparso, ricomparve. Abitò a Lecco, fece l’ingegnere all’Enel, si fece vedere pochissimo in giro. Uno studioso di storia locale di Valaperta, Angelo Galbusera, gli scrisse parecchie volte, senza mai avere risposta. Emilio Formigoni è morto il 6 febbraio 2000, a ben 98 anni. Che schifo.

ventisei

Paga somaro lombardo... a comunione e liberazione.
Meeting di CL 2007: con delibera numero 005195 la Regione Lombardia, Formigoni presidente, decide la partecipazione al Meeting per l’Amicizia fra i Popoli con un onere complessivo di euro 165.000 (Iva compresa). Con medesima delibera, la Regione Lombardia, Formigoni presidente, stanzia 15.000 euro per la pulizia dello stand stesso. Quindicimila euro per sette giorni di manifestazione. Ma che fanno, cacano nello stand tutti i giorni che-poi-bisogna-pulire? Con delibera numero 005213 la Regione Lombardia, Formigoni presidente, decide la partecipazione Meeting per l’Amicizia dei Popoli con uno stand gestito da ERSAF, che sarebbe l'Ente regionale per l'agricoltura e le foreste, per promuovere la conoscenza dei prodotti lombardi con un onere complessivo di euro 20.000 (Iva compresa). E sono 200.000 euro relativi al 2007. Inoltre, il gruppo FNM, sarebbe a dire le Ferrovie Nord Milano, totalmente controllato dalla Regione Lombardia, sponsorizza il sito internet del Meeting per l’Amicizia dei Popoli con banner e presentazioni delle attività del gruppo. Non è noto l'importo della contribuzione, nonostante sia un dato pubblico. Ciò nonostante, visto che la partecipazione si rinnova ogni anno, si calcola per difetto che i contributi della Regione Lombardia, Formigoni presidente, al meeting di CL siano stati, negli ultimi sette anni, superiori di un bel po' al milione di euro. Peraltro, potrebbero esservi altri contributi da parte della Regione, attualmente non noti. Siete contenti, leghisti rincoglioniti?
Ora: si sa, c'è la fila per sostenere CL e il meeting, inutile far finta di nulla. Basta guardare la pagina degli sponsor ufficiali: lo Stato (Enel, FS, Eni, Lotto, Finmeccanica, Sisal e chissà cos'altro), la Regione Emilia Romagna, la Coop (maporc!), Intesa Sanpaolo eccetera eccetera. Ma un conto è sponsorizzare, il che va a bilancio dritto dritto e si vede lontano un miglio, e un conto è far confluire fiumi di soldi anche via società partecipate con motivazioni varie e sorprendenti. Questo è il caso della Regione Lombardia.
Per fare un esempio lampante, uno solo, la Regione Lombardia, Formigoni presidente, ha nominato, fin dal primo mandato dell'attuale presidente, come consulente della Presidenza della Regione in tema di relazioni internazionali e problemi istituzionali il signor Robi Ronza, che "nel 1980 è tra i fondatori del Meeting di Rimini alla cui realizzazione partecipa da allora stabilmente come volontario; e in tale veste ne è portavoce dal 1990". Capito? Non è difficile, nemmeno, immaginare le motivazioni per cui la Regione Lombardia, Formigoni presidente, sostiene così vigorosamente CL, visti i trascorsi del capo.
I Verdi lombardi hanno presentato un'interrogazione al riguardo che sortirà pochi effetti, come sempre, dato che il presidente di una Regione, o governatore come piace chiamarlo ora, fa un po' - mi si perdoni la finezza - il cazzo che vuole. A noi, resta il titolo del meeting di quest'anno ("La verità è il destino per il quale siamo stati fatti") e un poco vago senso di nausea. Fanculo, son soldi miei, quelli.
Ora, poiché le mie possibilità di intervento nella cosa sono pari pressoché a zero, tanto meno quelle di riavere indietro i miei soldi dalle tasche dei ciellini-mercanti-nel-tempio, mi toglierò domani una soddisfazione, per ripicca personale, con post apposito.

diciannove

Una nuova forma per il re-censimento.
Il re-censimento di trivigante.it, l'ardito tentativo di "recensire tutte le cose del mondo, conosciute e sconosciute", "la catalogazione - con giudizio annesso - di tutto l'esistente e l'inesistente" ha trovato una sua nuova forma, meno autarchica e - come ha senso - più condivisa: un blog.
I vantaggi e le ragioni di questa scelta sono molteplici, a cominciare dalla possibilità di inserire commenti, oppure dal fatto che i re-censori sono molteplici e tutti autonomi e così via.
Il modo di arrivarci è sempre lo stesso, dalla pagina iniziale di trivigante.it, io stesso ci scrivo, però il re-censimento è ormai, definitivamente, cosa autonoma e procede da sé. Molto bene.
A questo proposito, qualora aveste velleità censorie, vi invito a farvi sentire, così che - consultato il Politburo di saggi indipendenti che presiede alla linea editoriale del re-censimento - verrete dotati di documenti falsi per postare i vostri sapidi pezzulli sulle cose del mondo.

quindici

Animette belle nei cessi pubblici.
Molière, che era spiritoso, diceva: "è il pubblico scandalo ad offendere: peccare in silenzio è non peccare affatto" e, pensando proprio ai grandi fustigatori di costumi in pubblico ma libertini nell'alcova, scrisse Il Tartufo, commedia meravigliosa che andrebbe riletta in questi tempi di falsi moralisti e ipocriti di prim'ordine, che sono spesso al riparo di un ruolo istituzionale o, magari insieme, sono difensori di una moralità pubblica esercitata in una comunità religiosa.
Ne è pieno il mondo e ne è piena la storia di bacchettoni, moralizzatori, storronatori pubblici che in privato esercitano virtù opposte: non c'è niente di male ad andare a puttane, in generale, di certo è meno raccomandabile se contemporaneamente, durante le ore di luce, si tengono predicozzi all'universo mondo in nome del decadimento dei costumi. Cosimo Mele, deputato Udc, crociato per la santità della famiglia e contro l'uso delle droghe del demonio, beccato con le mani a raccattare goduria tra cocaina e prostitute, è solo l'ultimo, miserabile e grottesco, caso.
Ma è un modesto esempio. Infatti, secondo l'italica abitudine di importare novità dagli Stati Uniti, dove tutto è più grande, tra i repubblicani nordamericani vi sono alcune figurette di tal genere che fanno sembrare Mele un chierichetto distratto cui sono cadute le ampolline mentre guardava la caviglia di una suora settantenne.
Sempre alla ricerca di nuovi nemici, trivigante sbobina una breve panoramica al riguardo:

 

Larry Craig: senatore repubblicano degli Stati Uniti, bacchettone della peggiore destra religiosa, rompipalle di prim'ordine verso gli omosessuali, a capo della Commissione Etica del Governo, mentre era in un cesso di Minneapolis ha ben pensato di abbordare il suo vicino di tazza, facendogli piedino e strusciandosi un po' sotto la parete divisoria. Siccome è ben sfigato, oppure statisticamente prima o poi doveva capitare, è incappato in un agente che stava lì proprio a prevenire gli atti osceni in luogo pubblico. Che mona.
Bob Allen: repubblicano, parlamentare della Florida, sostenitore della campagna elettorale del senatore McCain, aveva messo su un menino per impedire il matrimonio tra gay e per punire il sesso in luoghi pubblici quando, ohibò, è stato beccato mentre offriva venti dollari a un ragazzo di colore perché si lasciasse fare del sesso orale. Il ragazzo di colore, manco a dirlo, era un poliziotto. Ovvio. Il che ha suscitato l'ilarità generale, con il caso di Craig, e in parecchi si son chiesti: "ci sono ancora politici repubblicani che non abbordino uomini nei bagni pubblici?".
Sì, ci sono.
David Vitter: senatore repubblicano della Louisiana, noto omofobo e frequentatore della Christian Coalition, gruppone integralista terrificante, la cui idea di fondo, non sto scherzando, è che esista una congiura internazionale per stabilire un ordine mondiale sotto la guida di Lucifero. Vitter ama la tradizione e le cose di una volta: infatti, parecchie prostitute di New Orleans lo consideravano di casa, come hanno dichiarato ai giornali. E ne ricordano, con piacere?, le simpatiche abitudini coprofaghe. Un fatto inedito, un senatore che mangia la merda, mica male.
Le battute si sprecano.
Mark Foley: ex-senatore repubblicano della Florida, sostenitore dell'astinenza sessuale, crociatone contro gli abusi nei confronti dei minori e in favore dei valori americani, si è dimesso nel 2006 perché coinvolto nel cosiddetto "Scandalo dei Paggi". Il pistolone qui a destra ha molestato sessualmente alcuni giovani borsisti del Parlamento, tutti minori. Io mi chiedo: ma perché hanno stagisti di sedici anni nel Parlamento degli Stati Uniti? Boh, magari Foley ha un commercialista di tredici anni e un addetto stampa di otto, chissà. A sua giustificazione (ih ih!), ha detto pubblicamente di essere stato violentato, da bambino, da un pastore. Immagino pastore protestante, non pastore con le greggi. Comunque, mona pure lui.
Ted Haggard: reverendo, ex-grande capo della National Association of Evangelicals, una bazzeccoletta da 30 milioni di aderenti, esagitato contro gli omosessuali, contro l'aborto, era uso tenere conferenze ristrette allo staff del Presidente Bush su come "promuovere la fede in America". Bene, è stato denunciato da un uomo che da tre anni veniva pagato da Haggard per ogni tipo di prestazione sessuale, testualmente: "Mi sono sentito offeso perché in pubblico affermava una cosa e poi dietro le quinte faceva sesso con me". Prostituzione e omosessualità, quindi, per il custode della virtù cristiana. Che facciadimmerda.


Sono solo cinque, ché la solfa è sempre quella. Più sono integralisti e dediti a raddrizzare i costumi altrui e più la caduta fa rumore, chiaro. Che nostalgia per le persone coerenti, i puttanieri tout court, i frequentatori di lupanari che hanno la decenza, apprezzabilissima, di non tenere lezioni a nessuno su come si sta al mondo, ognun per sé. Mele può andare dove gli pare e fare quello che gli pare, basta che non rompa i cabasisi al prossimo, noi, su cosa è giusto e cosa no, pontificando dal balcone di un albergo di via Veneto. Grazie, ve ne saremmo molto grati.

quattordici

Il senso della famiglia (o delle colpe dei nipoti).
La sua speranza, tra le altre, era che i suoi figli non sarebbero più stati giudicati per il colore della pelle. Tutti e quattro. E' passato del tempo e la speranza di Martin Luther King ancora non si è avverata, non del tutto, per gli afro-americani. Poiché, ovvio, il colore della pelle non è un buon metro di giudizio, converrà - oggi - valutare i quattro figli di MLK per quello che hanno fatto o stanno facendo.
Il primo, Martin Luther King III, conduce una battaglia in direzione di quella di suo padre contro la povertà e la disuguaglianza, con la sua organizzazione Realizing the Dream. Il secondo, Dexter Scott King, è un regista e si è impegnato nella ricerca degli assassini di suo padre, arrivando a farne il nome, un poliziotto. La terza, Yolanda Denise King, è stata attrice e attivista per i diritti civili ed è morta qualche mese fa. L'ultima, Bernice Albertine King, è - come si dice? - reverenda, scrive gran sermoni e ha partecipato a una marcia contro i matrimoni omosessuali. Il che è un filino in contrasto con la storia della sua famiglia.
Solo un filino, c'è chi ha fatto di peggio. Alveda King, figlia del fratello di MLK, è una militante di Democrats for Life contro i diritti degli omosessuali e anti-abortista; contrariamente all'organizzazione in cui milita, sostiene con forza Sam Brownback, che è il più conservatore tra i candidati repubblicani alla Presidenza degli Stati Uniti. Il tizio in questione ha le posizioni più retrive che si possano immaginare, a cominciare da una certa allergia agli omosessuali e, ovviamente, una ferrea convinzione nella teoria del disegno intelligente (Darwin kill kill!) e ne sostiene l'insegnamento nelle scuole. Tizio molto pericoloso.
Alveda King, ovviamente, per il solo fatto di essere la nipote di MLK, non è tenuta a essere una sincera democratica, né ad amare i propri simili fricchettoni, né a sostenere candidati pacifisti alla carica di Presidente. Certo che no. Fatto è, però, che giudicare una persona dalle preferenze sessuali non è molto differente dal giudicarla dal colore della pelle. MLK non ne sarebbe contento, credo.
Ma se le colpe o i meriti dei genitori non ricadono sui figli (o nipoti), è ancora più improbabile il percorso inverso, da nipote a zio. Va bene, però, a questo punto, sono IO a non appoggiare Alveda King.
Quindi, dal basso della mia bontà, via libera ad Alveda King, in nome della tolleranza seppur con parecchie riserve, sperando - piuttosto - che il superminchione Sam Brownback non vinca le primarie e poi le elezioni vere e proprie. Sciagura grande.

Lasino in prima pagina.
Lasino, che trovate sempre qui a sinistra (cfr. anche bsite 24 agosto 2007), in questi giorni sta vagolando per la Toscana, sempre più a sud. L'altra sera è incappato in Punto Informatico, ha fatto qualche chiacchiera interessante ed è finito in prima pagina. Ecco l'intervista completa.
Trattandosi di un portale informatico, è ovvio che hanno discusso di nuove tecnologie; la risposta de Lasino, la migliore di questa intervista, è da incorniciare: "
in fondo le uso solo per lasciare una traccia del mio passaggio, una memoria comune nella quale l'asina è il "motore di ricerca" e comun denominatore".
Bel colpo, disincantato e poetico allo stesso tempo.
Questo viaggio, tra le altre cose, ridefinisce le esigenze primarie del viaggiatore: "
siamo animali da fatica e nel viaggio cerchiamo, e accettiamo di buon grado: cibo, elettricità, acqua, un po' d'erba dove riposare e una connessione internet. Abbiamo solo le necessità primarie da soddisfare". Questione di tempo e Lasino troverà un modo per autoprodursi l'elettricità. Sicuro. Il resto serve a socializzare.
rassegnina:
http://bertolauro.blogs.it/?tag=asino+contromano
http://ilpigher.blogspot.com/2007/09/diario-di-un-asino.html
http://ilpigher.blogspot.com/2007/09/pi-veloce-di-punto-informatico.html
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2064363
http://punto-informatico.it/b.aspx?i=2064363#posts
http://quartovuoto.blogspot.com/search/label/lasino

tredici

Stasera? Buffé e risciò.
Sono stati illustrati da Visco alcune settimane fa i risultati degli studi di settore del SOSE relativi alle denunce dei redditi 2005. Senza entrare nel merito, visto che sono disponibili e che i risultati complessivi sono, vergognosamente, noti a tutti (Visco: "è evidente che c'è una robustissima evasione"), mi interessa sbrodolare qualche dato esemplificativo, giusto per identificare qualche categoria di persone particolarmente furbe cui dovrebbe essere impedito di utilizzare le strade, i mezzi pubblici, gli ospedali, i servizi di qualunque tipo. Per esempio, sono moltissimi i commercianti che gonfiano i dati sulle proprie scorte per diminuire le imposte: i tempi medi di ricambio dei prodotti in dispensa delle imprese alimentari non congrue, secondo il Fisco, sono da 362 a 871 giorni. In caso di un salumiere, per dire, roba da morire di intossicazione alimentare. Analogamente, molte imprese scontano l'acquisto di beni strumentali all'attività ma non ne dichiarano, poi, il possesso (più di centomila, secondo l'Agenzia delle Entrate).
Risultato, tanto per citare:
- 130 tassisti non possiedono un taxi;
- 3.129 ristoranti non possiedono cucina o tavoli;
- 480 farmacie non hanno scaffali.

Complimenti, davvero. Il 35,2% dei professionisti (231.369) dichiara un reddito imponibile medio di 23.600 euri, il che - oltre a essere incongruo per gli studi di settore - è fuori da ogni ragionevolezza. Ammettendo che ve ne siano pure alcuni che guadagnano realmente quelle cifre, il reddito medio dei professionisti in regola è di 59.300 euro, più del doppio, il che dovrebbe dar da pensare a quel 35% sull'opportunità di proseguire in quel campo lavorativo.
I proprietari di istituti di bellezza, porelli, dichiarano in media 15.400 euro di reddito imponibile. All'anno, non al mese.
Siamo alla paralisi dell'estetica, chi va dicendo che aumentano le cure personali? Tutti brutti.

undici

Ancora un undici settembre.
Anche quest'anno dedico questo giorno a Victor Jara, catturato e rinchiuso nello stadio di Santiago del Cile l'11 settembre 1973, torturato, insultato, sbeffeggiato, le unghie strappate, le mani spezzate e, il 16 settembre, ucciso da vigliacchi che avevano paura anche della musica.
Questa Washington Bullets è, ovviamente, per lui:
 

Oh! Mama, Mama look there!
Your children are playing in that street again
Don't you know what happened down there?
A youth of fourteen got shot down there
The Kokane guns of Jamdown Town
The killing clowns, the blood money men
Are shooting those Washington bullets again

As every cell in Chile will tell
The cries of the tortured men
Remember Allende, and the days before,
Before the army came
Please remember Victor Jara,
In the Santiago Stadium,
Es verdad - those Washington Bullets again


And in the Bay of Pigs in 1961,
Havana fought the playboy in the Cuban sun,
For Castro is a colour,
Is a redder than red,
Those Washington bullets want Castro dead
For Castro is the colour...
...That will earn you a spray of lead

For the very first time ever,
When they had a revolution in Nicaragua,
There was no interference from America
Human rights in America

Well the people fought the leader,
And up he flew...
With no Washington bullets what else could he do?

'N' if you can find a Afghan rebel
That the Moscow bullets missed
Ask him what he thinks of voting Communist...
...Ask the Dalai Lama in the hills of Tibet,
How many monks did the Chinese get?
In a war-torn swamp stop any mercenary,
'N' check the British bullets in his armoury
Que?
Sandinista!


(The Clash, Sandinista!, 1980).

dieci

Omissioni parallele: Renato Biagetti.
Lo scorso 20 luglio si è tenuta l'udienza per la morte di Renato Biagetti. Ne avevo parlato qualche mese fa (cfr. b.site 8 giugno 2007): Renato, il 27 agosto 2006 sulla spiaggia di Focene, vicino a Fiumicino, viene ucciso a coltellate appena uscito da un concerto reggae organizzato da una cooperativa sociale attiva a sinistra. E cominciano subito le omissioni: sparisce il verbale con le dichiarazioni di Renato, rilasciate poco prima di morire; il principale sospettato, Vittorio Emiliani, croce celtica tatuata sul braccio, è figlio di un carabiniere del nucleo cui vengono affidate le indagini sull'omicidio; i carabinieri hanno poi deposto, dopo le ripetute e costanti pressioni della famiglia Biagetti, un’integrazione agli atti basata sulla memoria confusa e lacunosa di un carabiniere di Ponte Galeria; l'avvocato della famiglia ha presentato un'interrogazione al Ministro Mastella, le cui risposte sono state "evasive e inconcludenti"; le indagini preliminari, rispetto alla ricerca delle armi del delitto, due coltelli, sono state di una leggerezza imbarazzante, tant'è che ne è stato ritrovato solo uno, grazie alle indicazioni dell'imputato. Ma gli imputati sono due, di cui uno minorenne al tempo dell'aggressione. I tentativi di far passare il caso di Renato come una rissa tra facinorosi sono stati molteplici e solo l'attenzione e la tenacia della famiglia è riuscita a far valere i fatti: "quella di Focene non è stata una rissa tra balordi, ma un’aggressione, un omicidio commesso da due fascistelli, giovanissimi ma cresciuti in fretta in un clima dalla lama facile fatto di intolleranza, odio e razzismo". Vittorio Emiliani è stato condannato a quindici anni per omicidio volontario, l'altro ragazzo, G.A., mandato a "reinserirsi" proprio in quel contesto che ha generato l'omicidio, visto che vive a Focene.
Giungere al processo è stato un percorso difficilissimo, comprese le incertezze del sindaco Veltroni nel costituirsi parte civile e il rifiuto, netto, da parte dell'ANPI di costituirsi parte offesa nel processo. La storia di tutta la vicenda la trovate nel blog dedicato a Renato. La madre di Renato commenta: "Ho l'impressione che io come madre debba trovare tutti i cavilli per cercare la verità come se non fossi la parte lesa. Molte cose non sono state fatte dalle istituzioni nei tempi giusti". Il che pare una costante, quando nelle vicende processuali sono coinvolte le forze dell'ordine. Constatazione che rimanda direttamente almeno a un altro caso recente, Federico Aldrovandi (per non parlare di Carlo Giuliani).

Omissioni parallele: Federico Aldrovandi.
In misura maggiore che nel caso Biagetti, il coinvolgimento delle forze dell'ordine nel caso di Federico Aldrovandi è incredibile, agghiacciante. E, allo stesso modo, sono imbarazzanti le omissioni e i depistaggi operati dalle forze dell'ordine stesse. Anche in questo caso, soltanto la forza e la costanza della famiglia Aldrovandi ha permesso di ricostruire plausibilmente la vicenda, cioè che il ragazzo fu massacrato di botte da quattro poliziotti, Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani, Luca Pollastri, il più vecchio dei quali ha quarantacinque anni (i "ragazzi"), ora rinviati a giudizio dopo ben 633 giorni di false testimonianze e intimidazioni.
Leggendo tutta la storia sul blog della famiglia e su quello del comitato si può provare solo vergogna: per citare alcune vicende, il tabulato con le chiamate al 113 che salta fuori solo nel maggio scorso, il verbale degli interventi della polizia corretto e modificato a mano, l'intimidazione di tutti gli abitanti della via di Ferrara in cui Aldrovandi fu massacrato, le perizie di parte che lo descrivevano come un tossicodipendente, le continue attestazioni di stima per i quattro poliziotti da parte di Questura e Procura ("è stata una disgrazia, una vicenda penosissima, era in stato di esagitazione"), il silenzio delle isituzioni, i testimoni che spariscono e ritrattano le deposizioni, due manganelli rotti a forza di botte, le indagini affidate dal pm proprio alla polizia. La storia è nota fin dal gennaio 2006 grazie alla madre di Federico, che aprì un blog per cercare aiuto e tenere alta l'attenzione sul caso del figlio.
L'unica testimone che non ha ritrattato la sua deposizione è una signora camerunense, che evidentemente aveva solo da perdere lasciandosi coinvolgere in questo caso. Ma non si è tirata indietro, a differenza di tanti ferraresi. Onore a lei.
Il padre di Federico racconta così l'incontro con l'allora ministro Giovanardi, al termine di una trasmissione su suo figlio: "In quel momento è uscito il sig. Giovanardi e tu Federico mi hai accompagnato verso di lui e tutta la mia rabbia stranamente è scomparsa tanto che la considerazione, semplice, semplice che gli ho esposto è stata: “sono deluso sig. Ministro (anche se ora non lo è più), io difendo le istituzioni e lei addirittura si permette di dare dell’eroinomane a un ragazzino che non può più difendersi. Prima di parlare si informi. Lei è rimasto alla prima versione delle persone che componevano quella questura”.
La sua risposta (continuando a ribadire quanto aveva affermato in trasmissione): “io non ho fatto altro che riportare quanto affermato dalla Questura e non posso pensare diversamente
”.
Consiglio di guardare quest'intervista ai genitori, persone coraggiose e civili, che da soli si devono portare il peso di lottare contro uno Stato che difende sé stesso invece che due brave e dignitosissime persone.

Omissioni parallele: Davide Cesare.
Il 16 marzo 2003, Davide Cesare, Dax, viene aggredito all'uscita di un bar in via Brioschi a Milano. Viene ucciso con 23 coltellate da tre membri della famiglia Morbi, i due fratelli Federico (28 anni), Mattia (17 anni) e il padre Giorgio (54 anni), noti neofascisti. La storia è tristemente nota e, anche in questo caso, la condotta delle forze dell'ordine risulta essere inqualificabile e vergognoso. Prima il ritardo nei soccorsi; poi, sul luogo del delitto arrivano per prime numerose pattuglie di polizia e carabinieri, che ostacolano palesemente l'arrivo del personale medico. Davide giunge cadavere all'ospedale.
E' lì, all'ospedale San Paolo, che la polizia carica brutalmente gli amici e i familiari di Davide, con una brutalità che finirà col coinvolgere anche personale di assistenza medica e pazienti dell’ospedale: il pronto soccorso deve cessare il servizio fino alle sette del mattino seguente e molti pazienti devono essere trasferiti in altre strutture. Una testimonianza diretta: "Una caccia all'uomo all'interno e all'esterno dell'ospedale, sotto gli occhi del personale medico-sanitario che coraggiosamente in più occasioni si è messo in mezzo e ha difeso la gente dalle forze dell'ordine. Questi i fatti, tralasciando gli insulti che ci gridavano ("comunisti di merda", "puttana", "vi ammazziamo tutti" e cose del genere)".
Ecco il video.
All'inizio l'omicidio viene catalogato come il "degenerare di una rissa tra balordi", poi come legittima difesa e, infine, come tentativo di proteggere il proprio cane dall'attacco dei tre antifascisti; la reazione delle forze dell'ordine al San Paolo è giustificata così dal questore di Milano: "l'intervento è stato necessario, per evitare che la salma venisse trafugata...".
Non sono pochi i giornali che danno rilevanza a queste versioni, compreso il Corriere della Sera.
Grazie alle testimonianze dei giovani, dei medici e dei pazienti presenti, oltre che a quella di un videoamatore che ha registrato l'accaduto, si è fatta luce sull'accaduto e a smentire questa prima versione dei fatti. I Morbi sono stati poi condannati, la vicenda dell'aggressione all'ospedale San Paolo è ancora aperta. Il murale che lo ricordava alla Darsena, a Milano, è stato cancellato qualche giorno fa.

sei

Il mistero dell'epigrafe di Bologna - leggenda metropolitana o soluzione all'enigma?
Gm, che è persona saggia e coglie i collegamenti, in merito al mistero misterioso dell'epigrafe di Bologna (b.site di ieri), propone un'affascinante nonché plausibile soluzione all'enigma dei tre versi finali (hac est sepulchrum intus cadaver non habens / hoc est cadaver sepulchrum extra non habens / sed cadaver idem est sepulchrum sibi):

"A forza di viaggiare in treno mi capitava di sentirne di tutti i colori.
Una volta ho sentito raccontare di un artista (
privato) che viveva sul (privato). Una amica di sua moglie (la persona che ha raccontato il fatto diceva di essere lei) un bel giorno va in visita in casa dell'artista. Le due signore chiacchierano un po' e poi l'amica chiede alla moglie dell'artista dove fosse il marito. La moglie indica un bel vaso di terracotta in salotto.
Il marito, si sapeva, era da tempo malato con problemi di salute. Dopo le condoglianze e le frasi di circostanza la constatazione: allora si e' fatto cremare?
Risposta: sì, però .....
L'artista aveva disegnato lui stesso il vaso, forma e decorazioni, poi aveva dato disposizione di essere cremato, e che le sue ceneri, impastate al materiale per fare il vaso, fossero adoperate per costruire un vaso come dal suo disegno.
La salma a sé stessa sepolcro....
"

Bella, mi piace. Chiaro che, nel caso dell'epigrafe, escludendo probabilmente che la lapide sia di terracotta impastata con le ceneri della fantomatica Elia Lelia Crispi o di un cavaliere Gaudente, a noi continuano a mancare dei pezzi della soluzione. O, meglio: i tre versi finali sono più antichi e non mi stupirei se in origine si trovassero su un'urna o cosa del genere. L'epigrafe è stata composta, poi, sullo schema dei versi di Agatia lo Scolastico, che avevano offerto un'occasione di cimentarsi in una prova stilistica tra compagnoni di merende.
La mia spiegazione personale a questi tre versi, illuminato dalla dritta di gm, è questa: i tre versi si trovavano stampati su una maglietta portata da un tizio morto che si era mangiato un'altro tizio. Una salma che è sepolcro di una salma che non è contenuta in un sepolcro ma in una salma che non è sepolcro. Credo.

cinque

Bologna capace d'amore capace di morte.
E' l'ora del sapido aneddoto. Lo so, lo so, bramavo anch'io questo momento, non posso resistere... ehi, dove andate? Vabbuò, per chi è rimasto e ha del buon tempo, va ora in scena minima il mistero dell'epigrafe di Bologna, parecchio noto. Il luogo è il Museo Civico Medievale di Bologna a Palazzo Ghisilardi, il periodo è il secolo XVI, l'oggetto è un'epigrafe che riporta un celebre epitaffio funebre dedicato dal misterioso Lucio Agatone Prisco all'altrettanto misteriosa Elia Lelia Crispi. Qualche dato certo: l'epigrafe si trovava nel complesso di Santa Maria di Casaralta, dintorni di Bologna; sappiamo che ne fu tagliata una parte, in fondo; è citata da numerosi scrittori e sapienti, tra cui Walter Scott e Gustav Jung; fu commissionata dal Gran Maestro dei Cavalieri Gaudenti Achille Volta prima del 1567. E queste le informazioni note. Il fatto che rende interessante questa epigrafe è il testo. Eccolo:
 

D. M.
AELIA LAELIA CRISPIS
nec vir nec mulier nec androgyna
nec puella nec iuvenis nec anus
nec casta nec meretrix nec pudica
sed omnia
sublata
neque fame neque ferro neque veneno
sed omnibus
nec coelo nec aquis nec terris
sed ubique iacet
LUCIUS AGATHO PRISCIUS
nec maritus nec amator nec necessarius
neque moerens neque gaudens neque flens
hanc
nec molem nec pyramidem nec sepulchrum
sed omnia
scit et nescit cui posuerit

Agli Dei Mani
Aelia Laelia Crispis
né uomo, né donna, né androgino,
né fanciulla, né giovane, né vecchia,
né casta, né meretrice, né pudica,
ma tutto questo insieme;
uccisa
né dalla fame né dalla spada né dal veleno
ma da tutto questo insieme;
né in cielo, né nelle acque, né sulle terre
ma ovunque giace
Lucio Agatone Prisco
né marito, né amante, né parente
né triste, né allegro, né piangente
questa
né mole, né piramide, né sepolcro
ma tutto questo insieme
sa e non sa a chi è dedicata.


Un bel mistero, eh? La cosa si infittisce se si considerano i tre versi finali che furono tagliati dall'epigrafe:
 

hac est sepulchrum intus cadaver non habens
hoc est cadaver sepulchrum extra non habens
sed cadaver idem est sepulchrum sibi

Questo è un sepolcro che non contiene salma
questa è una salma che non è contenuta da un sepolcro
ma la salma stessa è a sé sepolcro


Alcuni studiosi hanno dimostrato che questi ultimi tre versi sono un epigramma attribuito all'autore greco del VI secolo Agatia lo Scolastico, tradotto in latino prima da Ausonio e poi da Poliziano.
Raffinato gioco stilistico o enigma esoterico nascosto? La formula della pietra filosofale celata sotto un arcano oppure epitaffio a indovinello ben riuscito? Mistero, mistero, come dicevo. L'artificio retorico, però, è interessante, cioè la successione di termini e la negazione contestuale di ogni termine precedente.
Il fatto che questi stessi versi compaiano in altre località (nel Palazzo San Bonifacio a Padova, nel castello dei Principi di Condè a Chantilly, in una lapide conservata al museo di Beauvais) porterebbe evidentemente a escludere la sua natura di epitaffio funebre. Il condizionale è ancora d'obbligo, perché il mistero non è per nulla risolto. Né per la parte né per il tutto. Fecero anche un convegnone sul mistero.
In conclusione, eccola, lei, l'epigrafe, la protagonista:

Secondo me, da ignorantone, è un gioco stilistico, una bizzarria da dotta accademia, non vorremo certo prendere sul serio una cosa commissionata dal Gran Maestro dei Cavalieri Gaudenti, nevvero? Tutt'al più un indovinellone, questo sì, probabilmente irrisolvibile per chiunque altro al di fuori dell'autore e qualche amico giocondo che dell'accademia ne faceva uno sport. Interessante, comunque, farci una ridicola pensata.

quattro

Accanimento contra personam. Un altro bel ritratto.
Oggi me la prendo con Pietro Ciucci, che sarebbe il tizio qui a destra, con lo scopo, come sempre, di allargare la meravigliosa galleria di ritratti dei professionisti della poltrona e che danno penose dimostrazioni di sé.
Via con le noterelle biografiche: entra nel 1969 in Autostrade spa, della quale dal 1985 diventa direttore centrale Finanza e poco dopo condirettore generale responsabile per l'area amministrazione, finanza, pianificazione e budget. Nel 1987 lascia Autostrade per approdare all'IRI, dove fa il condirettore centrale della direzione finanza. Condirettore centrale mi ispira qualche smorfia, pazzesco, la solita abitudine borbonica di inventarsi titoli e qualifiche del cavolo. Boiardo di Stato. Nel 1993 viene nominato direttore centrale finanza. E nel 1996 diventa direttore generale.
Fin qui, è direttore generale dell'IRI. Che succede a questo punto? Viene nominato, dal giugno 2000 al novembre 2002, componente del Collegio dei liquidatori dell'IRI. Che, per capirci, sono quelli che hanno gestito il piano di risanamento economico e finanziario dell'IRI. In soldoni, la cessione ai privati di tutte le principali aziende del gruppo: dall'alimentare della Sme alle grandi banche come Comit e Credito Italiano, dalle finanziarie come la Stet o Finmeccanica, all'acciaio, all'ingegneria, alle costruzioni.
La cosa interessante è che non ha di certo sentito il bisogno di dimettersi dalla carica di direttore generale, certo che no. Se no, non starebbe in questa galleria di ignominiosi.
Nel 2002 termina la sua nomina come liquidatore e che fa? Viene nominato Amministratore Delegato della Società Stretto di Messina. Ponte sullo stretto, capito? "La più straordinaria opera di ingegneria civile di tutti i tempi, seconda come impresa all'andata sulla Luna", come sostiene Antonino Calarco, ovviamente onorevole e presidente onorario Stretto di Messina S.p.A. Onorario di che? Qui un'interessante intervista a Ciucci e Calarco, report. Siamo in zona pericolosissima, non si diventa amministratore delegato di una società del genere se non si è immersi fino al collo nel barile dell'amicizia e protezione politica.
Siccome nel 2006 si scopre che il Ponte non si fa, visto che vince Prodi (o, almeno, non si fa per ora), Ciucci prende il volo e vualà, il 20 luglio 2006 eccolo diventare (tenersi forte!) Presidente dell'ANAS. Parola di Cesare Salvi, la poltrona vale un milione e mezzo di euro l'anno. Non il massimo ma buono lo stesso.
Prima di passare in rassegna il suo primo nonché attualmente ultimo atto da presidente, mantengo la promessa iniziale e cadauno qualche poltroncina occupata dall'odioso Ciucci: consigliere di amministrazione di Altalia e di RAI Holding. Poi, è stato presidente della COFIRI, vice presidente della Banca di Roma, nonché consigliere di amministrazione dell'ABI, della Banca Commerciale Italiana, del Credito Italiano, della STET, di Aeroporti di Roma, di Finmeccanica, della SME. E poi membro della giunta confederale di Confindustria. Non credo siano tutte le cariche, per me sono abbastanza.
Ah, dimenticavo, infine: con D.P.R. 2 giugno 2002 è stato insignito dell’Onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana. Mi viene da vomitare, attenuerò vagamente la sensazione di nausea rivolgendo a Ciucci un soave epiteto appropriato da cui non posso esimermi: fanculo.
Oh, va un poco meglio.
E ora, Ciucci in azione: ha appena presentato al Parlamento il piano finanziario dell'ANAS e, siccome gli era stato chiesto di farlo sul lungo periodo, l'ha preparato così: "Piano economico finanziario 2007-2052". Testuale, 2052 davvero, quarantacinque anni di previsioni in 210 pagine. O uno è completamente scemo oppure è un genio dello scherzo e della battuta surreale. Non sembra il tipo, Ciucci, da ottime battute.
La commissione parlamentare rileva che "per quanto riguarda il conto economico, l'analisi dei ricavi e dei costi mostra: un periodo iniziale (2007-2011) caratterizzato da volumi ridotti di costi e di ricavi (la maggior parte dei quali deriva dai canoni di disponibilità e dal sovrapprezzo pedaggi); un periodo intermedio (approssimativamente 2012-2035) nel quale assumono una rilevanza preponderante le voci di costo e di ricavo collegate all'aumento della rete stradale e al subentro nelle sei concessioni in scadenza; un periodo finale (approssimativamente 2036-2052), che presenta una struttura dei ricavi sostanzialmente inalterata, e, per quanto riguarda i costi, un deciso trend decrescente degli oneri finanziari per la progressiva estinzione dei prestiti contratti con il sistema bancario", qui. Si prendono tutti sul serio, ANAS e Parlamento, nonostante per allora saranno, probabilmente, tutti belli che saponificati.
Ridicoli.

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