La sera del 9 luglio 1943 gli alleati sbarcavano in Sicilia e l’avvocato Calafato, che sei anni prima si era sgolato urlando “Duce, per te la vita!” all’indirizzo di un Mussolini affacciato dal finestrino del treno, si premurò di far sapere coram populo la propria posizione al riguardo: “Viva la repubblica stellata!”, gridò con la convinzione eccessiva di chi si volta dove il vento gira.
E’ questa la fine di un breve racconto inedito di Sciascia dei giorni dello sbarco, giorni nei quali le frotte – scese da poco da un altro treno – fecero a gara per salire sul carro (armato!) del vincitore. Ecco il racconto.
La sera del 9 luglio 1943, nel caffè che ormai da mesi il proprietario apriva soltanto per amore della conversazione, altro non offrendo agli avventori che gazose, il signor Chiarenza, impiegato municipale, accese la radio, girò la lancetta velocemente cogliendo un orizzonte di note e di sillabe, d’improvviso la fermò su una parola italiana, una frase, un discorso. La voce era lontana, soffocata; sembrava galleggiare su un mare in tempesta. Ma quel che diceva della guerra, del fascismo, di Hitler sembrava abbastanza sensato, abbastanza vero. Il signor Chiarenza approvava muovendo la testa, gli altri si facevano attenti. Il più pronto a prendere coscienza di quel che stava accadendo fu il brigadiere. Una prontezza professionale. Si alzò e spense la radio con un colpo secco; girò terribile sguardo sulle facce degli avventori, lo fermò su quella, innocente e sorpresa, del signor Chiarenza. «Lei ha preso radio Londra» disse, sibilando collera. «Davvero? » fece il signor Chiarenza. «Radio Londra» disse ancora il brigadiere. «Non lo sapevo» disse l’altro. «Non lo sapeva, ma approvava» disse il brigadiere. «Per approvare, approvavo»; ammise il signor Chiarenza «però credevo fosse una stazione italiana». «Una stazione italiana!» il brigadiere quasi soffocava. «E le cose che ha sentito lei crede che potessero venire da una stazione nostra?». «Le abbiamo sentite tutti» precisò il signor Chiarenza. «Già» disse il brigadiere: e nella sua espressione la collera si ritirò per cedere alla preoccupazione, all’indecisione. «Se vuole» offrì con angelica comprensione il signor Chiarenza «posso rompere la radio». Il brigadiere si precipitò fuori. Così a R., paese a una ventina di chilometri dal mare di Porto Empedocle e a poco più da quello di Licata, qualche ora prima che le forze alleate mettessero piede sulle spiagge siciliane, il fascismo finiva. (qui prosegue…)