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l'ora dell'aneddoto

amenità: le campane della torre

Se qualcuno si fosse mai chiesto se la torre di Pisa sia una torre campanaria, ebbene la risposta è sì. Se qualcuno si fosse mai chiesto che suono facciano le campane della torre di Pisa, ebbene la risposta è qui. Se qualcuno si fosse mai chiesto se sia meglio un pisano all’uscio o un morto in casa, ebbene non saprei proprio che rispondere.
Invece, resta un fatto che, da secoli, se si vuole vedere Pisa allora è d’uopo andare a Genova.
genova-boccadasse

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memoria

trentacinque

090528piazza_loggia

Aggiornamento delle ore 10.12:
Alle ore 10.12 di trentacinque anni fa scoppiò la bomba in piazza della Loggia. Oggi, esattamente alla stessa ora, il che un pochino mi fa pensare, escono due articoli sul Corriere della Sera online, riguardanti la strage di piazza Fontana. Questi due articoli (uno e due) sono a corredo dell’uscita, sempre oggi, del libro «I segreti di Piazza Fontana» di Paolo Cucchiarelli, nel quale è esposta la tesi della doppia bomba, una di matrice neofascista e una anarchica, nella Banca dell’Agricoltura.

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nemici

la parata dei redditi

Nonostante non contenga nulla di nuovo, questo post fa incazzare parecchio (avvertenza per chi è già nervoso).
Nel 1971 l’economista Jan Pen, in Income distribution, teorizzò – per meglio rendere la disparità tra i redditi della classe media e dei super-ricchi – lo strumento della “parata dei redditi“: immaginate una parata di persone che vi sfili davanti, nella quale ogni persona è alta in proporzione quanto guadagna. Attualizzando il concetto, direi che uno stipendio di 1.100 euro (13.200 annuali) equivale a un’altezza di 1,75 metri, considerando stipendio e altezza media. Di conseguenza, chi guadagna circa tremila euri al mese sarà alto più o meno quattro metri e così via. Provate a immaginare di assistere alla parata.

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politicona

speciale europee pt. 3: odore di cristianucci

Il brand “cristianità” funziona sempre e, quindi, perché non utilizzarlo ancora? Anche perché per un Odifreddi che banalizza pare ci siano sempre svariate schiere di (scudo)crociati pronti alla chiamata, in difesa delle radici omogenee e non contaminate – fantasiose invero – della cristianità europea. Ovviamente non è così, e le schiere si riducono più che altro a minutaglie sparse, in cerca di qualche Goffredo di Buglione che si atteggi a cavaliere senza macchia spinto da spingitori idealisti: a Gerusalemme, ovvio, aveva anche lui i suoi bravi interessi propri. Come allora, metter su una crociata, anche piccolina e scassona, è un investimento redditizio, perché un finanziatore si trova sempre. In questo caso, finanzia direttamente il parlamento europeo e indirettamente un pizzaiolo di Potenza che delle radici cristiane, francamente, se ne impippa, riflettendo lui su mozzarella e pomodoro. Magari sulla scamorza, talvolta.

Il terzo giro di giostra delle liste candidate alle elezioni europee, dunque, è a cavalcioni delle liste minoritarie di ispirazione cristiana. Apre “Italia cristiana” che propone un cuore di Vandea, singolo anziché doppio come norma vorrebbe ma con corona e croce regolamentari, inscritto in scudo tricolore simile a calcistico scudetto, non fosse per i bordi superiori scurvati. Rimane il solito equivoco generato dai nomi delle liste elettorali, o partiti, di questo genere: si intende qui raccogliere a chiamata l’“Italia dei cristiani” oppure il nome è l’espressione di un anelito, teso a rendere l’Italia finalmente del tutto cristiana? Sottigliezze.
Più decise le altre due liste, “TPdC-DC” e “CDC”: il concetto è siamo cristiani e se siete cristiani ci dovete votare. Punto. Interessante notare che il nome della perfetta lista di ispirazione cristiana deve SEMPRE contenere le lettere “c” e “d”, combinate variamente (si pensi a DC, CCD, UDC, CDU), pena l’insuccesso elettorale: a questo proposito, suggerisco gli inutilizzati (ancora) DDC, PCD, DCC. Evitare assolutamente, anatema!, PDC, già usato in altra area politica, e LCD, che è proprio altro ambito.
Si notino lo slogan sullo scudocrociato “Liberi dal 1942”, ovvero l’anno di fondazione della DC nonché anno XX dell’era fascista, libera tanto quanto un sequestrato delle FARC, e il campanile ecclesiale ton-sur-ton che svetta dietro la famigliola felice e cristiana. Nonché di destra, il che si coglie dalla gonna abbastanza corta della prolifica mamma al centro.

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politicona

speciale europee pt. 2: di terra bella e uguale non ce n’è

“Un giardino dentro al mare / Contadina come me / Ride e canta e ballerina / Forse il sole è nato qui”: efforse anche no. Qualcuno non era d’accordo e cantava: “l’Italia metà giardino e metà galera”.
Seconda puntata dell’appassionante viaggio all’interno delle liste candidate alle europee e sbornia di retorica nazional-popolare sul paese che come si mangia in Italia, le donne, il genio, il sole, l’allegria, orcozzio. Declinazioni della summa forzitaliota, e speriamo sempre non ci tocchi mangiare spaghetti bolognaise a Colonia o a Manchester.

In puro stile Tozzi-Morandi-Ruggeri apre la parata la lista “Gente d’Italia”, che se ne va, bandiera spiegata al vento e dodici stelline europee (Romania? Che Romania?), sottotitolo esplicativo: “Oltre la casta”, che detta così pare puntare a una super-casta di contadini, ballerine e suonatori di tortiglioni. L’immagine, oleografica, della Mangano con la faccia di Sordi si fa strada verso Bruxelles, con le calze da mondina ai piedi e in testa il genio italico che con colpo di reni recupera le materie insufficienti all’ultimo giorno utile di giugno.
Risponde alla pari “La mia Italia”, simbolo spudoratamente copiato con sorrisetto tricolore e palese rimando all’“Italia che ho in mente”, gran buffonata recitata a schermi unificati. Il sottotitolo: “protagonista democratica popolare” copre tutto lo spettro visibile dal lato ggente e garantisce equa distribuzione dei benefici: un posto al sole, partecipazione con eguali diritti, bel canto per tutti. L’Italia del valzer, l’Italia del caffè.
Terza posizione balenga ma meritevolissima alla lista “Terra d’Italia”, tautologico anzichenò, concetto ribadito ulteriormente nel sopratitolo “La mia terra”, a rubar voti alla lista precedente. E anche qui l’immagine dell’albero degli zoccoli ambientato nella classe di “Cuore” si manifesta con l’audace sostantivazione (argh!) ancor più sotto: “ambiente, ruralità, caccia, pesca, tradizioni”, in cui chiaramente è più che lecito sparargli o, semmai, pescarlo, all’ambiente.
Irresistibile la semplificazione grafica: pino>passator cortese>nano>gabbiani>mare e montagna. Chè la pizza non si sa mai a che gusto prenderla e che bello il riso argentino dei bambini le giornate di sole.
Niente scorregge, please. Sinceri e rurali fino al 7 giugno.

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nemici

la nuova scalinata di Granbassi

Per chi ha seguito la vicenda triestina dell’intitolazione di una pubblica scalinata a Mario Granbassi, fascistone giornalista e combattente di Spagna dalla parte sbagliata, raccontata da Siu in questi mesi (cfr. b.site 19 novembre 2008 e segg.), la faccenda – puzzolente e vergognosa da qualsiasi angolatura la si guardi – ha avuto degna conclusione: la scalinata, ora, ha la sua nuova targa. Qui il resoconto, segnalato ancora da Siu.
Non si registrano commenti della schermidrice nipote del tizio. Il sindaco di Trieste, uno dei tanti mona del genere al comando di amministrazioni fascistelle, ha commentato: «stare vicini a una vita breve, vicini ai sentimenti, distinguendo la persona da un contesto storico cui un’intera nazione è appartenuta». Bella cagata di distinguo, bravo.

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estasi

la stazione di monta

svampaIl 19 aprile scorso, un po’ per tirare la volata al capo della Provincia milanese e un po’ perché è la sua vita, Nanni Svampa ha tenuto un concerto a Milano, in un circolo ARCI davvero sontuoso.
Inutile dire che Svampa, tra Gufi e Brassens, è uno che va sentito almeno una volta nella vita e altrettanto inutile dire che io, con un degnissimo compagno di merende, c’ero. Concerto notevolissimo, divertente e incantato, con certi concetti fondamentali che passano qua e là come piccole pietre molto preziose, tra donne di ringhiera e amanti avvinazzati. Oltre, naturalmente, alle selvagge storielle da osteria. Ed è una di queste che voglio raccontare, come l’ha raccontata lui:

In un paesello del varesotto, appena dopo la guerra, arriva alla stazione di monta il toro. Naturale che tutti i contadini portino le loro vacche a ingravidare. Un contadino incarica la figliola di portare la vacca alla stazione di monta. Lei, un po’ ruvida, prende la vacca e si incammina. Sulla porta della chiesa, il parroco la vede e le dice: “O dove vai, figliola, con la vacca?”. Lei (si immagini l’accento varesotto-belluino) risponde: “Eh, porto la vacca a far montare”. E il parroco: “Ma benedetta figliola, non può dunque attendere il tuo papà a questo mestiere?”. E lei, subito: “Eh no, ci vuole proprio il toro”.

(Stazione di monta batte Stazione centrale).

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politicona

speciale europee pt. 1: il caso cirillo

Deposito contrassegni Elezione dei membri del Parlamento europeo

Con cadenza annuale giungono le elezioni e, con cadenza analoga, la sezione “Analisi politiche frolle” di trivigante.it scodella la ignominiosa parata dei simboli e delle liste candidate alla nomina parlamentare. Stavolta, trattandosi di elezioni europee (per i non avvisati, si vota il 6 e 7 giugno), ci sono le preferenze e si ripete, ancora, l’aberrante processione al parcheggio di relitti politici tra Bruxelles e Strasburgo, tra candidati improponibili e candidati dalla preparazione, come dire?, inappropriata.
Le liste, di conseguenza, sono addirittura maggiormente sconclusionate che alle politiche ed è di questo che, qui, si renderà conto. Con l’aiuto del sempre utile Ministero dell’Interno, vado dunque a iniziare un viaggio periglioso e lungo nei meandri delle liste candidate alle prossime elezioni.

Sempre in nome del maggioritario, del bipolarismo e della semplificazione politica, in questa tornata sono candidate 89 liste, coagulo di un numero imprecisato di candidati. A me sfuggono, attualmente, tante cose, tra cui la ragione per la quale si presentino contemporaneamente PDL, Forza Italia, Alleanza Nazionale, PD, Democratici di Sinistra, Margherita e così via, uniti e disgiunti. Ma io sono l’omino di legno cui certe cose sono – ahimé – precluse.
Come che sia, via con l’abominevole viaggio nei liquami elettorali.

1. il tremebondo caso del dott. Cirillo.
Rincoglionito di gran fattura, il dott. Cirillo – già presentatosi alle politiche con il partito degli “impotenti esistenziali” – ora quintuplica l’offerta e tra il criptico e il simbolo fatto dal suo grafico tredicenne rilancia, coinvolgendo donne, contraccezione, umiliati, ricchi calembours da autogrill e i soliti impotenti esistenziali (ovvero “i cittadini che non hanno forza e coraggio di esternare le proprie insoddisfazioni esistenziali e i propri malumori”, dice lui).
Un interessante caso in cui: A) il tizio ha sbagliato posto e invece che alle elezioni avrebbe dovuto presentarsi alle feste di compleanno delle minorenni napoletane tirate su a colpi di Vangelo; B) la democrazia dovrebbe essere meno estesa e non garantire pari diritti ai fresconi da balera dal pennarello facile.
Difficile dire a cosa punti il dott. Cirillo, probabilmente ad allegre serate in compagnia di amici farcite di matte risate e di cuscini scorreggioni, più che a seggi europarlamentari. Bene, buon divertimento, caro dottore, e quando può venga qui a ritirare il premio “Vacanze sul Nilo 2009”, che le è appena stato qui assegnato. E poi non dimentichi di ritirare il buono per una gita in pullmino a Gabicce in compagnia di un allegro gruppone di khmer rossi.

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estasi

René Maltête

La gioia che provo quando qualche persona amica mi mostra qualche meraviglia sconosciuta è incomparabile e incommensurabile. Succede, per fortuna, e ogni volta è bellissimo.
La meravigliosa e generosa Siu mi ha introdotto di recente allo strepitoso mondo della fotografia comica e poetica di René Maltête, fotografo francese dal cuore gentile e ridicolo.
Il minimo che io possa fare è diffondere la meraviglia:

Molte altre, stupende, si trovano qui.

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memoria

la torta del professor Cornelius

cameo1Nel 1925 Thomas Mann scrisse un racconto intitolato “Disordine e dolore precoce”, nel quale racconta una giornata di una famiglia borghese, i Cornelius, negli anni della crisi economica dopo la prima guerra mondiale e durante la Repubblica di Weimar. Mann descrive un interno borghese che, condizionato dalla follia economica di quegli anni e dall’iperinflazione del marco, subisce un radicale abbassamento degli standards e della qualità di vita: l’erosione del reddito costringe la famiglia a economie su ogni fronte e, di conseguenza, poiché costringe a vivere alla giornata con l’ansia dell’insolvenza, modifica l’atteggiamento e la disposizione di ogni componente della famiglia.