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torme di zoccolette in fibrillazione

Chiaro, no, a cosa serve?

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che ha in sé decoro

Da stamattina non avevo ancora avuto occasione di divertirmi, ero quasi rassegnato, poi però come accade talvolta capita l’imprevedibile e lo spasso arriva tutto insieme come il crollo di una diga:

Quando si arriva a mettersi le microspie in ufficio (e qui pare ci siano anche le videocamere) la frutta è vicinissima. Ed è in carica da un anno solo…

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dedicato agli sceriffetti nostrani

Cari fastidiosi sindachini italiani che vi atteggiate a sceriffetti dell’ordine, che avete la bella abitudine di considerare lo spazio pubblico, nostro, come cosa vostra, che avete le belle pensate di proibire gli assembramenti più che tripartiti, che vi divertite a togliere le panchine, che avete in disdegno chi mangia nei parchi, che schifate coloro che vi dormono o vi giocano, che pensate che le città prendano vita nei salotti di casa, che vi divertite da soli alla penombra del vostro tivucolor, che disseminate gli scalini di dissuasori con punte acuminate, che ritenete che le piante siano un costo, che vi divertite a vedere i vostri sudditi parcheggiare le macchine ovunque, voi che avete scambiato un voto per un contratto di cessione, proprio a voi dedico questa immagine:

Perché siete degli imbecilli e, peggio, siete le palle al piede che impediscono a noi, cittadini, di migliorarci, di vivere una vita più consona, più gradevole, di imparare e socializzare, di condividere tutte le cose che non conoscete, siete voi i responsabili dell’arretratezza del nostro paese, dell’immobilismo, di quel fetore di stantio che trasuda da ogni vicolo o tangenziale o parcheggio, voi siete il freno a ciò che di bello si può fare in una città. Che è nostra, assolutamente e del tutto nostra, e non certo vostra e dei vostri servi.
Andatevene, sparite, liberateci della vostra presenza nefasta, miserabili, lasciate vivere noi che sappiamo vedere gente, fare cose e, poveri voi, goderne.

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spiegazioni complesse per concetti complessi

Ieri il presidente del consiglio, peste lo colga, in compagnia del servo preposto alla materia, ha presentato alla stampa i dettagli della riforma della giustizia.
Riforma densa di concetti complessi che richiede, buon senso e rispetto vorrebbero, spiegazione dettagliata e ricca di informazioni e bei ragionamenti. Ecco la spiegazione:

Un powerpoint con oggi>domani e la bilancina finalmente equilibrata. Il che, ancora una volta, spiega moltissime cose in modo lampante. E sì che, per sua ammissione, è dal 1994 che ci pensa (e che la disegna). Ora, non è una questione di forma esteriore – anche se una bella riforma, antecedente, del powerpoint gioverebbe di molto – è un problema di sostanza, perché io non accetto in nessun modo che le cose mi vengano spiegate così: oggi brutto, domani bello.
Oggi fanculo.

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tabelline: armi e famiglia

A guardare le immagini da Tripoli, salta agli occhi una cosa: le armi. Tante, distribuite a pioggia, in mano a chiunque, belle e nuove.
Ma da dove vengono? Senza azzardare, posso affermare che se ne vedete due, di armi, una è di fabbricazione russa e l’altra, stronzi, italiana. Perché il colonnello minchione, quando pianta la sua tendona a villa Borghese, fa sì proselitismo e raccoglie zoccolette ma, più importante, vende carburante e compra partecipazioni azionarie e armi. Un allegro giro di spese: soldi, armi, puttanelle, azioni, ossia molte delle cose belle della vita.

Le armi le facciamo noi, un po’ zittini e un po’ no, con quel grosso scatolone che si chiama Finmeccanica. Ossia una società per azioni partecipata per un terzo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e, oh guarda caso!, per il 2,1% dalla Libyan Investment Authority, un colossone da settantamila dipendenti e tredici miliardi di euri di ricavi, che va dalla Oto Melara, all’Ansaldo, all’Alenia e così via. Sia detto per inciso, è anche una società italiana in tutto e per tutto, il che equivale a dire che è normale che l’amministratore delegato – nonché presidente – di Finmeccanica sia il marito dell’amministratore delegato di una sua partecipata, la Selex.
Tutto normale.

Il 53% della produzione di Finmeccanica, dati 2009, può senza dubbio essere classificato come armi, sebbene poi utilizzino parole belle come “difesa”, “sicurezza”, “alta tecnologia” e balle varie. E le cose, savasansdir, vanno talmente bene che la società è cresciuta a tal punto da diventare l’ottavo gruppo al mondo per la produzione e la vendita di armi. L’eccellenza italiana.


I dati sono dell’Istituto Internazionale di Ricerca svedese sulla Pace.
Bene, produciamo armi, e tante. E le vendiamo ovunque sia possibile perché, bellezza, è il mercato.

A questo punto la domanda è: come si coniuga questa bella attività imprenditoriale con le attività di un governo che fa dei valori cattolici, son pur sempre i figlioli di De Gasperi, dei valori dell’unità familiare in senso ortodosso, dei valori della carità (ho detto carità, non sussidiarietà), dei valori del perbenismo i punti focali della propria azione? Risposta: si coniuga benissimo.
Infatti, tanto quelle – le armi – sono una cosa serissima, tanto questi – i valori delle politiche sociali – sono considerati fardelli di cui liberarsi: il governo taglia, e tanto, mantenendo però il controllo sul welfare monetario, quello che riguarda i vari assegni familiari, per l’assistenza e l’invalidità. Ecco un interessante resoconto, cifre non opinioni, della politica sociale del nostro governo:

L’articolo completo è qui. Il duemilaeundici si segnala come anno tombale per le politiche sociali: meno settantasei per cento di spesa. E colpisce la distinzione voce per voce, con alcuni fondi del tutto azzerati, il “Fondo servizi infanzia” su tutti. Per non parlare del “Fondo non autosufficienza” (traduzione: i vecchietti), che passa da 400 milioni a, attenzione!, zero al quoto. E i comuni, i sindacati, le associazioni di Terzo Settore, l’opposizione, se non tacciono hanno comunque reazioni al limite del flebile. Che il Belotti, anni novantasei, vada a ballare il liscio a casa sua, eccheccazzo.

In definitiva, sarebbe bello se le famiglie – leggasi: padre-maschio, madre-femmina, figli legittimi possibilmente bianchi – comprassero armi, sarebbe la quadratura del cerchio, visto che il mercato interno un pochetto mi langue. E il signor Belotti, sul divano di casa sua, si rallegri: l’eccellenza italiana trionfa. Ancora una volta.

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due anni decisamente troppo lunghi

Ora vediamo che fa. Azzardo: conflitto di attribuzione? Leggina al volo sulla prescrizione? Cameretta da mettere a posto?

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lui più di tutti? qualche numero non a caso

Sproloqui: il numero dei processi cui è stato o è sottoposto quella maledizione in forma umana che è l’attuale presidente del consiglio, e le relative sentenze. Lui spara cifre variabili ma tutte assurde, Bonaiuti pure (centonove, pochi giorni fa) e i parenti e i relativi uguale.

E’ il caso di fare un breve riepilogo, ad usum memoriae (mi si perdonino le inevitabili imprecisioni di dicitura, non sono leguleio, si badi alla sostanza).

Assoluzioni con formula piena:

  • Sme-Ariosto/1 (corruzione dei giudici di Roma);

assoluzioni con formula dubitativa:

  • fondi neri Medusa;
  • tangenti alla Guardia di Finanza;

assoluzioni grazie al fatto che il governo Berlusconi ha riformato e depenalizzato il falso in bilancio:

  • All Iberian/2;
  • Sme-Ariosto/2;

prescrizioni per “attenuanti generiche” ma con riconosciuta colpevolezza:

  • All Iberian/1;
  • caso Lentini;
  • bilanci Fininvest 1988-’92;
  • fondi neri nel consolidato Fininvest;
  • causa Mondadori;

estinzioni del reato e cancellazione della condanna grazie ad amnistia:

  • falsa testimonianza (iscrizione alla P2);
  • falso in bilancio (terreni di Macherio);

processi in corso:

  • corruzione in atti giudiziari per l’affare Mills;
  • frode fiscale per i diritti tv Mediaset;
  • appropriazione indebita nell’affare Mediatrade;
  • concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile.

Il totale, dunque, fa sedici. E le assoluzioni con formula piena, una.
Un po’ pochino per uno che dichiara: “In assoluto [sono] il maggior perseguitato dalla magistratura in tutte le epoche, in tutta la storia degli uomini in tutto il mondo. [Sono stato] sottoposto a 106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni” (10 ottobre 2009).
Non se ne può davvero più. Imploro chiunque e chicchessia: basta. Pietà.

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non si fanno mai le domande giuste

Da alcuni giorni, cercando di raccapezzarmi nella vicenda FIAT, una domanda mi gira per la testa.
Ma non la devo fare io, la dovrebbe fare lo Stato (il governo, meglio). E la domanda è: “Caro Marchionne, sopravvoliamo pure sul fatto che fate macchine dimmerda, ma una cosa devi dirci: che ce ne facciamo di tutte ‘ste macchine?”.

Stamattina, per fortuna, scopro che la domanda non è peregrina:

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trivigante vs. la Chiesa: l’obolo di San Pietro

All’angolo sinistro, con i pantaloncini rosso-sovietico e i guantoni dell’Uomo Tigre, trivigante, peso piuma. All’angolo destro, con i pantaloncini di velluto damascato e i guantoni di scroto di balena, la santa romana Chiesa una-e-indivisibile, peso ultramassimo (uooooah, esulta il pubblico).

Nella ripresa di oggi: l’obolo di San Pietro.
«Si chiama Obolo di San Pietro l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi», dicono loro qui. L’obolo, che risale all’ottavo secolo, è un’offerta libera che i fedeli fanno direttamente al papa, su conto corrente apposito (75070003) o via carta di credito, e che la chiesa redistribuisce a sostegno delle opere della missione della chiesa stessa e delle opere di carità.
Per averne un’idea, il gettito 2007 è stato pari a 79.837.843 dollari, nel 2008 pari a 75.785.574 dollari. Quasi un uppercut fatale per me.

B16 nella sua prima enciclica, Deus caritas est (25 dicembre 2005), disse: “La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d’altra parte, non ci sarà mai una situazione in cui non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore”, parlando ovviamente anche dell’obolo.
Sto perdendo, come sempre, ma ho il colpo pronto: attendo, attendo, eccolo.

Una parte cospicua dei proventi derivanti dall’obolo di San Pietro viene devoluta in beneficenza: ossia, soldi provenienti da donazioni vengono devoluti ai bisognosi. Pare giusto. Una delle forme della beneficenza vaticana è il cosiddetto “Prestito della speranza”, vale a dire che le parrocchie segnalano all’ufficio competente delle famiglie bisognose alle quali viene assegnato il Prestito, che equivale a cinquecento euri al mese. Attenzione alle parole, però: si chiama “prestito” e tale è. Non si tratta di un regalo, affatto, ma di un prestito che va restituito – e qui arriva il mio gancio destro – con l’interesse del 4,5%. Ovvero, per i duri di comprendonio, soldi ricevuti in donazione vengono prestati a interesse a porelli. 270 euri ogni seimila ricevuti in prestito, la cosa a me pare disgustosa. A dir poco.

Se, per dire, io entrassi nella prima filiale della prima società finanziaria che incontro, e chiedessi seimila euri in prestito per un anno, il risultato sarebbe questo:

Ventisei euro in più di quanto richiede la santa madre Chiesa. Complimenti vivissimi.
Mai come in questo caso la parola carità, “l’amore disinteressato verso dio e il prossimo”, è utilizzata a vanvera: senza interesse, appunto. Viva la carità del bancario, dunque, e questa brutta bestia che ho di fronte, nonostante i miei poderosi pugni al limite della cintura, non mostra alcun segno di cedimento.
La prossima ripresa, magari, la mordo all’orecchio.

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donne di governo

La prima non è una foto truccata, il secondo non è un video comico.

“L’aula è sospesa”: