Se il Colosseo fosse stato costruito ad Alexanderplatz, la cosa sarebbe più o meno così:
E se la grande muraglia cominciasse in Slovacchia, quanto grande sarebbe? E se la luna fosse in Australia, che effetto farebbe? Perché un conto è le piramidi di Giza nel deserto e un conto nel mio salotto. Ci stanno? Ingombrano? Scopritivelo su BBC Dimensions, perché come sempre le dimensioni sono relative: facile essere big in Japan, meno in Altolandia.
Nel 1996 la Apple produsse, tra le tante bestemmie che produceva all’epoca, la leggendaria consòl Pippin, una roba che si attaccava alla TV per giocare, che non aveva giochi e aveva un potentissimo modem da 14.4 per essere lenta sia da connessa che da non.
Forme eleganti, funzioni mirabolanti e, soprattutto, un nome inarrivabile e leggendario che era già prodromo del funzionamento intrinseco.
Morì nella culla, chissà perché, come quasi tutti i prodotti Apple del tempo: ma 42mila sfortunati si ritrovarono in casa il bel smambrone. Peccato per la morte, ma grazie per lo spasso.
Un po’ di tempo fa sfogliavo il giornale e mi sono imbattuto in uno specialone di due pagine, lo “Speciale Casa”.
Non che l’argomento sia di mio interesse, anche perché gli speciali sono marchettone che consentono ai giornalisti di comprarsi la mortadella e un tozzo di pane, ma mi ha attratto irresistibilmente un’immagine, con didascalia “Stop alle aggressioni in camera da letto”, che raffigura una coppia di vecchietti sorpresi nel cuore della notte da entità malvage penetrate nella zona più intima della casa. Eccola:
Inutile dire che me la stavo facendo addosso dal ridere. Lei ha il terrore negli occhi come se Satana si fosse manifestato dritto dritto lì, ovviamente in versione gerontocomio, lui – nonostante non sia davvero notte e non stesse dormendo – è rimbambito pari pari e ha l’espressione di sorpresa che ha la vecchina quando le cade la fetta di torta sul tappeto. Dal lato crema, chiaramente.
Me la stavo ridendo tra me e me, come peraltro sto facendo ora, quando mi scappa l’occhio sull’oggetto della promozione: una porta blindata per la camera da letto. Questa. Ossia, una porta da interno. “BLINDASONNO Okey può essere rivestita da entrambi i lati esattamente come una delle porte di casa, oppure può essere personalizzata, anche da uno solo dei due lati,con un pannello che riproduce l’immagine desiderata, per adattarsi armoniosamente all’arredamento della camera che vuoi proteggere”. Bel nome.
Resto basito. Una porta blindata interna presuppone che uno ci si chiuda dentro, sia in caso di aggressione sia in modo preventivo, cioè tutte le sere, considerandosi protetto all’interno della stanza blindata. L’idea è mostruosa, mi fa rabbrividire al solo pensiero di chiudermi dentro, sia per una sensazione di soffocamento generale sia perché metti che uno la sera ha mangiato cotiche con i fagioli. E poi durante l’aggressione: i balordi in sala che spadroneggiano e uno, un po’ pirletta, devo dire, nella stanza blindata a gridare: “andatevene o esco mio marito”.
O, meglio ancora: “Uscite, siete circondati”. La porta Okey mi mette ansia e rabbrividisco, di nuovo. E’ il simbolo di tutto ciò che è nefasto, chiudersi nella propria casetta, evitare il mondo che è pieno di cattivoni, proteggere a ogni costo la propria dentiera, esiliarsi scambiando la cosa per libertà e tranquillità. Tutto ciò è mostruoso.
E se quando entrano i malviventi io sono al cesso? Porta blindata anche lì?
Il National Geographic una volta era una garanzia, ora devono avere preso freddo causa scomparsa dei mammut. E io qui a scervellarmi per fare la Bella Scienza quando ci sono in giro prodotti molto più pregiati…
Nel 1995 la Fiat, casa automobilistica celebre per i rottami che ha messo in circolazione e per gli aiuti di Stato incamerati senza batter ciglio, mise sul mercato una doppietta di bidoni: la Bravo e la Brava. In pratica, la Tipo limata qua e là, anche se, a ben guardare, sotto ogni Fiat giace nascosta l’indistruttibile 128. A dirla meglio, “una coppia bisessuata di automobili nata da un unico ceppo ermafrodito, attraverso un processo che, se fosse stato scoperto precedentemente, avrebbe permesso alla casa-madre che l’ha concepita una ben maggiore proliferazione di modelli: per esempio, Punto e Punta, Uno e Una, Topolino e Minnie”(Guido Viale, Tutti in taxi, 1996).
Presentate in un tripudio di lambertodini e pippibaudi festanti, le due auto furono il parto di menti manageriali debilitate dalle ricerche di mercato e da un certo qual giovanilismo che così stride nei sessantenni a cavallo delle tendenze: ossia, i padri morali e forse biologici del mostriciattolo Lapo. Quelle menti manageriali concepirono per la Bravo “fianchi muscolosi e aggressività nelle forme” e per la Brava “linee morbide e ampiezza degli spazi”: parole a caso, come la realtà insiste a dimostrare (bella foto a destra). Chiaro, poi, il parallelo sotteso con le caratteristiche del genere maschile e femminile della razza umana o, almeno, con l’idea sessista che brancola al di qua dei finestroni del Lingotto.
Ma il meglio viene ora. Gli stessi managers progettarono la gamma dei colori, “tutti esclusivi, di forte e piacevole impatto, in linea con la personalità di ciascuna” (ricordo che si parla di auto, parallelepipedi di latta con dentro della plastica senza personalità, allacciate le cinture e tenetevi forte): per la Bravo il rosso smalto, il bianco, il rosso Antonelli, il blu forest, il black ink metallizzato, il grigio graphite, il rosso fiamma metallizzato, il verde Susa metallizzato, il blu veneziano metallizzato, il blu Regent metallizzato, l’avorio Juvarra metallizzato, il grigio promis metallizzato, l’erica metallizzato; per la Brava, oltre al nero, il bianco e il rosso smalto, il grigio Sassi metallizzato, il rosso boreale metallizzato, il verde reflex metallizzato, l’azzurro zenith metallizzato, il blu heraldic metallizzato, il giallo Superga metallizzato, il grigio Degas metallizzato.
Menti allo sbando per colori immaginari: non dico Goethe o Newton, ma sfido chiunque a identificare uno qualsiasi dei colori qui sopra, Pantone alla mano. Chi scopre cosa sia il rosso boreale metallizzato o il giallo Superga metallizzato vince un cappello con dentro i corvi.
In quel tripudio di neuroni gongolanti, Gianni Vattimo, torinese e dunque persona qualificata, non perse l’occasione di dire la sua (marchettona o rinciulimento? Resta sempre il dubbio) e proferì le seguenti parole su La Stampa (sempre lì si sta): “Siamo troppo ottimisti se pensiamo che ritrovando l’importanza della superficie, dei colori (…) il mondo della produzione faccia un piccolo passo verso la riscoperta dell’anima?”.
Nonostante Vattimo non perda mai occasione di dimostrarsi l’alfiere del pensiero debole, qui non è questione di ottimismo – e già ce ne vorrebbe molto – né, tantomeno, di anima, bensì di dismissione e rottamazione dei cervelli senza nemmeno gli incentivi, di scatole craniche stagnanti arruolate alla causa del boh. Che dire? Niente, resto annichilito di fronte a tanto nulla color maròn Manzoni opaco smetallizzato.
Non solo al Corriere pensano che dentro ognuno di noi ci siano due persone, il punto è che entrambe credono che tra noi vivano degli alieni. E probabilmente ognuno di noi moltiplicato due lo è. Ma mai come i giornalisti del Corriere.
endeuinneris… Logorama.
Duemilacinquecento loghi in sedici minuti di animazione, tra inseguimenti e sequestri, e il risultato è l’oscar per i cortometraggi di animazione. L’idea e la realizzazione è del collettivo francese H5, già noto per clips musicali varie (Alex Gopher, Massive Attack, Goldfrapp e Röyksopp). Per chi avesse desiderio, la versione integrale è qui.
Facile dirlo, un mondo di aziende e acquisti, il resto è ai margini. Sarà anche ben fatto, sarà pur bello, ma a me un filo d’ansia viene.
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