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sbrodolata finto-casuale di b.cose.
A Stalingrado non passano e, nel suo piccolo, neanche nel b.site. In ogni caso, rimane sempre il piano B.

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trivigante 2006

trenta

Modi di dire
Modificare i modi di dire e i proverbi è uno dei giochi di parole improvvisati più divertenti. Qualche anno fa un mio amico coniò il magnifico "tutto il mondo è palese", superato però in grandezza da questo: citando il famoso "partire è morire un poco" (dalla Chanson de l'Adieu di Edmond Haraucourt), Maurice Chevalier buttò lì la meravigliosa "morire è partire un po' troppo". Sciapò. Meno bella ma piuttosto efficace, poco prima del 1992 e dell'unificazione europea, gli scettici erano soliti dire: "il sonno della ragione genera Maastricht". Non c'entra niente con i giochi di parole volontari, ma mi raccontano come vera di un inglese che volendo ordinare due tazze di cappuccino (capootchino), chiese: "two cups of chino".
Infine, un palindromo che ho scovato oggi, relativo alle istruzioni per il lavaggio di una camicetta un anno dopo l'acquisto: "ad un anno dalla data va lavata dalla donna nuda".
Vabbuò, ognuno si diverte come può, no?

venticinque

La "Taxa camarae" o delle indulgenze.
Giovanni de' Medici, papa Leone X dal 1513, avrebbe pubblicato nel 1517, secondo molti storici, un documento pontificio intitolato Taxa camarae, più propriamente un elenco tariffario per la vendita delle indulgenze: per ogni tipo di delitto, una somma da versare all'arca papale per ottenere l'assoluzione.
Va detto, per completezza, che la veridicità del documento è ancora da dimostrare del tutto (ecco il perché del condizionale, qui le valutazioni dello studioso che l'ha pubblicato); fatto sta che non è in discussione la verosimiglianza del testo, simile in tutto e per tutto ad analoghi elenchi del tempo, ragione per cui è un buon esempio di prezziario delle indulgenze, molto interessante.
Riporto i trentacinque articoli come editi in Pepe Rodriguez, Verità e menzogne della Chiesa cattolica, Editori Riuniti, 1998, pp. 263-66:

1. Un ecclesiastico che incorresse in peccato carnale, sia con suore, sia con cugine, nipoti o figliocce, sia, infine, con un’altra qualsiasi donna, sarà assolto, mediante il pagamento di 67 libbre, 12 soldi.
2. Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi.
3. Il sacerdote che deflorasse una vergine, pagherà 2 libbre, 8 soldi.
4. La religiosa che ambisse la dignità di abbadessa dopo essersi data a uno o più uomini simultaneamente o successivamente, all’interno o fuori del convento, pagherà 131 libbre, 15 soldi.
5. I sacerdoti che volessero vivere in concubinato con i loro parenti, pagheranno 76 libbre, 1 soldo.
6. Per ogni peccato di lussuria commesso da un laico, l’assoluzione costerà 27 libbre, 1 soldo; per gli incesti si aggiungerà a coscienza 4 libbre.
7. La donna adultera che chieda l’assoluzione per restare libera da ogni processo e avere ampie dispense per proseguire i propri i rapporti illeciti, pagherà al Papa 87 libbre, 3 soldi. In un caso analogo, il marito pagherà uguale somma; se avessero commesso incesto con i propri figli aggiungeranno a coscienza 6 libbre.
8. L’assoluzione e la sicurezza di non essere perseguiti per i crimini di rapina, furto o incendio, costerà ai colpevoli 131 libbre, 7 soldi.
9. Un’assoluzione dell’assassinio semplice commesso sulla persona di un laico si stabilisce in 15 libbre, 4 soldi, 3 denari.
10. Se l’assassino avesse dato la morte a due o più uomini in uno stesso giorno, pagherà come se ne avesse assassinato uno solo.
11. Il marito che infliggesse maltrattamenti a sua moglie, pagherà alle casse della cancelleria 3 libbre, 4 soldi; se fosse uccisa, pagherà 17 libbre, 15 soldi, e se le avesse dato morte per sposarsi con un’altra, pagherà, inoltre, 32 libbre, 9 soldi. Coloro che avessero aiutato il marito a perpetrare il crimine saranno assolti rimediante il pagamento di 2 libbre a testa.
12. Chi affogasse suo Figlio, pagherà 17 libbre, 15 soldi (o sia 2 libbre in più che per uccidere uno sconosciuto), e se a uccidere fossero il padre e la madre di comune accordo, pagheranno 27 libbre, 1 soldo per l’assoluzione.
13. La donna che distruggesse il figlio che porta nel suo ventre, e il padre che avesse contribuito alla realizzazione dei crimine pagheranno 17 libbre, 15 soldi ognuno. Colui che facilitasse l’aborto di una creatura che non fosse suo figlio, pagherà 1 libbra di meno.
14. Per l’assassinio di un fratello, una sorella, una madre o un padre, si pagherà 17 libbre, 5 soldi.
15. Colui che uccidesse un vescovo o un prelato di gerarchia superiore, pagherà 131 libbre, 14 soldi, 6 denari.
16. Se l’assassino avesse dato morte a più sacerdoti in varie occasioni pagherà 137 libbre, 6 soldi, per la prima uccisione, e la metà per quelle successive.
17. Il vescovo o abate che commettesse omicidio per imboscata, incidente o per necessità, pagherà, per raggiungere l’assoluzione, 179 libbre, 14 soldi.
18. Colui che in anticipo volesse comperare l’assoluzione di ogni omicidio incidentale che potesse perpetrare in futuro, pagherà 168 libbre, 15 soldi.
19. L’eretico che si convertisse, pagherà per l’assoluzione 269 libbre. Il figlio dell’eretico arso, impiccato o giustiziato in qualsiasi altra forma potrà essere riabilitato solo mediante il pagamento di 218 libbre, 16 soldi, 9 denari.
20. L’ecclesiastico che non potendo pagare i propri debiti volesse liberarsi dall’essere processato dai creditori, consegnerà al Pontefice 17 libbre, 8 soldi, 6 denari, e gli sarà perdonato il debito.
21. Sarà concessa la licenza per installare posti di vendita di vari generi sotto i portici delle chiese, sarà concesso mediante il pagamento di 45 libbre, 19 soldi, 3 denari.
22. Il delitto di contrabbando e frode al diritti del principe costerà 87 libbre, 3 denari.
23. La città che ambisse per i suoi abitanti o per i suoi sacerdoti, frati o monache, la licenza di mangiare carne e latticini in epoche in cui è proibito, pagherà 781 libbre, 10 soldi.
24. Il monastero che volesse variare la regola e vivere con minore astinenza di quella prescritta, pagherà 146 libbre, 5 soldi.
25. Il frate che per migliore convenienza o gusto volesse passare la vita in un eremo con una donna, consegnerà al tesoro pontificio 45 libbre, 19 soldi.
26. L’apostata vagabondo che volesse vivere senza ostacoli, pagherà uguale quantità per l’assoluzione.
27. Uguale quantità pagheranno i religiosi, siano questi secolari o regolari, che volessero viaggiare in abiti da laico.
28. Il figlio bastardo di un sacerdote che volesse essere preferito per succedere nella cura al padre, pagherà 27 libbre, 1 soldo.
29. Il bastardo che volesse ricevere ordini sacri e goderne i benefici, pagherà 15 libbre, 18 soldi, 6 denari.
30. Il figlio di genitori sconosciuti che voglia entrare negli ordini, pagherà al tesoro pontificio 27 libbre, 1 soldo.
31. I laici contraffatti o deformi che vogliano ricevere ordini sacri e possedere benefici, pagheranno alla cancelleria apostolica 58 libbre, 2 soldi.
32. Uguale somma pagherà il guercio dell’occhio destro, mentre il guercio dell’occhio sinistro pagherà al Papa 10 libbre, 7 soldi. Gli strabici pagheranno 45 libbre, 3 soldi.
33. Gli eunuchi che volessero entrare negli ordini, pagheranno la quantità di 310 libbre, 15 soldi.
34. Colui che per simonia volesse acquistare uno o molti benefici, s’indirizzerà ai tesorieri del Papa, che gli venderanno il diritto a un prezzo modico.
35. Colui che per avere mancato un giuramento volesse evitare ogni persecuzione e liberarsi di ogni tipo di infamia pagherà al papa 131 libbre, 15 soldi. Inoltre consegnerà 3 libbre per ognuno di coloro che erano stati garantiti.

ventiquattro

Diliberto e il tritolo.
Un primo indiscutibile fatto: in Italia non c'è nessuno che fa le domande. O meglio: in Italia non c'è nessuno che fa le domande che andrebbero fatte.
Un secondo indiscutibile fatto: gli argomenti e i modi di discussione collettiva, generalmente, sono di una noia mortale. Come questo che segue.
Daria Bignardi, che viene comunemente considerata una che le domande le fa - il che la dice molto lunga su come stiamo messi bene - l'altra sera chiede a Diliberto: "Scelga un posto dove trascorrere una bella serata. Un luogo tra questi due però: la villa della Certosa del Cavaliere o il Billionaire di Briatore". La domanda non è né utile né arguta, uno sensato, dopo averla cordialmente mandata a sedersi nel campo dietro casa, avrebbe risposto che non sono coniugabili i due concetti antitetici della "bella serata" e "Certosa/Billionaire". Oppure l'avrebbe guardata come si guarda un paracarro.
Diliberto, invece, sceglie di rispondere e sentenzia: "Al Billionaire ma imbottito di tritolo!". Risposta facile, coraggiosa solo perché viviamo in tempo di codardi e ipocriti. Infatti, si scatena la reazione dei servi nani dell'uno o dell'altro invasore del nobile suolo sardo: "apologia di terrorismo" è la migliore sentita.
Nel merito: la battuta di Diliberto, ai tempi belli della satira, non sarebbe passata nemmeno nella quarta pagina di Cuore (un paio per chi ricorda e per chi non c'era: "Scatta l'ora legale: panico tra i socialisti", "L'Occidente angosciato, troppe vittime tra gli arabi: chi ci laverà il parabrezza?", su Craxi, Forlani e Andreotti: "Dopo un giro di consultazioni, la nostra serena analisi: hanno la faccia come il culo", "Il nostro saluto al congresso DC: buon appetito!") e, in tempi meno recenti, non avrebbe resistito al confronto nemmeno con la cattiveria e la crudezza di una fiaba per bambini.
Sul serio: una fiaba per bambini! Per provarlo, ne riporto una qui sotto dei fratelli Grimm, scelta tra le tante, e poi ditemi se non viviamo, ora, in tempi orrendi e timorosi, in cui tocca scandalizzarsi per una battuta di Diliberto.

La fanciulla senza mani dei fratelli Grimm.
Un mugnaio era caduto in miseria e gli erano rimasti soltanto il suo mulino e, dietro il mulino, un grande melo. Una volta, che era andato nel bosco a far legna, gli si avvicinò un vecchio che non aveva mai visto e gli disse: “Perché ti stanchi a spaccar legna! Ti farò ricco se mi prometti di darmi quello che sta dietro il tuo mulino”. “Che cos’altro può essere se non il mio melo?”, pensò il mugnaio e disse: “Sì”, e per iscritto s’impegnò con lo sconosciuto. Quello rise beffardamente e disse: “Fra tre anni verrò a prendermi quello che è mio” e se ne andò.
Quando il mugnaio arrivò a casa, sua moglie gli andò incontro e gli disse: “Dimmi, mugnaio, da dove viene questa improvvisa ricchezza in casa nostra? In un attimo tutte le cassapanche e gli armadi si sono riempiti, eppure non è entrato nessuno; non so da dove venga”.
Il mugnaio rispose: “Da uno sconosciuto che ho incontrato nel bosco e che mi ha promesso grandi tesori, in cambio gli ho dato per iscritto quello che sta dietro al mulino – il vecchio melo glielo possiamo ben dare”. “Ah, marito mio! Quello era il diavolo, non all’albero di mele pensava, ma a nostra figlia, che spazzava il cortile proprio dietro il mulino”.
La figlia del mugnaio era una fanciulla bella e pia che visse quei tre anni nel timor di Dio e senza peccato. Quando il tempo fu trascorso, il giorno in cui il diavolo, il maligno, doveva venire a prenderla, si lavò bene e, col gesso, fece attorno a sé un cerchio. Il diavolo arrivò di buonora, ma non poté avvicinarla. Arrabbiato disse al mugnaio: “Porta via tutta l’acqua in modo che non possa più lavarsi, se io non ho più potere su di lei”. Il mugnaio si spaventò e obbedì. Il mattino seguente tornò il diavolo, ma lei aveva pianto sopra le proprie mani che erano pulite. Di nuovo non poté avvicinarsi a lei, e furioso replicò al mugnaio: “Tagliale le mani, altrimenti non posso averla”. Il mugnaio si spaventò e disse: “Come potrei mai tagliare le mani alla mia figliola?”. Allora il maligno lo minacciò e disse. “Se non lo farai sarai mio e prenderò te”. Il padre, spaventato, promise di obbedire. Andò dalla fanciulla e le disse: “Cara figlia, se non ti taglio tutte e due le mani, il diavolo mi porterà via e nello spavento gliel’ho promesso. Salvami da questa angoscia e perdonami il male che ti faccio”.
Lei rispose: “Caro padre, fate di me quello che volete, io sono vostra figlia”. Porse le mani e se le lasciò tagliare. Il diavolo venne per la terza volta, ma lei intanto aveva pianto sui suoi moncherini che erano tutti puliti. Allora il diavolo dovette andarsene: aveva perso ogni diritto su di lei.
Il mugnaio disse alla figlia: “Per merito tuo ho guadagnato tante ricchezze, per tutta la vita ti tratterò da regina”. Ma lei rispose: “Qui non posso più restare, me ne andrò. Gente pietosa mi darà quanto mi sarà necessario”. Si fece legare le braccia tagliate dietro la schiena, e al levar del sole si mise in cammino e camminò tutto il giorno fino a che venne notte. Giunse al giardino di un re, al chiaro di luna vide alberi carichi di frutta; ma non poteva entrare perché il giardino era circondato dall’acqua. E poiché aveva camminato tutto il giorno senza nemmeno un boccone, e la fame la tormentava, pensò: “Potessi entrare là dentro e mangiare un po’ di quella frutta, altrimenti morrò di fame”.
Si inginocchiò, invocò il Signore Dio e pregò. Ad un tratto venne un angelo che costruì una chiusa nell’acqua, così che il fosso si asciugò e lei poté attraversarlo. Così entrò nel giardino e l’angelo la seguì.
Videro un albero pieno di frutta, erano pere belle, ma tutte contate. Lei si avvicinò e per saziare la fame ne prese una sola, staccandola con la bocca. Una e non di più. Il giardiniere la vide, ma siccome le stava vicino l’angelo, ebbe paura e pensò che la fanciulla fosse uno spirito. Finita la pera, fu sazia e si nascose fra i cespugli. Il re, padrone del giardino, scese il mattino seguente, contò le pere e vide che ne mancava una e domandò al giardiniere dove fosse finita. Sotto l’albero non c’era. Il giardiniere rispose: “La scorsa notte venne uno spirito, non aveva mani e ne ha mangiata una staccandola con la bocca”.
Il re disse: “E come è venuto lo spirito passando sopra l’acqua? E dov’è andato dopo aver mangiato la pera”. Il giardiniere rispose: “E’ arrivato uno con un abito bianco come la neve, ha abbassato la chiusa e arrestato l’acqua, perché lo spirito potesse entrare nel giardino. Doveva essere un angelo, così ho avuto paura, non ho chiesto niente né ho chiamato. Quando lo spirito ebbe mangiato la pera, se ne è andato di nuovo”. Il re disse: “Se è andata proprio come dici, io veglierò con te questa notte”. Quando si fece notte, il re andò nel giardino e portò con sé un prete che doveva rivolgere la parola allo spirito. Tutti e tre se ne stettero sotto l’albero in attesa. A mezzanotte venne la fanciulla dai cespugli, si avvicinò all’albero e mangiò un’altra pera staccandola con la bocca, accanto a lei c’era l’angelo con il vestito bianco. Allora il prete si avvicinò e disse: “Sei venuta dal cielo o dalla terra? Sei uno spirito o una creatura umana?” Lei rispose: “Non sono uno spirito, ma una povera creatura, abbandonata da tutti, ma non da Dio”. E il re disse: “Se tutti ti hanno abbandonata, io non lo farò”. La prese con sé al castello reale, e perché era tanto bella e buona, la amò con tutto il cuore, le fece costruire delle mani d’argento e la prese in sposa.
Un anno dopo, il re dovette partire per la guerra, affidò la giovane sposa a sua madre dicendole: “Quando sarà l’ora del parto abbiatene cura e scrivetemi subito una lettera”. La regina diede alla luce un figlio. La vecchia madre s’affrettò a scrivere al re la bella notizia. Per la strada il messo si riposò accanto a un cespuglio e, stanco della lunga via, s’addormentò. Allora venne il diavolo, che sempre cercava di fare del male alla buona regina, e cambiò la lettera con un’altra, in cui era scritto che la regina aveva partorito un mostro. Quando il re lesse la lettera, si spaventò e si rattristò molto, ma rispose che avesse cura della regina fino al suo ritorno.
Il messo tornò con la lettera, si riposò nello stesso luogo e s’addormentò di nuovo. Tornò il diavolo e gli scambiò la lettera in tasca. La lettera ordinava che venissero uccisi sia la regina che il bambino. La vecchia madre si spaventò leggendo questa lettera e, non potendo crederci, scrisse di nuovo al re. Ma non ricevette altra risposta, perché ogni volta il diavolo dava al messo una falsa lettera. Nell’ultima c’era scritto di conservare la lingua e gli occhi della regina, come prova. Ma la vecchia madre piangeva all’idea di dover fare uccidere quelle creature innocenti, e di notte mandò a prendere una cerva, le strappò la lingua e gli occhi e li conservò. Poi disse alla regina: “Non posso farti uccidere come vuole il re, ma non puoi più rimanere qui a lungo; va col tuo bambino nel vasto mondo e non fare più ritorno!” Le legò il bimbo sulla schiena e la povera madre se ne andò con gli occhi pieni di lacrime. Arrivò in un bosco, s’inginocchiò a pregare e le apparve l’angelo del Signore e la portò in una piccola casa. Sulla casetta c’era un cartello che diceva: “Qui ognuno può abitare e non pagare”. Dalla casa uscì una fanciulla bianca come la neve che disse: “Benvenuta, regina”, e la condusse dentro. Le tolse il bimbo dalla schiena e glielo sorresse al petto, così che potesse succhiare, poi lo mise in un lettino già bello e pronto. Allora la povera fanciulla rispose: “Sono un angelo di Dio mandato qui per avere cura di te e del tuo bambino”.
Sette anni ella visse in quella casa e fu accudita e, per la sua bontà, il Signore le fece la grazia e le ricrebbero le mani che le erano state tagliate. Finalmente il re tornò dalla guerra e chiese subito di vedere la moglie e il bambino. Allora la vecchia madre si mise a piangere e disse: “Perché, tu, uomo malvagio, mi hai scritto di uccidere due innocenti!”, e gli mostrò le lettere, che il maligno aveva falsificato e continuò: “Ho fatto come mi hai ordinato” e gli fece vedere le prove: lingua e occhi.
Allora il re pianse, e molto più amaramente, sulla sua povera regina e sul figlio, tanto che la vecchia madre ne ebbe pietà e gli disse: “Calmati, datti pace, è ancora viva! Di nascosto ho fatto uccidere una cerva e da questa ho preso le prove. A tua moglie ho legato il bimbo sulla schiena e le ho detto di andare per il mondo e di non tornare più, perché tu eri così adirato con lei”.
Allora il re disse: “Andrò fino a dove il cielo è azzurro, non mangerò e non berrò fino a che non avrò ritrovato la mia cara moglie e il mio bambino, se nel frattempo non sono morti di fame o di altro”.
Ed errò in quei sette anni e la cercò per rupi e caverne, ma non la trovò e pensò che fosse morta di stenti. In tutto quel tempo non bevve e non mangiò, ma Dio lo mantenne in vita. Ala fine giunse in un grande bosco e trovò la casetta e sopra il cartello con le parole famose. Uscì una fanciulla bianca, lo prese per mano, lo fece entrare e disse: “Sono quasi sette anni che vago cercando mia moglie e mio figlio, ma non sono riuscito a trovarli”. L’angelo gli offrì da mangiare e da bere, ma egli rifiutò e volle solo riposare un poco. Si mise a dormire, e si coprì il viso con un fazzoletto. Allora l’angelo andò nella stanza dove c’erano la regina e il bambino, che lei chiamava Doloroso, e le disse: “Va con tuo figlio, il tuo sposo è arrivato.”
E lei andò dove era sdraiato e il fazzoletto gli cadde dal viso. Allora lei disse: “Doloroso, raccogli il fazzoletto a tuo padre e coprigli il volto”. Il bambino lo raccolse e coprì il volto dell’uomo. Il re, nel dormiveglia udì e, apposta, fece di nuovo cadere il fazzoletto. Allora il bambino si spazientì e disse: ”Cara mamma, come posso coprire il volto a mio padre! Io non ho padre sulla terra. Ho imparato la preghiera che dice: “Padre nostro che sei nei cieli”, e tu mi hai detto che mio padre era in cielo e che era il buon Dio. Come potrei riconoscere un uomo così selvaggio? Non è mio padre!”. Quando il re udì ciò si drizzò a sedere e chiese alla donna chi fosse. Ella rispose: “Sono tua moglie e questo è tuo figlio Doloroso”. Ed egli vide le sue mani vive e vere e disse: “Mia moglie aveva mani d’argento”. Ella rispose: “Le mie vere mani me le ha fatte ricrescere Dio misericordioso”, e l’angelo andò nella stanza, prese quelle d’argento e gliele mostrò. Allora vide con certezza che quelli erano proprio la sua cara moglie e il suo caro bambino, e fu felice e li baciò e disse: ”Un gran peso mi è caduto dal cuore”. L’angelo di Dio di nuovo diede loro da mangiare, poi andarono a casa della vecchia madre.
Dappertutto ci fu gran gioia e il re e la regina celebrarono un’altra volta le nozze e vissero felici fino alla loro morte.

ventitre

Novità: il foro di trivigante.it.
Con la titubanza e l'orgoglio dei papà apprensivi, mi compiaccio oggi della messa in rete del foro di trivigante.it, disponibile sulla home page e in tutti i migliori negozi.
Naturalmente sono un po' in agitazione per la sua sopravvivenza e per la sua crescita regolare ma credo che sopravviverà, specie grazie all'aiuto e al supporto dei solerti zii e delle amorose zie, che non lo abbandoneranno in un solitario cassonetto, spero.
Altrimenti, quando sarà grande, tornerà e farà truce vendetta di chi gli ha voluto male.

diciannove

Repubblica copia: tre.
La cosa comincia a diventare noiosa (grazie mr. L. per la segnalazione): dopo le città russe abbandonate (cfr. b.site 15 settembre e 13 ottobre) e dopo il madonnaro in 3d (cfr. b.site 6 settembre), Repubblica on line copia di nuovo, facendo un servizio sulle chiavi usb in versione demente (qui), già ampiamente presenti nei defunti maipiùsenza, rubrica di trivigante.it cassata dopo mesi di onorato servizio.
La cosa non ha di per sé grande importanza, chi se ne impippa, in fin dei conti i blog e i b.site della rete si reggono sul copia e incolla o sull'ispirazione altrui, i veri creativi ispirati sono pochi e tengono in vita tutta la baracca, scoprendosi poi ripresi nei siti più impensabili senza la dignità, nemmeno, di una citazione. Lo faccio anch'io.
Credo che comincerò a postare scritti sulle metal-vampire-modelle-nude, per vedere se su Repubblica, poi, fanno un bel servizio fotografico con tanto di sapidi commentini.
E la smettono con i calendari.

La storia col botto: Luis Carrero Blanco.
Delfino e consigliere del fascistissimo Franco, al suo fianco fin dalla repressione dello sciopero delle Asturie (1934), Luis Carrero Blanco fu nominato Presidente del Governo spagnolo l'8 giugno 1973, quando il caudillo, vecchio sempre più bastardo ma non rimbambito, gli cedette la carica, mantenendo per sé quella di Capo dello Stato e Generalissimo degli Eserciti. Franco, ottantunenne, stava preparando la sua successione: pur avendo restaurato la monarchia e designato il Re Juan Carlos I per l'avvicendamento, Carrero Blanco sembrava essere in ottima posizione per la prosecuzione del regime franchista, avendo condiviso e consigliato ogni azione con il dittatore negli ultimi quarant'anni.
Il 20 dicembre del 1973 saltò in aria nella sua auto, attentato subito rivendicato da ETA.
Fu l'attentato più spettacolare della storia spagnola, avvenuto quindici minuti prima dell'inizio del famoso processo 1001, contro dieci membri del sindacato clandestino CC.OO. Un commando di ETA aveva affittato un appartamento a piano terra al numero 104 della calle Claudio Coello a Madrid, aveva scavato un tunnel sotto la sede stradale e collocato circa un quintale di esplosivo sotto terra.
Al passaggio dell'auto di Carrero Blanco ci fu un'esplosione colossale che scavò un gigantesco cratere: l'auto fece un volo - in alto! - di quaranta metri, finendo prima sul tetto del palazzo di fronte, per precipitare poi nel cortile interno dall'altra parte, come da immagini qui a fianco.
Furono accusati dell'attentato i membri dell'ETA José Ignacio Abaitua Gomeza "Marquín", José Miguel Beñarán Ordeñara "Argala", Pedro Ignacio Pérez Beotegui "Wilson", Javier María Larreategui Cuadra "Atxulo", José Antonio Urruticoechea Bengoechea "Josu" e Juan Bautista Eizaguirre Santiesteban "Zigor", tutti rifugiati politici in Francia.
Un anno dopo l'attentato cominciò a circolare un libro intitolato "Operación Ogro", scritto da Eva Forest, militante anarchica, che ricostruiva nei dettagli la preparazione dell'attentato: qualcuno lo considerò un tentativo di depistaggio delle indagini. Nel 1979 Gillo Pontecorvo (a proposito, mi mancherà) trasse un film, Ogro, da questo libro, con il sublime Gian Maria Volontè nel ruolo protagonista.
A seguito dell'attentato, uno degli slogan più utilizzati nelle manifestazioni sindacali in Spagna degli anni successivi fu: "Luis Carrera Blanco, volò più in alto di Franco".

diciotto

L'ecomostro della palude.
Il crollo di Punta Perotti, l'insulto di cemento dei Matarrese a Bari, è rimasto nella memoria, finalmente un atto di epica rivincita contro l'abuso e il furbismo diffuso. Ne permangono varie memorie in rete, per esempio puntaperottivagiu.com e il notevole perottipoint.it, che ha quasi concluso la vendita degli appartamenti virtuali per la riqualificazione dell'area.
Per somiglianza, è stato lanciato un concorso fotografico in Lombardia, "Non solo Punta Perotti", per soli fotografi in MMS, per testimoniare la presenza di cosiddetti ecomostri, sebbene al nord il prefisso eco- abbia ormai perso di significato intrinseco. Tra i vincitori, qualificati tra i mostri edilizi che mettono ribrezzo, una mansardona all'Aprica, uno scatolone in via Forlanini a Milano, un ex cinema porno a Zingonia, un parallelepipedo sul lago di Como.
Duro lavoro per la giuria e per i fotografi in concorso, dovendo stabilire cosa sia mostro e cosa non lo sia in Lombardia, ove sarebbe di certo più facile attribuire un premio per la bellezza edilizia, caso ben più raro della mostruosità. Giunge una proposta: laddove sia approvato l'abbattimento di un ecomostro, si preveda che l'architetto colpevole dello sfacelo sia introdotto nell'edificio poco prima dell'implosione, così che non vi sia rischio di una reiterazione del reato antiestetico.

diciassette

Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago? (parte 2)
Proseguo la compilazione del piccolo vademecum di insulti ed epiteti in veneziano (veneto) pronto uso, che ho raccolto per categorie opinabili ma comode per l'utilizzo (cfr. 3 ottobre):
- liquidi seminali sparsi qua e là: l'ormai colloquiale ghe/te sboro, per avvalorare le proprie tesi, rivolto all'interlocutore; l'offensivo e potente
magnasborae, in grado di zittire chiunque; il sofisticato te vegno premando, che in gergo dei gondolieri pare significare una cosa tipo 'sodomizzare proseguendo verso sinistra'; il definitivo goldòn, estrinsecamente dare del "preservativo" a qualcuno ma con l'efficacia e la rapidità del dialetto; l'astruso a (ara) che te vegno, spiegazione locale dell'acronimo A.C.T.V., azienda di trasporto pubblico a Venezia, letteralmente 'guarda che ti vengo (addosso)', in senso seminale; il poco poetico te vegno in torteìn, in cui torteìn, 'tortellino', indica con evidenza la conformazione dell'ano; sboràe sol pèto, figura retorica recente che consiste nel minimizzare un contesto da altrui ritenuto importante; il comprensibile ti se scapeà?, 'sei fesso?', con allusione evidente di tipo genitale; te vegno col saltìn, si noti l'enfasi del gesto atletico;
- appellativi vari: ecco alcuni epiteti da rivolgere variamente al vostro interlocutore, tutti piuttosto efficaci:
tacagà, modo sintetico di sottolineare la modalità di nascita non ortodossa; s-ciopà, 'scoppiato'; mòngoeo, detto però con la leggerezza tipica di paese; imatonìo, somigliante a un mattone, per estensione 'duro di comprendonio'; slavo/polacco, persona non vestita alla moda; muso da mona, un classico.
Si raccomanda, per maggiore efficacia, l'arrotazione compulsiva della 'erre' alla veneta.

sedici

L'incontro dei tre morti e dei tre vivi.
Girolando per via Veneto a Roma, a meno che non vi distraiate in compagnia di Ursula Andress, potreste sbattere contro la scalinata della Chiesa dei Cappuccini, vale a dire la Chiesa della S.S. Concezione.
Come uso dei Cappuccini, a Palermo e a Vienna, per esempio, esiste anche una cripta, ovvio, nella quale sono sepolti circa seimila frati. Forse, però, sepolti non è la parola adatta, dato che tutti i corpi sono stati smembrati e le ossa e i teschi utilizzati per comporre motivi ornamentali, tipici per allegria e buon gusto della Controriforma italiana o spagnola. Qualche gioioso esempio.
Comunque sia, a metà della cripta, sotto un cumulo enorme di teschi, c'è una scritta ammonitrice, anche questa notevole per leggerezza e simpatia: "Noi eravamo ciò che voi siete, noi siamo ciò che voi sarete". Mancano gli avvoltoi e le cornacchie e il quadro è completo. Cappuccini maledetti, non ci avrete.
La frase, inflazionata nel corso del tempo e conosciuta in numerose varianti, in realtà pare avere origine dalla scena cosiddetta dell'incontro dei tre morti e dei tre vivi, vale a dire un soggetto iconografico legato al trionfo della morte in cui tre cavalieri incontrano tre scheletri che li ammoniscono: "
ciò che noi siamo ora lo diventerete voi domani". Il tema è di un bel po' antecedente alla danza macabra o ai trionfi della morte medievali e barocchi, tanto che esiste un testo in versi di Baudouin de Condé del 1275, intitolato appunto "Dict des trois morts et des trois vifs", testimone dell'enorme diffusione del motivo iconografico.
Nel 2001, in Francia sono stati censiti almeno 92 affreschi riferibili al tema (qui) e in Italia, se qualcuno li censisse, probabilmente non sono di meno. Un esempio di affresco in tema è nella chiesa di Lancôme, in cui tre cavalieri a cavallo incontrano tre morti con tanto di vanghe e badili, pronti evidentemente a scavare le fosse per i tre giovani. Pare che in Italia vi siano le prime testimonianze pittoriche dell'incontro, risalenti più o meno al XIII secolo, i cui migliori esempi si possono vedere nel Duomo di Atri, in Abruzzo, nell’abbazia di Vezzolano presso Albugnano d’Asti, nell'abbazia di San Flaviano a Montefiascone, nel Viterbese, nella chiesa di San Luca a Cremona e nell'abbazia di San Paolo a Poggio Mirteto nel Reatino.
Che posso farci? Ho un'insanabile passione per danze macabre, trionfi della morte e iconografia della morte tutta, preferibilmente antecedenti la pace di Westfalia, ecco la spiegazione. Magari proseguo, prima o poi.

tredici

Repubblica on line copia di nuovo il b.site.
Il 15 settembre il b.site (qui) raccontava alcune cose sulle città abbandonate, postando notizie e informazioni, tra le altre cose, della città di Pripyat, città russa rimasta deserta dopo l'esplosione di un reattore nucleare, Chernobyl. Oggi Repubblica on line propone un servizio fotografico sulla città (qui). Il che non sarebbe di per sé gran cosa, se non fosse che è già la seconda volta (cfr. b.site 6 settembre) che il b.site scrive alcune cose e Repubblica, dopo poco, interviene sullo stesso argomento.
Delle due l'una: o copiano o io penso come i redattori di Repubblica, il che sarebbe per me un bel problema.

Utilità: i codici di avviamento postale.
Il 20 settembre 2006 le Poste, in accordo con il Ministero delle Comunicazioni, hanno concluso la riorganizzazione dei CAP italiani, eliminando i codici di avviamento generici e rinumerando i distretti del paese secondo logiche più sensate, a loro dire. Hanno poi avvertito in ogni dove che molti codici sono cambiati, invitando a controllare ogni volta prima di un invio. Va bene, grazie.
Fatto sta che i vigliacchi, mentecatti e un po' ladri, dalla stessa data non rendono più disponibili alla consultazione i codici di avviamento postale, se non uno alla volta, collegandosi. Oppure, la completa disponibilità si ha solo con l'utilizzo di un software proprietario. Pagando. Come se non fosse un dato pubblico. Anche questa volta qualcuno ci si è messo e ha ovviato alla cosa (qui l'elenco completo dei CAP e qui un software gratuito per la consultazione), grazie!, rimane il fatto che non si può essere così ottusi come un'Amministrazione Pubblica che lucra sui diritti dei cittadini. Stronzi siete.

dodici

Io ti sbattezzo nel nome di Gog e Magog.
Si era parlato un po' di tempo fa, sui giornali, di un gruppo di cittadini che avevano intrapreso alcune iniziative per sbattezzarsi, vale a dire cancellare in qualche modo il sacramento ricevuto e la conseguente appartenenza alla Chiesa Cattolica. Ovviamente, come succede spesso, poi non se ne è saputo più nulla.
Faccio un riepilogo io di cosa è successo poi, per chi avesse desideri in tal senso.
Negli anni Ottanta nacque l'associazione per lo sbattezzo (con palese indifferenza per gli aborti linguistici, dico io a margine), che cominciò a prodigarsi in favore del diritto alla cancellazione del battesimo.
Nel 1995 l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti avviò una campagna per la "bonifica statistica" dei battezzati. Dopo aver verificato le risposte fumose ed evasive alle richieste di cancellazione inviate ai parroci, intraprese un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali (allora Stefano Rodotà).
Gran cosa la legge sulla privacy, si insinua ovunque.
Comunque, nel settembre del 1999 il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato sul ricorso del socio UAAR: secondo il Garante non si può cancellare il battesimo, in quanto documenta un episodio effettivamente avvenuto: inoltre, anche in questo caso, la doppia ragione sociale di Stato estero e di ente religioso permette alla Chiesa di usufruire di privilegi che altre confessioni non hanno.
È però possibile, per chiunque lo desideri, far annotare la propria volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica. Si tratta di un riconoscimento importante, con il quale per la prima volta la giurisprudenza italiana stabilisce un metodo per l’ottenimento di un elementare diritto civile, quello di non essere più considerati “figli della chiesa”. Nel novembre 2002 la Conferenza dei vescovi italiani, riunita in assemblea plenaria, ha dovuto confermare la legittimità delle richieste formulate dall'UAAR.
Ecco, nello specifico, come fare: scrivere una lettera (modello) con raccomandata a/r alla parrocchia in cui si è stati battezzati, allegando copia della carta di identità, con la quale si chiede che sia annotata la propria volontà di non far più parte della Chiesa cattolica. Non è necessaria alcuna motivazione.
Qualora non si conosca la parrocchia, dopo aver fatto un giro su
www.parrocchie.it, scrivere a soslaicita@uaar.it per valutare l'ipotesi di scrivere direttamente al vescovo.
Non è necessario inviare ulteriori comunicazioni per gli altri sacramenti ricevuti (comunione, cresima, ecc), né l’abbandono della Chiesa cattolica invalida il matrimonio concordatario eventualmente contratto.
C'è anche chi ci ha scritto una tesi di laurea.
Fatto tutto questo, si è liberi di affiliarsi a una qualunque setta demoniaca adoratrice di vasi di terracotta.

undici

Cadon le foglie d'autunno (i sommersi e i salvati).
Dieci giorni fa trivigante.it ha compiuto un anno, essendo nato a Roma nell'ultima settimana di settembre 2005 ed è, quindi, a suo modo un pischelletto. Nel corso del suo primo anno di vita ha perso per strada alcune rubriche, altre si sono esaurite, una o due hanno preso il predominio negli ultimi mesi, il tutto sotto l'occhio vigile o casuale di circa novecento visitatori complessivi, di cui vado parecchio orgoglioso, dovuti tra l'altro anche all'indicizzazione sui motori di ricerca.
Inutile dire che non tutto è andato per il verso giusto: nelle mie intenzioni, trivigante.it avrebbe dovuto essere una specie di spazio collettivo, vale a dire un serbatoio di sollecitazioni e contributi provenienti dai vari amici e compagni di merende, così che buona parte di ciò che già circola tra di noi non andasse disperso, ma reso disponibile ad altri. Questo non è accaduto, o perlomeno non è accaduto nella misura in cui io desideravo, probabilmente a causa, anche, di una rigida impostazione personalistica del sito intero. Si impone un robusto lavoro di revisione delle sezioni e dei contenuti.
Nello specifico, in merito alle sezioni che mostrano una qualche vitalità, ho ricevuto e ricevo preziosi contributi per le botteghe oscure, il maestro Bergomazzi - sebbene ultimamente sia stato rapito dalle Amazzoni nude del pianeta Playtex - si gestisce una rubrica tutta sua, molto apprezzata, io rimpolpo quasi quotidianamente il b.site e la sezione inendaut, ricevendo spesso materiale per la seconda e molto raramente per il primo; inoltre, la rubrica l'esperto risponde, che dipende in modo vitale dalla collaborazione altrui, secondo me ha degli ampi margini di miglioramento, ragion per cui resta in piedi e prosegue, sperando di ricevere copiosi contributi in futuro; ho intenzione di sottoporre la sezione ecco i miei gioielli ad ampia revisione perché, secondo me, è un bel ricettacolo di segnalazioni potenzialmente interessanti e, quindi, anch'essa resta; la sezione pleiliste è ferma da un po' di tempo ma non morta e, facendo parte del primo nucleo del sito ed essendo una delle ragioni fondanti per cui ho cominciato, intendo mantenerla, anche se viene visitata poco ed è vitale quanto un paracarro; la letteratura resta, perché ho un bel po' di testi inediti da inserivi, per la gioia della critica letteraria mondiale; i sostenitori, com'è ovvio, restano al loro posto, sia per la bellezza intrinseca delle loro creazioni, sia perché altrimenti non avrei di che vivere, senza la loro prodigalità.
E ora la lista dei caduti sul campo, morti in servizio e, quindi, degni di ogni onore: scompare definitivamente la sezione mai più senza (senza link, ovvio), per due motivi, essenzialmente: il primo, di ordine pratico, è la mancanza di tempo per potermici dedicare appieno, dato che richiede aggiornamenti e ricerche continue; il secondo, perché è una sezione dalle possibilità di ragionamento e sviluppo piuttosto limitate, magari divertente, ma nulla più. E, francamente, mi stimola poco. Oltretutto, raccolte di questo genere sono piuttosto inflazionate in rete, se ne possono trovare di molto migliori della mia. Cinematografia xxx, essendo una pagina sostanzialmente conclusa, viene spostata dalla homepage a un link qui accanto, per chi avesse desiderio di rivedersi qualche titolo prima di andare in videoteca. La musica di trivigante.it per ora viene sospesa (spostata?), in attesa di collocazione consona, perché pochissimo incline, per argomento e complessità, ad aggiornamenti continui, come si richiede a una sezione sulla homepage. Anzi, metterò i link in un riquadrino qui a sinistra. Scompare, ahimé, anche la mia storia di Roma, per lo stesso motivo della musica di trivigante.it, vale a dire la difficoltà di un aggiornamento continuo; posso dire con certezza, però, che tornerà sotto altra forma quanto prima. Ultima nota dolente, la scomparsa definitiva del posto delle frattaglie: la cosa mi dispiace molto, dato che, prima con il nome de Il Barbiere, e poi con le frattaglie, appunto, è stata la prima rubrica in assoluto di cui io mi sia mai occupato, molto prima che mi balenasse l'idea balzana di mettere in piedi un sito intero. Scompare per il semplice fatto che, a fronte di un lavoro bestiale di raccolta, di confronto, di sintesi delle notizie magari sfuggite, i riscontri sono sempre stati del tutto assenti. Come i contributi, del resto. Anzi, qualcuno - sebbene non avesse mai sentito la minima esigenza di manifestare in qualche modo il proprio apprezzamento o il proprio dissenso - si è sentito in dovere di farmi rilevare come la sezione non fosse aggiornata di recente. Quando è troppo è troppo. Tanto lavoro con poco risultato, meglio lasciare. Probabilmente, d'ora in poi alcune notizie politiche finiranno qui, nel b.site, voragine in grado di accogliere qualunque cosa.
Ecco, dunque, chi vince e chi perde, chi si salva e chi no. D'altronde, bisogna essere realisti, da un lato, e farsi venire nuove idee dall'altro. A me riesce meglio la seconda che ho detto, ma mi applico anche per la prima.
Mi metto al lavoro di modifica, resta inteso che ogni commento o contributo è gradito.

dieci

Le iniziative nate già morte.
Come mi capita spesso, quando ho finito di lavorare duramente, poso la paletta e mi reco al dopolavoro ferroviario, più o meno come facciamo tutti. Giochiamo ai trenini sul plastico grande, ci raccontiamo le mirabolanti avventure accadute tra Piadena e Vigarolo superiore, facciamo "ciuf ciuf" con la bocca e così via.
Come tutti, dicevo.
Quando siamo lì, restiamo sempre abbacinati e rapiti dalle vulcaniche idee partorite dalle teste pensanti delle Ferrovie italiane, cioè i trenitalioti, e aderiamo entusiasti senza frappor indugio. In questo caso, l'idea che mi ha lasciato estasiato è di tre anni fa: il PassalibroinTreno, o Railbookcrossing che dir si voglia.
Il marchio e l'idea sono stati registrati, e questo è già un pessimo (ottimo?) segno, e il concetto fondante è quello dello scambio casuale di libri lasciati, anziché su una panchina di un parco, sul sedilino pieghevole del direttissimo Cervignano-Grado (20 km, otto fermate), a disposizione di eventuali viaggiatori sprovvisti di libercolo: in sintesi, si riassume con la poco pregevole attitudine di concepire le idee copiandole male e, infine, partorendo il mostro già defunto. Un po' come rilanciare sul mercato i Rockets, se calza il paragone.
Breve resoconto delle pubblicazioni che ho intercettato negli ultimi tre anni in treno (indice del successo dell'iniziativa): una pagina di "Grand Hotel" sporca di lasagne, una copia del volantino promozionale della Lidl tutto stropicciato, un cartoncino delle Ferrovie dello Stato che mi invita a svernare nelle Marche, due pagine della Gazzetta utilizzate nella ritirata del treno come carta igienica (che non ho letto).
Aspetto fiducioso di trovare l'Enciclopedia Britannica, prima o poi.

Molta gioia dell'urna.
Capita che, pur non avendo lasciato eredità d'affetti, si possa avere molta gioia dell'urna.
Infatti, avendo scelto la sepoltura come opzione post mortem, inumazione o tumulazione è uguale (possibilità alternative che qui non considero: abbandono, immersione, sopraelevazione, ignizione, mummificazione, scarnificazione, cannibalismo), consiglio caldamente di prendere in considerazione una sepoltura in una cassa da morto adeguata a ciò che avete combinato in vita e adatta a ciò che volete combinare da morti. Un esempio notevole che mi viene in mente è la tomba del sarto nel chiostro di Santo Stefano a Bologna, anonima con un paio di forbici incise nella pietra.
Un esempio eclatante di quanto vado dicendo sono gli african coffins, giocose bare costruite appositamente a seconda delle esigenze dell'acquirente: se è un appassionato di automobili, piuttosto che un telefonista incallito, un amante del peperoncino, un affezionato bevitore, un vegetariano o un contadino, un falegname o un elegantone. E così via.
Se volete consultare il catalogo prima di decidere, farvi fare un preventivo o volete acquistare direttamente a prezzi piuttosto modici, uno dei posti papabili è questo. Io, per ora, vorrei un modello personalizzato con la base in polistirolo bianco e il cellophan attorno. Sì, esatto, tipo confezione di banane al supermercato. Con me dentro, che vado a male.

sei

Gioco che mi passa.
Sono stato un po' assente e questo non mi ha dato soddisfazione, ergo cerco di ovviare fin da ora, rimpolpando il b.site come facevo e farò nei giorni belli.
Vado a cominciare con un'infornata di giochi freeware per palati fini e meno fini: uno sparatutto di gran fattura con ottima grafica, un camion da far smaltare contro un muro facendo più danni possibile e con sadica soddisfazion, uno sparatutto in stile macchinetta da bar anni Ottanta e suo cugino con l'invasione dei critters spaziali, la versione 3d dell'epico Asteroids, la rivisitazione attuale di Centipede in cui dar fondo all'arsenale, un classicissimo battimuro, una bella sbrodolata di alieni da disintegrare, un interessante esempio di grafica vettoriale anni Ottanta rivisto al giorno d'oggi.
Infine, ecco il dolce: un omino da far cadere dalle scale con tutte le possibili variazioni del caso, cercando il maggior trauma possibile, con analisi in tempo reale delle fratture e degli ematomi.

tre

Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago? (parte 1)
Ah, la potenza incommensurabile degli insulti in dialetto, non posso resistere e torno sull'argomento.
Cerco sempre di tenere a memoria almeno una dozzina di insulti dialettali, ognuno di essi buono per un'occasione particolare, per esempio quando litigo con un ultras nei paraggi della stazione, oppure quando mi capita di essere scippato da una gang di giovani commercialisti rampanti, o quando voglio avere ragione anche se non ce l'ho e chiudere il dibattito con un bang.
Ecco, dunque, un piccolo vademecum di insulti in veneziano (veneto) pronto uso, che ho raccolto per categorie opinabili ma comode per l'utilizzo:
- insulti all'altrui virtù materna: va in cùeo da to mare (in cui, con evidenza, cùeo sta per 'culo' e mare sta per 'madre', con la variante va in buèo... che indica chiaramente un rapporto più profondo), il quasi soave ea mama canarina, il molto chiaro quea sfondrada de to mare e il similare quea rotinboca de to mare, entrambi che preludono senza dubbio alla ineluttabile rissa;
- apostrofi ai parenti defunti: chei cani dei to morti, chei becanassi de tuti i to morti (e qui si allude pesantemente anche a tradimenti e corna terrene), il terrificante va in boca de tuti i to morti, il cui significato sessuale mi pare palese e il cordiale va remengo ti e tò sènare (invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti);
- apostrofi personali: ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?
, vale a dire atto di derisione del nemico a fronte di una frase scontata, secondo il principio - verissimo - che la merda del mago sarà pur magica ma sempre merda è.

due

Il valtellinese buono.
Un omino, con tanto di sciarpa, presumibilmente montagnino valtellinese di animo puro, si lancia impavido per i pendii che decidete di affibbiargli, a seconda che la vostra matitina - sempre da sinistra verso destra - gli imponga discese o ardite risalite. O salti mortali.
Qui a fianco la mia personale proposta di salto-smalto, una tra le tante varianti mortali del gioco, che si trova qui. Molto bello, secondo me, raro caso di applicazione decente di Flash.

Le amiche nuvole.
Fluffy friends le chiamano i soci della Cloud Appreciation Society che sono, evidentemente, degli appassionati di nuvole. Il fatto è che, come spesso accade, rapiti dalla passione travolgente, hanno un tantinello perso il senso del limite e della decenza, giungendo a eleggere la nuvola del mese, con tanto di nome proprio, a fare del merciandaising a dir poco sbalestrato, a pubblicare una guida per cloudspotters con diagrammi e belinate varie, a fare una chat per discorrere quotidianamente delle numerose argomentazioni che le nuvole suscitano.
Il fatto che alla chat siano registrati in due e che si parlino tra di loro va catalogato alla voce: dettaglio.

Puro genio.
Vestirsi come un soldato cinese di terracotta del II secolo avanti cristo e nascondersi in mezzo a tremila statue simili, aspettando solamente di essere scoperto per semplice spirito beffardo, ecco, io questo lo chiamo genio. Poniamo sia per desiderio di notorietà, ansia da prestazione eclatante, scommessa tra avvinazzati, penitenza tra spiritosi, qualunque cosa, il pensiero di uno che sta ore immobile come statua ridendosela tra sé e sé pensando solo al momento in cui sarà scoperto, questo mi fa ridere parecchio e illumina l'impresa di genio. Magari poco compreso, ma genio puro.

   

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