Un interessante articolo di Sinéad O’Connor, pubblicato anche sul Washington Post, sullo scandalo-pedofilia in Vaticano.
Non si sottovaluti chi scrive, perché – e non solo per il fatto di aver strappato una fotografia del papa in mondovisione – per vicende personali e per sensibilità religiosa e politica sa ciò che dice. Ed è ancor più interessante perché è il punto di vista di una cattolica, irlandese per giunta.
A margine, e prima di riportare l’articolo, una considerazione interessante che mi è stata fatta ieri sera (la butto un po’ lì, pensateci anche voi): trovate così insensato sostenere che per la morale ecclesiastica (sottolineo: clericale) è più grave – sommariamente – per un prete andare con una donna che con un bambino? Ossia che nel primo caso si tratta di peccato e nel secondo di debolezza?
Ecco l’articolo (la traduzione è di Internazionale):
Quando ero piccola, l’Irlanda era una teocrazia cattolica. Se un vescovo camminava per strada, le persone si facevano da parte per farlo passare. Se assisteva a un avvenimento sportivo nazionale, la squadra s’inginocchiava per baciargli l’anello. Se qualcuno sbagliava, invece di dire “nessuno è perfetto” dicevamo: “Poteva capitare anche a un vescovo”.
Era una frase molto più vera di quanto immaginassimo. Papa Benedetto XVI ha scritto una lettera pastorale di scuse all’Irlanda per i tanti anni durante i quali i sacerdoti hanno abusato sessualmente di bambini che avrebbero dovuto fidarsi di loro. Per molti irlandesi come me questa lettera è un insulto.
Non solo alla nostra intelligenza, ma anche alla nostra fede e al nostro paese. Per capire perché, bisogna tener presente che noi irlandesi abbiamo vissuto una versione brutale del cattolicesimo, basata sull’umiliazione dei bambini.