Oggi casco in zona “ora dell’aneddoto” o, peggio, “forse non tutti sanno che”, ma tant’è, talvolta quel che viene viene.
Essendo tra poco tempo di coriandoli, s’addica l’etimo e la storiella inedita: essendo notoriamente il coriandolo (più correttamente: coriandro) pianta delle ombrellifere utilizzata in erboristeria e in cucina più che altro per i semi – la questione è discussa, poiché alcuni fanno risalire l’etimologia al greco kòris, “cimice”, per l’odore fetido dei semi – meno nota è la fortuna della pianta in ambiti diversi.
Infatti, un tempo usava ricoprire il seme di coriandolo di zucchero, originando così il primo confetto di cui si abbia notizia, ben prima delle mandorle. Che poi, “confetto” sta letteralmente a dire preparato, composto, lavorato, al participio passato.
Lo stesso seme del coriandolo, che per sua natura è sferico e ben si adatta a esser pallina, veniva ricoperto di gesso ed era usanza tirarlo nei giorni di carnevale. Da qui l’equazione carnevale-coriandoli. Non stupisce, a questo punto, che in virtù di quanto detto l’inglese confetti (proprio così, e sempre al plurale) indichi i coriandoli quelli del carnevale, mentre il confetto è la sugared almond. Chiaro.
Ma come avvenne il passaggio dai coriandoli di coriandolo ai coriandoli di carta nel carnevale? Pare vi sia un nome, una data e un luogo: un certo Mangilli da Crescenzago, che nel 1875 sembra abbia avuto l’intuizione del dischetto di carta colorato. Bravo, Mangilli. Pare infatti che il Mangilli avesse avuto l’idea di commercializzare i dischetti di carta che gli rimanevan lì dalla coltura dei bachi da seta.
Come sempre esistono gli avversari e le storie non son mai chiare: i sostenitori di Ettore Fenderl, ingegnere, sostengono sia lui l’inventore del coriandolo cartaceo; essendo poverello e non potendosi permettere il coriandolo in versione pallina di gesso, egli si mise a ritagliare e poi tirare piccoli triangolini di carta, nella festa del 1876. Mangilli o Fenderl? Io dico Mangilli, che uno dice Crescenzago ed è subito poesia.