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59 secondi di… vista berlinese

Dal cupolone, treni, barconi, persone, biciclette, sirene e vento da altitudine, tutti berlinesi.
O anche un po’ di niente.
Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più lituana della bocciofila, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.

Qui un video berlinese decisamente migliore del mio, con il giochino che pare-tutto-piccolo. Miracoli del dopo.

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se cerchi, non trovi e finisci da me (settimana 36/10)

Visto il successo (?) che riscuote la rubrica e in attesa di coordinamento del succulento materiale con i miei amici, oggi ripropongo un intramontabile svago: le chiavi di ricerca. Ossia, le parole migliori che qualche incauto ha digitato nei motori di ricerca e per le quali è finito su trivigante. Via.

significati e istruzioni:
impossibile non aprire con il solitario ispanico che ha digitato “significado patacosa”, farlo seguire da “cosa vuol dire tregenda di colori”, e la domanda resterà inevasa, per giungere finalmente al vincitore della sezione: “come si usano segnali ferroviari”. Sperando, ovvio, che non si tratti di un dipendente FF.SS., che allora meglio la macchina.

porno (in senso ampio):
inutile far finta di nulla, la rete si muove alla ricerca del porno, e come diceva qualcuno se chiudessero tutti i siti porno in internet resterebbe un solo sito internet, ridateci il porno. E così le ricerche, di conseguenza, bisogna rassegnarsi e cogliere gli spunti. Eccone un po’, presi alla larga: c’è chi si documenta prima di un viaggio, “prostitute milano stazione centrale 2010”, chi si interessa anche di religione, “ebrei ortodossi prostitute russe” e chi, memore forse dei finneghismi, mi dà gioia cercando “masturbastione”. Grazie. Vincitore della sezione è senza dubbio il generalista toscano “ignude”, che ci basta che si veda la carne, mica che respirino. Restano in classifica anche questa settimana i sempreverdi (e recidivi) “russia terra di puttane”, “video porno nel granaio”, “porno incesto 1986” (chissà perché), e l’ormai leggendario “porno vomito”.

culo (sottosezione):
il navigatore solitario che insiste pervicace nella programmazione del “viaggio al centro del buco del culo” non è più solo, ha ora un degno compagno in colui che si interroga sul “record buco del culo enorme”, con attitudine e gergo da scienziato.

numeri:
se “1” è al 24% delle ricerche, il nove per cento ha cercato “2” e solo pochi cercano “24” o “35”, per quella che a questo punto definirei la legge dei piccoli numeri. Il significato e l’intento restano davvero reconditi. Nessuno mai che cerchi a cinque cifre.

le belle lettere:
un fine conoscitore, “nabokov bello leggere sensazioni piacevoli coricarsi fonte”, cercava probabilmente la citazione “Sapere che si ha qualcosa di bello da leggere prima di coricarsi è una delle sensazioni più piacevoli della vita” e la fonte è nientedimeno che il Reader’s Digest, e un suo meno esimio collega, invece, vuole della poesia: “poesia sedia”. Vuota resta la sedia / riposta in ultima missiva / lì poneva flaccide membra, / lì ascoltava fiabe di vita / ora giace sul palco immobile / celando per sempre il suo dire (Giovanni Monopoli, il poeta della sedia).

voglio sapere:
ultima sezione della settimana, coloro che necessitano di informazioni: a volte vaghe, “pianeta satellite aneddoti”, a volte più specifiche, “cantineocatecumenali” (sic!), a volte talmente dettagliate da sconfinare nel lato oscuro della religione, “santi pietro e paolo dart fener” (ma so dove voleva arrivare). Infine, e qui si vince, esistono coloro che cercano, cercano ma mai trovano e proprio non sanno spiegarsi il perché: otto persone l’ultima settimana hanno cercato e non hanno trovato il sublime “undefined”, concetto talmente definito da causare difetti al labirinto.
Utilizzare con cautela.

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monumenti (ai) caduti: mulazzo

Per la rassegna dei monumenti ai patrii caduti cui arrise la mano felice dello scultore, oggi è il turno di Mulazzo.
Grazioso borgo della Lunigiana, fu feudo dei Malaspina e, più che altro, baciato dalla presenza di Dante nell’aprile del 1306, che vi vide il cosmo e ci pensò su, scrivendone.
Meno splendido, anche Arturo Dazzi vi trascorse del tempo, dopo i fasti del Bigio e delle testone di Ciano che, ora, giacciono rispettivamente in un magazzino e in una cava; essendo scultore, qualche indizio ci avvicina al responsabile, forse, del monumento locale.

Alla composizione, dunque: l’uomo di spalle a sinistra che pare contare per il nascondarello in realtà è combattente che dona, o riceve?, una pagnuchina da una madre triste con bimbo aggrappato, mentre alle sue spalle e dietro il monolite si svolge l’azione: un uomo, parmi lo scultore con martello e scalpello, o pugnale e bomba a mano chissà, visto che ha in testa un cappello che pare infelicemente elmetto germanico, con lo scalpello cava fuori dalla muta pietra il ricordo e le fattezze dei poveri caduti, piuttosto deformi. Ricorda invero una certa scena di “Alien”, che se dico: “uccidimi” alcuni sanno ciò che dico.
Inquietante è la concatenazione di moti da luogo alla base, sangue>libertà>pace, che vien male a pensarci, data la categorica ineluttabilità del testo. Ma così non è, caro il mio scultore elmettato: dal sangue dei buoni vien, talvolta, la libertà ma, e sottolineo il ma, è solo con molto molto sangue dei cattivi che vien la libertà per davvero. Riscrivere, dunque: “Dal sangue dei cattivi la libertà per i buoni, dalla libertà per i buoni la pace per tutti”. Innegabile.
(grazie a mg).

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59 secondi di… nuvole vulcaniche

Nuvole che corrono dalla cima di un vulcano spento, secondo quella strana legge per cui metti una cosa a punta sufficientemente alta ed ecco che si formano le nuvole. Bel mistero da guardare.
Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più lasciva del Mezzogiorno d’Italia, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare. Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.

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francis il muro parlante: bellalavita

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono. Il muro è però solitamente ricettacolo di rivendicazione e di protesta, molto più raramente di considerazioni in positivo. In questo caso, a meno che il punto esclamativo abbia funzione di enfatizzare il sarcasmo, il messaggio è composito: bella grafia per considerazione tanto gratuita quanto consolante e, vicino, il signore rastaman che potrebbe essere coevo o, chissà, antecedente al messaggio. Il tutto, però, funziona.

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francis il muro parlante: il genere

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono. E così è in questo caso, anzi: la consapevolezza stavolta travalica il messaggio. Ora, io capisco il rispetto delle differenze di genere e la parità a tutti i costi, condivido pure, ma così la forza del messaggio mi va davvero a ramengo. Compagni, mettiamoci d’accordo: se usiamo “donne”, “tizi”, “cosi”, “misters”, per indicare tutto il genere umano a me sta bene, basta che sia uno. Perché altrimenti è uno/a stillicidio/a.

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59 secondi di… tabellone dresdense

Le letterine che quando meno te l’aspetti, cascano.
Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più linfatica della terra di mezzo, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile. (Grazie a mr. L.).

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estasi trivigantismi

il tasso del tasso del tasso del Tasso (e la guercia)

Uno dei miei giri romani prediletti consiste nell’arrancare per la salita gianicolare verso Sant’Onofrio, visitare il chiostro che ospitò il Tasso e poi vide Leopardi, Goethe e tanti altri venuti a omaggiare il poeta, e poi proseguire in alto ricordando la Repubblica Romana, tempi migliori di questi, incappare nel bizzarro faro argentino, per poi ridiscendere via tempietto di Bramante, ambasciata di Spagna, Acqua Paola e via così.
Lungo la salita si incontra la cosiddetta quercia del Tasso, sotto la quale il poeta andava a meditare. E a pigliare il fresco, diciamocelo. Però io, che son rinascimentale di formazione, mi diletto assai poco dei versi tasseschi, preferendo loro i versi dell’Ariosto, o del Pulci, o meglio ancora del Boiardo, giusto per restare in analogo argomento. Ciò non toglie che una bella visita alla quercia e al sepolcro non me la nego quasi mai.

E ogni volta che passo davanti alla quercia, ormai seccherella e annerita dal fulmine, non posso non ricordare Achille Campanile che, da pazzo qual era, scrisse quella meraviglia che è “La quercia del tasso” (e la minuscola è corretta). Ecco la meraviglia:

Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.

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munuocchin’ uorldbag men: berlino

Nonostante non sia arrivata alcuna richiesta a tal proposito, è giunta l’ora di una nuova impresa del munuocchin’ uorldbag men, l’uomo che tenta di fare moonwalking nel mondo sempre con la stessa borsa. Stavolta ha colpito nella cupola del duomo di Berlino, portando il significato della danza là dove regna il crauto protestante. Inutile dire che cotanta bellezza lascia interdetti e ciò che non si può spiegare, il m.u.m., resta ineffabile.
Notare le mani, atte alla performans.

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nemici trivigantismi

oggi me la prendo con: le pringles

Io vivo in un mondo di amici, pochi e molto buoni, e un mondo enorme e sconfinato di nemici, tutti là fuori e qua attorno. La cosa non solo non mi turba ma, anzi, mi istiga alla provocazione continua: ecco perché quotidianamente me la prendo con qualcuno.
Oggi il bersaglio prescelto è: le prìngols, perché ho scoperto che sono lo snack più diffuso al mondo. Grande nemico, grande godimento, sempre puntare in alto.

Prima di iniziare, un bel disclaimer: tutto quanto sto per scrivere riflette un solo pensiero, dopo averle provate una volta su un Eurostar, ossia che le prìngols mi fanno orrore, sono una schifezza ributtante e invito chiunque a mangiar piuttosto pattume, anche inorganico. Se, infatti, nulla hanno a che vedere con le patate (fatto primo), sono in realtà una bella accozzaglia di liquami poco relativi al cibo (fatto secondo, un esempio).
Detto questo, un’utilità ce l’hanno: con il tubo si può fare una bella antenna per potenziare la ricezione della scheda wireless. Nient’altro.

Ma le ragioni alimentari mi interessano poco, in fin dei conti se uno desidera mangiare scarti è libero di farlo, piuttosto veniamo all’economia e all’imbecillità: le prìngols sono prodotte dalla Procter&Gamble, ultra multi-nazionale rea – tra l’altro – della produzione di Sentieri e di un mare di altre cose. Simulazione: vi alzate la mattina e, poiché volete un sorriso smagliante, pulite la vostra dentiera con AZ o Oral B e ve la incollate al palato con Kukident; a seguire, mentre indossate una bella Lacoste, perché siete dei fighetti, date un colpo al pavimento del cesso con la candeggina ACE e indossate prontamente un Pampers o un Lines perché siete fighetti sì ma piscioloni; poi la barba: inserite delle pile Duracell in un rasoio Braun ma ci ripensate e usate una lametta Gillette per preparare la faccia alla fragranza del profumo (Biagiotti, Boss e via) e lavate il rasoio con Infasil; vi truccate da pagliaccio con Max Factor o Oil of Olaz mentre lavate il cane con Wella; e non avete ancora fatto colazione con le vostre crocchette Iams, presto; lavate il parabrezza con Viakal usando fazzolettini Tempo aromatizzati al Dash.
Per farla breve, non sono nemmeno le nove del mattino che già a Cincinnati, sede della P&G, stanno suonando le campane a festa.