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pleiliste: òt fan in ze sammertaim

Oggi è estate. Ufficiale.
Se la saggezza popolare dice che “triste quell’estate che ha saggina e rape” noi qui si celebra l’estate con la C e la GBR maiuscole, quella bella calda e sugosa che rende divertente l’interno dei pantaloni.
E se arriva la stagione, arriva anche la pleilista, fatale come la nudità non richiesta, la parmigiana in treno e il trionfo dei polaretti.

Avanti, dunque, e complimenti a mr. A., il primo arrivato con le sue cinque canzoni dell’estate:

trofimov
The Shins
– Bait and Switch
Ivan Graziani – Sabbia nel Deserto
Steel Pulse – Can’t Stand the Heat
Bruno Martino – Estate
Pink Floyd – San Tropez

trivigante
Metric – Synthetica
Kaiser Chiefs – Ruby
Maxïmo Park – The Undercurrents
The Coral – Dreaming Of You
The Dream Syndicate – The Side I’ll Never Show

L’estate risplende, | il sole riscalda, | le mucche depongono | torte sui prati e noi qui si fa festa, nonostante qualche crudeltà.

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ciao, Luigi

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francis il muro parlante: uomini al bar

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
L’ignota fanciulla autrice della scritta – la tradisce la grafia – è risentita con la categoria maschile dei bar-omani, forse perché le capita di passare spesso davanti a un bar di improvvidi commentatori delle femminee grazie, o forse ha un fidanzato-fratello-padre della categoria, o forse ce l’ha con loro e basta. Legittimo.
Essendo io un frequentatore anomalo di bar, nel senso che ci vado ma non interloquisco con i presenti e lo cambio spesso, non sono in grado di valutare l’effettiva espressione dell’invidia mascolina. Con molta approssimazione, sarei per pensare che sia in altro modo ma il parere va rispettato.

Lungi da me la provocazione ma il tema chiama, vienda raccontare le dodici regole del bar Margherita di via Saragozza (e la regola 10 sembrerebbe dare ragione all’autrice di cui sopra) raccolte, ai tempi, da Pupi Avati. Con un pensiero preliminare ai poveretti dell’alluvione del Polesine: ancora oggi, il nostro affetto (regola undici).

  1. Al bar non si portano mogli, madri, sorelle, figli, nipoti.
  2. Se vuoi essere considerato al Bar Margherita ci devi arrivare la sera tardi. Comunque sempre prima che chiuda.
  3. Se ti metti con una che non ti fa più venire al bar, si avvia l’organizzazione per fartela mollare.
  4. La squadra del Bar Margherita è il Bologna Football Club e tutti ci tengono a sentire le partite alla radio, quando vince e quando perde. La bandiera del Bologna è appesa ogni domenica a una colonna del portico.
  5. Quelli del Bar Margherita ci credono alla messa e al rosario ma non ci vanno o se ci vanno non si fanno vedere.
  6. Anche se piove forte nessuno va al Bar Margherita con l’ombrello.
  7. Nella classifica degli imbarcatori di donne quarti sono i finocchi, terzi i democristiani, secondi i comunisti, primi quelli che invece di parlare tanto cercano una che gliela dà.
  8. Le donne che la danno a quelli del bar sono tutte donne segrete, spesso sposate, che quelli del bar hanno conosciuto nelle balere e hanno solo il nome del quartiere dove abitano, quella di Casaralta, quella della Bolognina, quella della Dozza… Forse esistono, forse no.
  9. A quelli del bar è proibito andare in gita ai santuari sui pullman con il mangiare nelle sporte e la bottiglia dell’acqua e limone.
  10. Quelli del Bar Margherita quando stanno seduti ai tavolini e passa una donna la debbono guardare con desiderio e fare qualche «tirino». Sempre. Anche se è un gran cesso le debbono sussurrare: «Che fisico!» oppure «Sai cosa ti farei!». È una regola di quelli del Bar Margherita.
  11. L’uovo di Pasqua gigante lo si vince con un torneo di goriziana a squadre che si fa a novembre. Lo regala il commendator Maiorana. Essendo quello che non ha venduto e che è rimasto in vetrina per tutta l’estate fa schifo. Chi lo vince lo regala sempre agli alluvionati del Polesine che si sono rotti i maroni di riceverlo.
  12. La santa protettrice del Bar Margherita è la Madonna di San Luca che viene giù dal suo santuario una volta all’anno e che anche gli atei del Bar Margherita la ammirano molto.

Io da sempre credo nella sei e nella nove.
(grazie a mr. A per la fruttuosa raccolta)

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con lieve moto (ancora)

Qui si continua a ballare, e di molto.
Va bene Leopardi, va bene la filosofia, va bene la consapevolezza ma comincio a essere nervosetto, specie quando arrivano le spinte forti. Che poi restano nelle gambe, tutto è fermo e a me pare che ondeggi comunque.

Secondo l’INGV la situazione attuale – che cambia di minuto in minuto – è questa, da undici giorni a questa parte:

Quello che oltre a tutto inquieta è la sequenza, questa è stamattina soltanto, finora [data-ora (UTC, quindi due ore indietro rispetto a noi)-magnitudo della scossa]:

Barcolliamo, pensando alle persone in Emilia.

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con lieve moto

Ancora scosso – come milioni – dal terremoto, non posso non pensare, banalmente, all’annichilamento del tutto per via di un buffetto, con le somme parole:

(…) E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell’uman seme,
Cui la dura nutrice, ov’ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.

Che poi uno, mentre cerca di ricordarsi che cosa si dovrebbe fare durante un terremoto (substipitarsi? subtavolarsi? excasarsi? aderire istantaneamente a una religione antisismica?) e perde il momento magico, si ricorda che magari ha trattato male la mamma e non sarebbe certo un buon modo di concludere il tutto. Passa la scossa, o le scosse come in questo caso, e per un paio di giorni si è gentili con tutti.
Poi, purtroppo o per fortuna, passa anche quello. Trattate bene le mamme.

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estasi trivigantismi

francis il muro parlante: fatevi una vita

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
Indemoniati del venerdì sera, fatevi una vita. Una vita vera. Che è anche più divertente, anche se non lo immaginate. E il parlatore da muro fiorentino autore ben lo sa e, cosa di cui io gli sono grato, lo dice. Movidadores, sveglia!

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59 secondi di… 25 aprile

Ippolito Nievo di Antonio (668), scampato al naufragio dell’Ercole, mi invia i suoi cinquantanove secondi, ripresi con mezzi di fortuna alla manifestazione di Milano per il venticinque aprile di quest’anno. Pare evidente come tutti gli anni in cui Berlusconi non è al governo la manifestazione sia decisamente più pacata e rivolta al senso di festa, più che all’invettiva verso il governoladro. Era così con Prodi, è così con Monti.

Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più libberatoria della zona occupata, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.

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59 secondi di… segnaletica stradale e umarèll

E’ notte a Roma, e gli instancabili ordinatori della segnaletica stradale agiscono indefessi, con attrezzatura e metodi all’avanguardia. Essi sono i garanti della nostra sopravvivenza stradale e vederli così all’opera dà una certa tranquillità.
Al trentesimo secondo, immancabile, sopraggiunge l’umarèll, l’anziano che sta di vedetta e non appena scorge un lavoro in corso accorre per osservare e commentare con sbuffi e schiarimenti di voce il fatto che eh-ma-non-si-fa-mica-così. L’umarèll è costante universale dal Manzanarre al Reno, ove c’è un lavoro in corso egli c’è.

Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più bituminosa del circondario, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.

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estasi trivigantismi

pleiliste: cinque canzoni che è fottutamente primavera!

Mi scrive Mr. J. cinque minuti fa: “Benzina nel serbatoio ce n’è (ce n’è sempre stata), quindi spolverate le selle, accendete i motori, che è fottutamente primavera! Arriva la pleilista Spring12” e mi cadauna un cinque-pezzi-cinque per celebrare questa primavera estiva.
E infatti, è tempo di pleiliste di primavera, non siate timidi, uscite dalla grotta che qui fuori c’è caldo!

Avanti allora, e questo giro – per soddisfare tutti – si parla di canzoni e non di dischi:

gnappolo
Wilco – Black Moon
Cake – Opera Singer
Offlaga Disco Pax – Tulipani
Frank Black & The Catholics – Changing of the Guards (The Peel Sessions)
Dave Matthews Band – Exodus (The Complete Weekend on the Rocks Vol.8)

trivigante
Kaiser Chiefs – Little Shocks
Billy Cobham – Stratus
Hoodoo Gurus – Out That Door
Franco Micalizzi & The Big Bubbling Band – Hot Spots
Talking Heads – And She Was

Non siate timidi, ce l’abbiamo fatta anche quest’anno.

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gli olandesi lo fanno peggio

Dopo la cattedrale di Salamanca, che offre golosa un astronauta e un drago con il cono, e quella di Washington con Darth Vader, che ci eravamo divertiti parecchio, ci si sono messi anche gli olandesi:

E’ che le cose bisogna saperle fare. Primo, manca la poesia. Secondo, la statua è proprio miseranda. Terzo, che piccolezza mettere un cellulare.
Non contenti, però, alla chiesa di San Giovanni di ‘s Hertogenbosch, terra olandesica, hanno pure comprato una scheda telefonica, così il fedele deturpato nel cervello chiama l’angelo e risponde un centro di ascolto sul cristianesimo. E uno sta sulla piazza ad aspettare che quello risponda, guardando in su. Eh no, brutto brutto brutto, pare non manchi nemmeno l’account di twitter, te pareva.
Non ce n’è, le cose bisogna saperle fare.