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Loretta Napoleoni e il rischio default

Venerdì sera è stata una serata con Loretta Napoleoni.
Nel senso che ho ascoltato una sua conferenza e ho poi avuto la fortuna di andarci a cena. Mica da soli, ci mancherebbe, ma sono quelle fortune di cui io mi faccio vantone.
Ma non è questo che importa.

Ciò che conta è il contenuto del discorso, di cui potremo certamente discutere, visto che le mezze misure sono davvero poche.
Il concetto, riassumo brutalmente, è questo, secondo Napoleoni: l’Italia è già fallita. Punto. Inutile disquisire sul prossimo ministro degli esteri o sulla partecipazione o meno di figure politiche al governo Monti, le cose sono già precipitate. Soluzioni? Secondo lei, uscita al volo dall’euro, riacquisto della capacità di battere moneta, svalutazione per riprendere le esportazioni e poi gestione della crisi. Il tutto condito dall’azzeramento totale della classe politica.
Ora: si potrebbero fare mille distinguo, obiezioni, sostenere che lei vive in Inghilterra, paese non particolarmente amante dell’euro, tutto quello che vogliamo. Il fatto certo è che ciò che dice Napoleoni non ha riscontri in Italia ma di certo, a parer mio, ne ha a Bruxelles e a Berlino.
E che noi siamo, come sempre, particolarmente cincischioni (euf.) e non andiamo mai, e dico mai, al punto.
Quanto ha detto è molto molto interessante da sentire, a parer mio da ignorante. E ad altissimo contenuto ansiogeno, vi avverto.
Così condividiamo almeno il magone. Ecco il video della conferenza (e del dibattito successivo, piuttosto acceso):

Poi, se qualcuno vuole, ne discutiamo. Ah, dimenticavo: a una mia battuta (‘eh, ma io che devo fare con i miei quattro soldi alle poste?’) la risposta, piuttosto seria, è stata: ‘mah, ora è tardi, magari ritirali e cambiali in franchi svizzeri’. Orcozzio. A quanto mi sta la pizza di fango?

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sopra il ponte di baracca

Ci son le belle speranze. O, per restare alla saggezza popolare, Sant’Antonio fa il ponte e San Paolo lo rompe. Speròmm.

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abrogare quest’uomo

E’ un bel problema, in sé e il fatto che tocchi a noi provare a metterci una pezza. Però è da fare, niente discussioni, con il risultato – al solito – che se passa il referendum e lo si vince, poi non si troverà in giro nemmeno un pellegrino responsabile di questa sciagurata legge.
A oggi le firme sono 387.000 circa, ne servono ancora entro la fine del mese. Eddai.

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distruzione e morte su questo governo

Parrebbe non vero a raccontarlo ma è così.

Ieri mattina mi decido, dopo mesi, a riscattare gli anni di università ai fini pensionistici. Complici alcune situazioni vagamente favorevoli – la piena detraibilità fiscale, il fatto che ho due-davvero-due soldi da parte, la possibile rateizzazione, gli anni che avanzano – mi decido: in fin dei conti sono quattro anni, mica poco. E poi c’è il militare, un altro anno.

Lo so, oggi pare una barzelletta.
Vado all’INPS e prendo un appuntamento per, attenzione!, presentare la domanda di calcolo dell’importo per il riscatto degli anni di università. Per presentare la domanda, non per avere la risposta. L’appuntamento è fissato per il 5 ottobre 2011. Cinqueottobre. Trentasei giorni per poter presentare una domanda. Vabbuò, mi dico, ho tergiversato io finora quindi non saranno quelle cinque settimane in più a cambiare le cose. E mi sento già un po’ eroe per aver messo in moto la macchina contributiva, in qualche modo.

Torno a casa e già mi vedo con cinque anni di meno di sgobbo sul gobbo, per dirla alla giovane. Pensiero stupendo. Mi costerà, certo, e non poco, ma diciamo che per fiducia infinita nel sistema Stato (teoria) e per un piccolo conto personale, la cosa mi conviene comunque. Ho visioni deliranti dei miei anni contributivi che raddoppiano, triplicano, che diventano quaranta in un sol botto, mentre mangio la pagnocchina mi vedo già in posta a far la fila per ritirare il gruzzoletto mentre mi lamento per il tempo e rompo i maroni ai presenti con delirii da arteriosclerosi galoppante. Bellissimo. Un sogno.

Appunto. Tempo un’ora e da sogno (bello) diventa sogno (orrendo). I cinque anni, università più militare, in un sol colpo svaniscono. Ma no, mi dice quel deretano criminale drizzabanane del ministro, guarda che valgono lo stesso ai fini del calcolo della pensione, solo che non li conteggiamo come anni di anzianità. Resto secco. Ma secco secco. Dunque un anno in cui sono stato obbligato a ottemperare i servizi di Patria, pigliando cinquemilacentolire al giorno, non vale una benemerita cippa. E quattro anni nei quali ho cercato, un minimo, di imparare qualche cosa per poi contribuire per la mia parte allo sviluppo del paese valgono altrettanto. Niente. E il fatto che questa disposizione possa, eventualmente, non passare in parlamento o essere modificata non cambia ciò che provo ora.

E’ ovviamente un messaggio davvero interessante da parte dello Stato: studiate, cari, studiate. E poi qualche imbelle, di solito tardivo, pone la classica affermazione stupita: “Certo che i giovani di oggi non pensano al futuro, non fanno programmi”. Ma vaffanculo, io nemmeno dovrei rientrare nella categoria ‘giovani’, in un paese normale che avesse una classe dirigente poco meno che ottuagenaria o più. Da secco, divento incazzato. E molto.

E’ dunque del tutto impossibile fare un accordo con questo Stato (accordo peraltro favorevole a entrambi, più a lui che a me), i diritti non sono più né acquisiti né acquisibili, non è mai possibile fare uno straccio di programma in questo cazzo di paese, immaginarsi il futuro, magari un minimo costruirlo fin da ora che sono forte di un bel contratto a progetto con remunerazione piuttosto bassina senza nessun tipo di protezione. Bene, proprio bene.
Non mi resta, come da titolo, che portare distruzione e morte – ancora una volta di più – su questo governo vigliacco. Stronzi.

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un caso da Guinness dei primati

La storia in certi ambienti circola da vari giorni e susciterebbe non poca ilarità se non fosse miseranda.
I fatti in breve: il Ministero dell’Interno bandisce un concorsino per il nuovo logo, primo premio tremila euri, e la fantasia si sbizzarrisce. L’undici luglio scorso vengono proclamati i vincitori: Inarea strategic S.r.l. con il logo che è già sulla pagina del Ministero.

Bel logo, davvero, niente da dire.

Anzi no, qualcosa da dire c’è. Due parole: Roy Smith. Questo signore nel 2008 ha disegnato il logo per la French Property Exhibition, una cosa riservata agli angli francofili, il cui logo è questo:

Il font, in effetti, è proprio diverso. E c’è anche il bagliorino.

Interpellati a tal proposito, il Ministero tace e Antonio Romano, presidente di Inarea (società peraltro, guardando l’elenco clienti, piuttosto addentro un certo sistema), su un pessimo magazine dice: “Se avessimo voluto copiare, avremmo modificato qualcosa (…) Guardi, ci sono molti casi di affinità da marchi. ma ammetto che il nostro è un caso da Guinness dei primati”. Certo.

In attesa di sviluppi (chissà, qualcuno che magari dice sì, abbiamo copiato, ci avete scoperto, accidenti a noi invece che invocare il record dei record), io mi candido prontamente a sostituire il logo in caso il Ministero avesse un rigurgito d’orgoglio.
Ecco le mie proposte, ci ho passato le notti a disegnarli per cui di certo merito la gloria anche io:

A me piacciono.

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tre manifesti del PD che la dicono lunghissima

Infuriano le polemiche per il manifesto del PD a destra, per la Festa dell’Unità. Recidivi.
Ossia: perché affidarsi alle agenzie di comunicazione, che di solito nulla sanno e hanno sì e no una sola idea scolpita nel marmo delle loro povere menti?
Ovvero: non bastava una bella foto di persone in questa splendida primavera di vittorie?

Il punto è un altro a parer mio: non ne farei una questione di genere, potevano mettere anche me desnudato da una folata piuttosto che un cane che copula portato via dal vento, non importa; il punto, secondo me, è se il messaggio sia efficace e l’immagine coerente con il messaggio. E, magari, in terza o quarta battuta, che il tutto sia esteticamente accattivante.

Ora: i messaggi, nel caso di questi tre manifesti, sono rispettivamente: “dai, vieni alla festa ed entra nel letto con questa bella topolona”, “eleggiamo miss Salamina più figa come facevano a Colpo Grosso” e “abbiamo vinto, le donne si smutandano (solo quelle belle)”.
Le immagini sono chiaramente coerenti con la debolezza dei messaggi e, quindi, il problema è la pochezza del pensiero che ci sta dietro, non tette e cosce.
La cosa che mi fa rabbrividire è che il pensiero, debolissimo, dei creativi pubblicitari ha permeato le menti, altrettanto deboli, di una classe politica che dovrebbe avere idee migliori, più entusiasmanti, più lungimiranti, innovative e condivise. No, l’idea è che in questa primavera il vento sia cambiato (e non è vero, nel senso che il percorso è ancora tutto da fare e il PD è stato piuttosto marginale in questo), che la memoria della resistenza vada svecchiata (e non è vero nemmeno questo, basterebbe la memoria punto) e che prendersi cura di sé e del proprio aspetto fisico può essere di sinistra (benvenuti nella realtà).
Sei parole per tre manifesti, poca roba. Il messaggio vale poco o non esiste del tutto e il resto di conseguenza, questo fa paura e rabbia. Poi, che siano cosce, piselloni o pagliacci, importa poco.

Certo è che se ragioni di cosce il pensiero non procede molto oltre, al massimo sale di qualche centimetro verso il centro. E lasciate perdere i creativi, su: in politica basta dire cosa e perché (o dove e quando se c’è una festa).

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si vota e poi tutti a freggène

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nucleare: è questo che vogliamo?

Sette incidenti nucleari accertati in Italia, quanti non saranno noti?, e sono più di vent’anni che non produciamo più energia atomica.
Ma gli incidenti proseguono (vedi 2006), nel senso che non è che quando si decide di chiudere una centrale si spegne la luce e si va a casa.

Non solo: le centrali rilasciano radioattività nell’ambiente anche nel normale funzionamento, senza incidenti. I bambini che abitano vicino alle centrali corrono maggiori rischi di contrarre la leucemia. Per non parlare di campi e animali. E, per gentile carità, non faccio cenno alla questione delle scorie, all’esaurimento dell’uranio e al fatto che le centrali vengono costruite per legge dall’esercito.
In Germania hanno deciso di chiudere l’argomento, in Francia – il paese più nuclearizzato del mondo – stanno seriamente prendendo in considerazione l’idea di abbandonare tutto il sistema energetico nucleare, direi che è ora che anche noi ribadiamo il nostro no. Votando sì.

Se avete deciso di non votare o di votare no, spero davvero che vi costruiscano una centrale nel tinello. Non vi lamentate, poi.

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incidenti nucleari in Italia: Casaccia (Roma) 2006

Fuoriuscita di plutonio, ammessa solo quattro mesi dopo, che ha contaminato sei persone addette allo smantellamento degli impianti.

Chi non vota al referendum o vota no è un vittima-di-godzilla.
(prosegue)

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incidenti nucleari in Italia: Garigliano 1979

Il 16 novembre 1979 il Garigliano, in piena, allaga una vasta area dell’impianto nucleare. [..] Il “locale resine”, una vasca dove viene passata l’acqua utilizzata per il ciclo di raffreddamento del nucleo prima di essere riammessa nell’ambiente esterno, presenta una falla da cui esce acqua fortemente radioattiva con livelli di cesio 137, cesio 134, cobalto 60, stronzio 90 molto superiori anche rispetto alle normative dell’epoca.

Chi non vota al referendum o vota no è un deleterio 134.
(prosegue)