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lettera di cambio (canzoni)

Dopo libri, film e locuzioni, il quarto fronte del gioco sono le canzoni, come da sollecitazioni sacrosante e maraveggiose. Sempre una lettera sghimbescia, una sola, che muta il significato e la prospettiva.
L’apertura dunque va all’onorabile Siu, che ha già cosato di cervello al riguardo:

zingari_fenici– pensiero della moglie, di fronte all’ormai irrimediabilmente sformato e inerte marito, mentre in TV passa “Pretty Woman”: “Whish you were Gere”
– rifiuto del dipendente del reparto maschile di un salone unisex all’ennesima richiesta di dare una mano in quello femminile: “Non fono una signora”
– il massimo dell’esotismo leghista: “La pianta del pè”
– maestra incapace di suscitare interessi nei propri alunni: “La pocomotiva”
– raccolta di pensieri sull’eterno tema della guerra: “Strangers in the fight”
– il prezzo dell’omertà: “The Pound of Silence”
– appuntamento fra amiche fanatiche della dieta: “Eravamo quattro alici al bar”
– rivista dedicata agli amanti della pesca: “Lenza fine”
– manuale sulle strategie di mercato: “Finchè la marca va…”
– preoccupazione del telespettatore italiano medio dopo l’inattesa chiusura del Bagaglino: “Cerco un centro di grevità permanente”
– film di successo del filone catastrofista-incendiario: “Burn in the U.S.A”
– uno dei tanti esempi dell’arte di arrangiarsi in tempo di guerra: “Sapone di sale”
– quando crolla il tetto: “Il cielo in una Standa”
– quel che ogni Nazione crede di essere nel quadro dell’equilibrio internazionale: “L’ombilico del mondo”
– a volte i pargoli hanno comportamenti non proprio irreprensibili…: “Attenti al pupo”
– …specie se provenienti da famiglie molto altolocate: “Attenti al Lapo”.

Senza dimenticare s|a che ha lanciato la proposta canzonatoria. Grazie.

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il mercato sottostante

billboardLe hit pareid musicali sono una boiata. Non ho mai conosciuto nessuno che, in base alle classifiche musicali, si orientasse all’acquisto e, tantomeno, nessuno che si sia mai riconosciuto in una di esse. Più che altro perché le classificone musicali sfornate da entità, come dire?, piuttosto interessate di solito producono risultati con un unico scopo: vendere di più. Inoltre, i metodi di rilevazione sono piuttosto stupidi e si riducono in sostanza a uno: le copie vendute. Il fatto è ancora più anacronistico oggi, che il negozio di dischi è stato ampiamente superato a destra dai servizi di vendita onlain. Per non parlare di chi la musica non la compra affatto, ma la reperisce. Stendere dunque un rapporto attendibile sul consumo musicale della gente, appunto, ha un che di impossibile. Una volta esistevano le bibbie dei dati di vendita, tipo Billboard, che facevano il bello e il cattivo tempo in fatto di successo o fallimento della musica commerciale o para-tale, oggi la cosa è più complessa, per fortuna. Una congrega di discografici riuniti in un metaforico Rotary si sono dati da fare e hanno fondato SoundScan, allo scopo di monitorare la circolazione e la vendita di musica in rete, così da integrare le hit pareid tradizionali. Contenti loro.
Come che sia, le classifiche di ogni tipo non hanno nessun valore per il singolo individuo, è evidente, non danno alcuna informazione utile sulla qualità della musica ma danno alcune indicazioni interessanti sul contesto. Che è bruttino, va detto.

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lettera di cambio (proverbi e locuzioni)

avvocato_fiscaleDopo i libri e i film, la sfida è ora simulare il refuso nei proverbi, mi son detto. Cambiare una lettera e via, il significato è altrove.
Ci ho pensato e ripensato e me ne sono venuti solo due:

– una donna dai facili costumi prima o poi sarà ripagata con la sua stessa moneta: chi la dà l’aspetti
– colui che porta un frutto a nome d’altri non può essere punito per il suo gesto: ambasciator non porta pera.

E varianti. I miei amici saranno più intelligenti di me, mi son detto, e ne troveranno a bizzeffone. Sicuro. Il che è, ma il cambio di lettera nei proverbi è davvero difficile, direi. Forse è d’uopo allargare alle locuzioni in generale? E sia, anche le locuzioni d’ogni genere.
E qui la cosa si fa interessante, molto. Per esempio:

– detto filippino che ammonisce sulla venuta, prima o poi, della vendetta: rivedersi a Pilippi
– perdere in un sol colpo tutto il frutto della pesca: restare sull’ostrico
– essere irreperibili nel nord della Spagna: essere uccel di basco
– seccarsi miseramente: morire solo come un pane
– immaginare organizzazioni di spaccio di droga del tutto irrealizzabili: far cartelli in Spagna
– isolarsi in compagnia dell’ex assessore leghista di Milano: chiudersi in una torre Daverio
– avere una paura davvero irresistibile: tremare come una faglia
– acquistare ripetutamente lo stesso colore al colorificio: avere il verde solitario
– essere un bambino molto ricco cui hanno regalato un circo in miniatura: avere i Togni nel cassetto.

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munuocchin’ uorldbag men

Gentile popolo della Rete,
come l’uomo che balla nei posti del mondo, o il nano da giardino di Amélie, anche io ho un soggettino da proporre all’attenzione virale: l’uomo che tenta di fare moonwalking nel mondo sempre con la stessa borsa (munuocchin’ uorldbag men) e su superfici diverse.
Orbene, questo eroe della danza moderna con borsa io l’ho scoperto tempo fa in una bidonvìl vicino Zurigo e sto pensando di lanciarlo sul mercato sottostante, in virtù di una certa sua qual abilità che, al pari di altri numerosi artisti della rete, potrebbe rendere famoso lui e me. Invitandolo a eseguire le sue performansìs in ogni dove terracqueo e riprendendolo con attrezzatura fintamente dilettantesca, io vorrei che cotesti videi e il culto per il figuro si spandessero in molti forum e blogs, così da diventare un fenomeno anche lui.
Anche perché non capisco come mai molti sì e lui no.
Sono dunque lieto di presentare il munuocchin’ daunander e il munuocchin’ magiaro:

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storie al telefono

storie_telefonoTeologica bislacca: “Un angelo annuncia a una giovane che concepirà il figlio di Dio; lei è perplessa ma accetta. La casa della giovane, poi, vola fino a Loreto” (140);
letteraria da bar: “Un vecchio cieco narra di quando i Greci s’incazzarono, attraversarono il mare e con un cavallo distrussero Troia per riprenderne un’altra” (138);
letteraria da italia unita: “Nell’Italia del Seicento due ragazzi s’amano, però la peste e i nemici spagnoli dicono no all’unione. Però, il bene e un prete fanno sì che” (136);
letteraria metafisica: “Un uomo di mezza età fa una visita guidata nell’aldilà, incontra un sacco di gente, sente la fanfara dei cieli, e alla fine esce che è buio” (139);
politica verosimile: “Un fascista materassaio fonda un circolo segreto con gli amici, nerovestiti con i compassi. Parrebbero pirla, invece governarono il paese” (137);
para-infantile: “In case di funghi, un popolo di omini blu vive in una società rigidamente maoista, condivide una sola donna e lotta contro un mago fascista” (139).

Sono le storie al telefono ma le favole valgono ancora: può qualunque storia essere narrata in 140 caratteri, ovvero la misura standard di un sms? Può una storia complessa aderire alla misura aurea della comunicazione odierna? Può. E senza bisogno di ricorrere alle “kappa” e alle abbreviazioni imbarazzanti, ché qui si comincia ad avere un’età.
Le regole del gioco sono dunque semplici: massimo 140 caratteri, vale qualsiasi tipo di storia, più è intricata e maggiore è l’onore del sintetizzatore estroso. Per semplificare la creazione, suggerisco un comodo strumento di conteggio istantaneo: questo.

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la crisi politica magiara

premier_magiaroProsegue la crisi di governo in Ungheria, a seguito delle dimissioni del primo ministro Ferenc Gyurcsany. Gyurcsany, premier dal 2006, si è dimesso il 21 marzo scorso a seguito dello scandalo sollevato dalle rivelazioni di trivigante.it riguardo la pasticceria Gerbeaud: infatti, detta pasticceria non offre affatto quaranta tipi di torta, come invece sostiene la vulgata popolare per attirare i golosi d’Europa.
Qui il reportage. A destra, una fotografia di Gyurcsany in un momento di svago.
Gordon Bajnai, il possibile successore al governo, ha presentato ieri al Partito socialista (Mszp) e all’Alleanza dei liberi democratici (Szdsz) il proprio programma. Che non comprende il progetto di aggiungere almeno trenta torte al banco della pasticceria Gerbeaud.
Faremo cadere anche questo.

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esplorazioni: i libri della via Pal (Puskás livrók)

irak_boltjaSe dopo i reportages della scorsa primavera sulle librerie franzose, germaniche e ceche alla ricerca degli autori italiani apprezzati all’estero, io non fossi entrato nella più importante libreria di Budapest per proseguire l’indagine, di certo non sarei un buon riportatore.
Sono entrato, che domande.
La libreria è Irók Boltja, che sta al quarantacinque di via Andrássy, ed è la più internazionale della città: infatti, alcuni scaffali sono dedicati (grande idea, sul serio) ai testi di autori magiari tradotti all’estero, ovvero si trova, per dirne uno, Sandor Marai in edizione Adelphi. Inoltre, con cortesia lontana anni luce da qualsiasi delle nostre librerie, alcuni tavoli tondi sono disposti verso la luce, a disposizione dei lettori (lettori, non clienti), e in un cantuccino, aggratis, un bel carrelletto con acqua calda, bustine del tè, tazze, latte, limone e zuccheri vari. Costo: zero. Progressione della civiltà: incommensurabile.

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non solo porno e ragazzi della via Pal

Finalmente tra un’ora sarà il momento, dopo otto anni di attesa e quattro mesi di spasmo con biglietto in mano. Fatto il pieno di gulash del demonio, ora è tempo di rock a orrovolume:

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Se avete più di quindici anni e non capite davvero cosa possa animare il cuoricino di un satanista rock, abbiate pazienza, fate la faccia condiscendente, evitate di manifestare la vostra incomprensione qui e, soprattutto, evitate di ripassare da queste parti per un po’, visto che al mio ritorno sarò tutto imbestemmiato dall’estasi concertuale e parlerò a lungo con tono rapito.

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ténnica trivigantismi

i suggerimenti senza amore

A me le robe su base statistica mi vanno un po’ traverse. Perché non c’è amore, non c’è cura.
Mi spiego: il fatto che io abbia una età X e che corrisponda, ipoteticamente, a un certo profilo di consumo, non implica che io sia felice quando ricevo in posta grumi di depliants di carte di credito gold e superplatinum; allo stesso modo, se un commesso non viaggiatore (ma in odore di morte) mi vede e mi propone l’acquisto di una tuta da ginnastica da antenato di un para-rapper, un filo mi irrito. E odio tutti i tipi di tessere che puntano a fare di me un amico fedele in cambio di sconti micragnosi (e poi si vendono le mie preferenze in fatto di latticini), non clicco mai sulle inserzioni in rete, evito i questionari, disprezzo chi pubblica sondaggi sui giornali e prima o poi passerò a fil di lama chi pubblica dati statistici in campo sanitario sui quotidiani, vigliacchi senza coscienza.
Comunque, ‘sta sbrodolatina per venire al fulcro dell’esperimento di oggi: messi gli occhiali vedo-rosa, che ogni esperimento fan ben venire, e chiuse le tende del laboratorio-soggiorno ho testato con la bellezza di sei prove i suggerimenti di ricerca di Gugol. Quelli che se digiti l’inizio della parola/e che stai cercando, appaiono tutti in fretta sotto la casella di ricerca, secondo un percorso illogico riconducibile solamente alla statistica casuale della cippa: ho un’idea vaga di quale dovrebbe essere la loro utilità ma non ne conosco utilizzo pratico sensato.
Ecco le parole-test con cui ho titillato il motore di ricerca: quando, perch (c’è una ragione), chi sono, fare, how (vorrei essere pubblicato su riviste scientifiche internazionali), uccidere.

I risultati offrono elementi interessanti: il 60% delle ricerche sono iperfutili e il resto fondamentali (“quando“), nessuna via di mezzo; se la parola è “perch“, la poesia dei risultati sulla rositudine dei fenicotteri è insuperabile, alla faccia di emule rotto; saluto felicemente il pareggio sostanziale tra palestinesi ed ebrei al test “chi sono“, con buona pace di chi cerca sé stesso; il fatto che la tecnica per fare il pane superi le ricerche su come fare l’amore (voce “fare“) è un sintomo preoccupante? Meglio il pane o l’amore? La versione internazionale (“how“) mi aveva mandato in visibilio con la prima voce, evidenziata, finché non ci ho cliccato sopra e ho scoperto che si tratta di un telefilm: sono molto deluso; infine, “uccidere“, oltre alla doppia variante dello stesso concetto (maiale e Berlusconi) mi rapisce al pensiero di “uccidere virgola”.
E ora, cari scienziati colleghi, i risultati in dettaglio:

Una bella chiusa informativa, oltre a tutto: cari cercatori di Gugol e caro Gugol stesso, vi informo ufficialmente che “perché”, sia come congiunzione che come sostantivo che come avverbio, si scrive con l’accento acuto e non con quello grave, perché perché perché. Cazzo, l’accento, maledizione, fanculo, ora vi cercherò e poi, sapetevelo, morirete.

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il barbiere, il professore, il pelato

mosaicoUn barbiere, un professore sbadato e un uomo pelato partono insieme per un viaggio.
Calata la notte, stabiliscono di fare dei turni di guardia: prima il barbiere, poi il professore, infine l’uomo pelato.
Il barbiere, per far passare il tempo durante il suo turno di guardia, decide di tagliare i capelli al professore, mentre dorme. Non appena finito, lo sveglia perché inizi il suo turno di veglia.
Il professore, intontito, si passa la mano sulla testa e dice: “Ma questo barbiere è proprio un idiota, ha svegliato l’uomo pelato invece che svegliare me”.

Non Monty Python ma racconto umoristico del III secolo dopo Cristo. Ih ih.