gli ottentotti, le gabbie per opossum e i tedeschi tutti

La storiella è piuttosto diffusa in rete ma, poiché è divertente e rende giustizia a cose e persone, la riporto qui. All’autore, ignoto, va il mio plauso convinto perché le parole composte in modo sovrumano mi fanno ridere un sacco (e poi sembra una gag in puro stile Monty Python).

deutschlandLa lingua tedesca è abbastanza semplice da imparare. Una persona che conosce un po’ di latino e di declinazioni si sentirà abbastanza sicura anche in Germania. Questo è, per lo meno, quello che dicono gli insegnanti di tedesco durante la prima lezione…
Il primo passo è comprare un corso di tedesco, come l’eccellente edizione, pubblicata a Dortmund, che parla della tribù degli ottentotti (Hottentotten). Il libro spiega che gli opossum (Beutelratten) vengono catturati e messi in ceste di vimini (Lattengitter) chiuse. Queste gabbie, in tedesco vengono chiamate Lattengitterkoffer; e se al loro interno vi è un opossum catturato, si chiamano Beutelrattenlattengitterkoffer. Un giorno, gli ottentotti catturano un assassino (Attentäter) accusato di aver ucciso una delle madri (Mutter) degli ottentotti (Hottentottenmutter), madre di uno stupido e balbuziente (Stottertrottel). Questo tipo di madre, in tedesco è chiamato Hottentottenstottertrottelmutter e il suo uccisore Hottentottenstottertrottelmutterattentäter. Si deve sapere che quando gli ottentotti catturano un individuo, lo mettono nella cesta per gli opossum (Beutelrattenlattengitterkoffer).
Ma l’assassino riesce a fuggire: inizia la ricerca!
Dopo qualche tempo uno dei guerrieri va dal capo: “Ho catturato l’assassino (Attentäter)“.
Sì? Quale assassino?” chiede il capo.
Beutelrattenlattengitterkofferattentäter“, risponde il guerriero.
Cosa? L’assassino che è nella cesta dell’opossum fatta di vimini?” chiede il capo.
Certo!” dice il guerriero, “Hottentottenstottertrottelmutterattentäter (l’uccisore della mamma dell’ottentotto stupido e balbuziente)“.
Ah” dice il capo degli ottentotti “Fin dall’inizio avresti potuto dire che avevi catturato l’Hottentottenstottertrottelmutterbeutelrattenlattengitterkofferattentäter!“.

  • gnappolo
    Feb 26th, 2009 at 17:46 | #1

    aiuto…
    Spassosissima e anche se non ho capito niente ho capito tutto (sarà il quarto di sangue austriaco o la gnappelmutter?)

  • siu
    Feb 27th, 2009 at 07:57 | #2

    Più che gnappelmutter forse sgnapel… nel senso che un discreto tasso alcolico credo non guasti, nel tete-à-tete con queste infernali macchine verbali (in effetti, però, meglio se birroso…).
    Noi con loro si ha poco a che vedere, comunque… Cugini, sì, si dice, per via della lingua, ma di tutta un’altra pasta…
    Specialisti piuttosto, quei due quarti di noi, nell’assistere alla dissoluzione d’interi mondi imperial-regi ballando il valzer, già da prima del resto brillamente consapevoli che non era che un bluff, una cipolla, una costruzione sul nulla… Non per niente familiarmente chiamata Cacania, buttando così non solo in valzer, ma anche in vacca, il pomposo e onnipresente k. und k., “ka und ka”, imperiale e regio. (“Serbidiòla” altro fulgido esempio di ridicolizzazione, in chiave popolar-triestina: dell’haydniano inno nazionale, a partire dal primo verso -aggiungere “ustriacoregno” per focalizzare-).
    Impeccabili, comunque, nel volteggiare sulle onde del bel Danubio blu andando a picco, quei due quarti di noi: che covano in seno, e praticano, le peggiori nefandezze, con la stessa disinvoltura con cui poi producono un Freud per farsele curare… in ogni caso guardando con orrore -peraltro ipocritamente dissimulato dietro le piume di un ventaglio- ai cugini tra Reno e Sprea.
    I quali ai giorni nostri, e siamo al punto, sono arrivati a inventarsi dei siti (mica solo uno) in cui gli studenti si confrontano su quale sia la più lunga parola tedesca, ve ne faccio un esempio che inizia (ma va’..?) con “Donau”, Danubio.
    Allora uno di questi… cugini di campagna, trova Donaudampfschifffahrtsgesellschaftsraddampferkapitänskajütentürsicherheitsschlüssel (salute!)
    che sarebbe una roba, ci provo, tipo: chiave di sicurezza della porta della cabina del capitano del battello a pale della società di navigazione a vapore sul Danubio. E già uno pensa “ma fatevi una canna, che è meglio..!”
    E invece non è mica finita. Perchè subito di cugino ne arriva un altro, ancora più secchione, e dice che si può fare anche:
    Donaudampfschifffahrtsgesellschaftsraddampferkapitänskajütentürersatzsicherheitsschlüssel, sei lettere di più…
    Vi risparmio la fatica: ha aggiunto, verso i 3/4, “ersatz”; ovvero, la chiave di sicurezza è diventata una chiave di sicurezza, ma di riserva. E già si comincia a temere che la cosa finisca coll’estendersi fino ai Sudeti…
    Comunque di sicuro non ci si meraviglia più tanto che Ratzinger sia quello che è: e austriaco, sicuramente, no (le scarpette rosse di Prada nient’altro, pare, che un fuorviante e vile indizio architettato dal solito lefebvriano in odor di pangermanesimo).

  • Feb 27th, 2009 at 16:09 | #3

    Oddio, quella della chiave del capitano proprio non la sapevo. Questa e gli ottentotti, però, mi fanno essere d’accordo ancor più con Mark Twain e con il suo “The awful German language”, buffissimo saggio sulla lingua tedesca, specie quando racconta le prove di immersione per la pronuncia di una parola composta in tedesco.

  • siu
    Feb 28th, 2009 at 09:46 | #4

    Purtroppo non ho letto il libro di Mark Twain, pur ricordandone qualche stralcio che stava probabilmente in un articolo di giornale.
    Secondo me, comunque, nella lunghezza dei nomi composti tedeschi c’è un aspetto più sostanziale delle doti atletiche necessarie per dirli, ed è che la sequenza su cui sono costruiti va, almeno per la nostra mentalità, esattamente al contrario.
    Nell’esempio di cui sopra, per non andare lontano, c’è, passo dopo passo, perfetta specularità -nel senso che è proprio invertita- fra il termine tedesco e la sua traduzione: loro partono dal Danubio (il dato meno essenziale di tutti, fa solo parte del nome della società di navigazione) per arrivare, dopo un km, alla chiave -in tutti i sensi-, all’essenziale: l’oggetto di cui si parla.
    E lo stesso succede nella costruzione delle frasi, quando il verbo è composto e prevede ad esempio un participio passato. Non sono quisquilie… se uno, o una, vi sta raccontando qualcosa che ha a che fare con un’azione compiuta -e voi lo ignoravate- con vostra moglie, o vostro marito, direi che magari la pazienza di cui disponete non è esattamente infinita, mentre aspettate la rivelazione: il verbo (appunto)!
    Questo comunque secondo me la dice lunga sul diverso atteggiamento, mentale e non solo, del popolo tedesco e di quello italiano. Loro, impeccabilmente e senza un cedimento attenti dall’inizio alla fine per recepire ogni concetto nella sua compiutezza e infallibilmente fin nei minimi particolari.
    Noi: “dimmi subito di cosa stiamo parlando”, che poi mi guardo in giro, mi taglio le unghie, mangio un panino, mi ricordo che devo passare a prendere il bambino a scuola… e le articolazioni successive, anche importanti, oppure i particolari -che spesso sono più essenziali dell’essenziale- non li ascoltiamo neanche più: non li sentiamo proprio.
    Non sarà anche per questo, che l’Italia è sempre andata com’è andata?

  • Feb 28th, 2009 at 11:16 | #5

    Com’è vero, hai proprio ragione: ho sempre trovato insopportabile parlare con un tedesco che ha in mano un trapano e dover aspettare la fine di tutto il discorso per capire se vuole aiutarmi ad appendere i quadri o sbudellarmi senza freni.
    E’ evidente che Derrick esiste in quanto tedesco, ovvero la scoperta della soluzione avviene alla fine oltre la fine, a differenza inglese (è il maggiordomo dopo due minuti), belga (basta pensarci un momento), italiana (lo sapevo già, aveva troppo l’aria da zoccola).
    Ed è altrettanto vero che l’Italia è sempre andata come è andata anche per questo motivo: tant’è che siamo entrati in guerra solo quando eravamo sicuri di vincerla e che sarebbe durata poco. Che poi noi si sia stupidi, questo è un altro discorso.

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