Categorie
estasi trivigantismi

finneghismi: il gigantesco riepilogo.

Per i forti di cuore e di pazienza ma deboli di riso, un gigantesco riepilogo dei finneghismi fin qui generati, grazie al meritevolissimo e titanico sforzo di chi, qui, ci si dedicò (chi fosse interessato ai precedenti, ne trova alcuni nel b.site, 16 gennaio). Riepilogo che serve un po’ a riunire in queste pagine quanto di originale fatto finora, un po’ perché mi vien sempre da ridere e un po’, chissà, a ripartire se qualcuno desidera.
Ed ecco, a seguire, l’elenco di meraviglie.

Categorie
estasi

swine flu

swine_flu_vr(da The Ottawa Citizen, via Internazionale).

Categorie
trivigantismi

lettera di cambio (canzoni)

Dopo libri, film e locuzioni, il quarto fronte del gioco sono le canzoni, come da sollecitazioni sacrosante e maraveggiose. Sempre una lettera sghimbescia, una sola, che muta il significato e la prospettiva.
L’apertura dunque va all’onorabile Siu, che ha già cosato di cervello al riguardo:

zingari_fenici– pensiero della moglie, di fronte all’ormai irrimediabilmente sformato e inerte marito, mentre in TV passa “Pretty Woman”: “Whish you were Gere”
– rifiuto del dipendente del reparto maschile di un salone unisex all’ennesima richiesta di dare una mano in quello femminile: “Non fono una signora”
– il massimo dell’esotismo leghista: “La pianta del pè”
– maestra incapace di suscitare interessi nei propri alunni: “La pocomotiva”
– raccolta di pensieri sull’eterno tema della guerra: “Strangers in the fight”
– il prezzo dell’omertà: “The Pound of Silence”
– appuntamento fra amiche fanatiche della dieta: “Eravamo quattro alici al bar”
– rivista dedicata agli amanti della pesca: “Lenza fine”
– manuale sulle strategie di mercato: “Finchè la marca va…”
– preoccupazione del telespettatore italiano medio dopo l’inattesa chiusura del Bagaglino: “Cerco un centro di grevità permanente”
– film di successo del filone catastrofista-incendiario: “Burn in the U.S.A”
– uno dei tanti esempi dell’arte di arrangiarsi in tempo di guerra: “Sapone di sale”
– quando crolla il tetto: “Il cielo in una Standa”
– quel che ogni Nazione crede di essere nel quadro dell’equilibrio internazionale: “L’ombilico del mondo”
– a volte i pargoli hanno comportamenti non proprio irreprensibili…: “Attenti al pupo”
– …specie se provenienti da famiglie molto altolocate: “Attenti al Lapo”.

Senza dimenticare s|a che ha lanciato la proposta canzonatoria. Grazie.

Categorie
il nulla

prosit (fotosciop selvaggio)

barney-e-berluscChi di fotosciop colpisce, poi perisce.
Più o meno (magari!).
A memoria futura di ciò con cui ci tocca vivere (senza mai dimenticare la luce del Vangelo), posto la migliore, ripresa da s|a e, a sua volta, da brinda con papi:

Categorie
nemici trivigantismi

il mercato sottostante

billboardLe hit pareid musicali sono una boiata. Non ho mai conosciuto nessuno che, in base alle classifiche musicali, si orientasse all’acquisto e, tantomeno, nessuno che si sia mai riconosciuto in una di esse. Più che altro perché le classificone musicali sfornate da entità, come dire?, piuttosto interessate di solito producono risultati con un unico scopo: vendere di più. Inoltre, i metodi di rilevazione sono piuttosto stupidi e si riducono in sostanza a uno: le copie vendute. Il fatto è ancora più anacronistico oggi, che il negozio di dischi è stato ampiamente superato a destra dai servizi di vendita onlain. Per non parlare di chi la musica non la compra affatto, ma la reperisce. Stendere dunque un rapporto attendibile sul consumo musicale della gente, appunto, ha un che di impossibile. Una volta esistevano le bibbie dei dati di vendita, tipo Billboard, che facevano il bello e il cattivo tempo in fatto di successo o fallimento della musica commerciale o para-tale, oggi la cosa è più complessa, per fortuna. Una congrega di discografici riuniti in un metaforico Rotary si sono dati da fare e hanno fondato SoundScan, allo scopo di monitorare la circolazione e la vendita di musica in rete, così da integrare le hit pareid tradizionali. Contenti loro.
Come che sia, le classifiche di ogni tipo non hanno nessun valore per il singolo individuo, è evidente, non danno alcuna informazione utile sulla qualità della musica ma danno alcune indicazioni interessanti sul contesto. Che è bruttino, va detto.

Categorie
memoria

no space to be a child

Pankh mi segnala il racconto di Mohamed Altawil, un uomo palestinese che narra la sua storia, da bambino nei territori occupati fino a oggi.
“Perché” – si chiedeva trent’anni fa – “non abbiamo un giardino? Dove posso avere dell’acqua pulita? Perché non andiamo mai in viaggio da nessuna parte? Perché lasciate che i soldati ci umilino ai check-point?”. E soprattutto: “Tutti gli esseri umani vivono come noi?”.
Io, come Pankh, credo che valga la pena leggere il suo racconto perché dice molte cose interessanti. Chi volesse, lo trova qui.
Da: ‘No Space to Be a Child’ in Children in War. The International Journal of Evacuee and War Child Studies (Feb. 2009, Vol. 1, No.6): pp. 57-63.

Categorie
estasi

lo spirito nel granaio (omaggio a Dino Buzzati)

Nel 1965 Dino Buzzati decise di ritornare in Val Belluna per una notte, nella casa della sua infanzia. Nonostante non fosse tipica terra da belluno-villa-buzzatistregonerie e da fantasmi, la gente non avesse molti umori fantastici e i declivi e la campagna sembrassero bonari, la casa – fin dall’infanzia di Buzzati – pare fosse infestata da uno spirito di un antico fattore, forse un certo Fontana che defraudava le misure del granturco. Spirito che a mezzanotte attraversava il pavimento del granaio camminando da parete a parete, calpestando sonoramente i tavolacci di legno e rimestando tra i mucchi di grano e mais, il suo tormento.
Si dice che gli spiriti perdano di anno in anno in vitalità e consistenza, che dimagriscano e si attenuino, che le loro impronte si facciano fievoli e sottili fino a dissiparsi del tutto, dissolte e smussate con l’andare del tempo: per ciò, ormai quasi sessantenne, Buzzati decise di tornare nella vecchia casa, per assaporare ancora una volta quella soggezione solenne e antica che vien su la notte dai rintocchi, dai passi sul legno, quella folla di volti, di voci e di momenti perduti che avevano costituito la sua infanzia.
Anche uno spirito è questo.

Categorie
l'ora dell'aneddoto

via, figliole, non piangete

Piuttosto nota è la storia del prete di Travale. Tanto nota che la raccontava anche Bianciardi, il mio prediletto, ed essendo Travale vicino a Grosseto va da sé che Bianciardi la conoscesse. Orbene, il prete di Travale era un vecchietto in gamba, ottimo predicatore, apprezzato e stimato proprio per la sua capacità di stendere i sermoni e raccontare le storie del Cristo. Per questo, il venerdì santo e le altre feste comandate la chiesa era sempre piena: sarà un caso, ma quasi sempre piena di donne.
Un venerdì santo in particolare, il prete di Travale raccontava ispirato la passione e la morte di Gesù; tanta era la bravura e la partecipazione nel racconto che le donne, tutte, a sentire dei chiodi, del sangue e della corona di spine, si misero a piangere, trasportate dal racconto. Al prete, che era un brav’uomo, questo dispiacque, perché non desiderava certo far piangere qualcuno, a maggior ragione le donne che lo seguivano con tanto affetto. “Via, figliole”, disse per consolare interrompendosi a un tratto, “non piangete così, è una cosa successa tanto tempo fa”. E poi aggiunse: “E, forse, non è nemmeno vera”.