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multiculturalismo all’Einstein

Stavolta copio io Repubblica.
Ecco la didascalia a corredo della foto qui a destra: Il liceo scientifico Einstein a Milano, ha deciso che in tutte le classi, accanto al crocifisso, debba essere appesa anche la foto del presidente della Repubblica. Ma i ragazzi di una terza hanno fatto di più: con l’approvazione degli insegnanti, hanno esposto sopra alla lavagna anche simboli del credo islamico, ebraico, induista e buddista. “Trovo che l’iniziativa dei ragazzi andrebbe imitata in tutte le classi – dice una professoressa – nella scuola studiano ragazzi di molte religioni ed è giusto che anche la loro fede sia rappresentata”.

Da notare che Garibaldi (laicone) non viene citato dal redattore.
Ma, soprattutto, non viene citato il pupazzo di neve, il mio nuovo idolo religioso.
Oooh, grande Pupazzo, indicami la via e io porterò il tuo nome, o Pupazzodineve, nelle contrade in cui non ti conoscono, e se anche prenderò le bastonate, o Pupazzo, io non ti rinnegherò mai. Lode al Pupazzo! Viva il Pupazzo. Posso nominare il tuo nome, vero?
(Questo è genio, puro).

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il cielo stellato sopra di noi

Il Texas, che è pure un posto del cacchio pieno di bovari reazionari dediti all’idrocarburo, ha una prerogativa non da poco: le stelle in cielo si vedono, a differenza della Padania, che è altrettanto un posto del cacchio pieno di furbini dediti al capannone come ragione di vita, nella quale certe cose non si vedono più.
Ecco cosa ci stiamo perdendo, quasi ogni notte:

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giugno-dicembre 2009

Un collega di scienza un pelino più bravo di noi, Mister Mallon, ha preso una bella lattina, ci ha piazzato dentro una pellicola e l’ha puntata verso l’orizzonte per sei mesi, giorno e notte (io la faccio facile, le specifiche sono qui). Il risultato è questo ed è grandioso:

E’ ovviamente il corso del sole durante due stagioni, puntando al solstizio d’inverno, ossia la curva più bassa. I tratti e gli spazi scuri sono le giornate o le ore di nuvole. Mezz’ora che la guardo e ancora dire affascinato è dire poco. Nice job, Mr. Mallon.

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sconfitti dai pixel

Se avete smanettato un qualsiasi videogioco negli anni Ottanta, questo sarà irresistibile per voi (l’originale è qui):

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gnacche alla formica ammucchiarona

Già si disse del lonfo, di Fosco Maraini e del suo genio eclettico, che tanto sollucchero barigatta a tutti noi qui, intraccati a ludiare.
E’ la poesia metasemantica, ossia la capacità fonetica delle parole di evocare immagini e concetti: per questo, consiglio di leggere ad alta voce, con calma, trovando il giusto ritmo cucumbeo. Dopo il lonfo, dunque, oggi tocca alla formica ammucchiarona, quella che “mette via, che ammucchia e che, diciamolo francamente, rimane anche un goccino sui coglioni”.

E gnacche alla formica…, di Fosco Maraini

Io t’amo o pia cicala e un trillargento
ci spàffera nel cuor la tua canzona.

Canta cicala frìnfera nel vento:
E gnacche alla formica ammucchiarona!

Che vuole la formica con quell’umbe
da mòghera burbiosa? E’ vero, arzìa
per tutto il giorno, e tràmiga e cucumbe
col capo chino in mogna micrargìa.

Verrà l’inverno sì, verrà il mordese
verranno tante gosce aggramerine,
ma intanto il sole schìcchera giglese
e sgnèllida tra cròndale velvine.

Canta cicala, càntera in manfrore,
il mezzogiorno zàmpiga e leona.
Canta cicala in zìlleri d’amore:
E gnacche alla formica ammucchiarona!

(da “Gnosi delle Fànfole”, 1978; ne esiste una versione cantata da Bollani e Altomare qui. Di Maraini si possono leggere tante cose interessanti, tra cui “Case, amori, universi” a poco più di un centesimo a pagina, quasi un insulto).

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estasi trivigantismi

munuocchin’ uorldbag men: autogrill

Nel buio, nascosto e invisibile, si compie un’altra impresa del munuocchin’ uorldbag men, l’uomo che tenta di fare moonwalking nel mondo sempre con la stessa borsa. E’ il m.u.m., come sempre, un agglomerato di significati addensati che solo l’uomo incauto può non cogliere, e la sua danza libera ciò che di primordiale pare esser dentro ognuno di noi.

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radio pirata londinesi

Quando avevo quindici anni un amico mi costruì una radio trasmittente in una scatola di biscotti, e fu così che cominciarono le trasmissioni di Radio Gagarin. Cosa che poi qualcuno, e ne sono fiero, riprese molto dopo. Nonostante avessi ben 250 metri di copertura del territorio, ossia arrivavo fino al semaforo da un lato e alla chiesa dall’altro, la rubrica delle dediche telefoniche non decollò mai, e ancora non mi spiego.
Radio Gagarin durò qualche mese, nei quali di certo qualche soggetto fortunato sentì della gran bella musica, per merito mio che la mettevo su. O, almeno, mi piace pensare che qualcuno ci sia stato. Poi la polizia irruppe e mi sequestrò le apparecchiature, la scatola. No, ovviamente non è andata così, io mollai la cosa e mi dedicai ad altro. Ma sarebbe stato eroico.
Comunque, quando a oggi sento di radio pirata mi commuovo ripensando a me allora, ed è per questo che segnalo la rinascita del fenomeno a Londra, in cui spuntano radio pirata ogni giorno, sia sfruttando le torri antiaeree della seconda guerra mondiale sia i tetti. Matt Mason ne ha appena fatto un bel documentario che vi rilancio: qui.

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divieto di affissione

Marco, che è persona intelligente, è andato a vedere da vicino la comunità cinese di Prato, le scritte sui muri per arrivare alle persone. Nonostante la vernice bianca spalmata in fretta dal Comune e gli avvisi dei carabinieri, bisogna avvicinarsi davvero per capire: lui l’ha fatto e chi vuole con lui. Le foto saranno esposte a Pistoia a breve e, spero, in un sacco di altri posti.

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un libro? per me?

Se leggete libri, fate parte di una minoranza. Non come i curdi ma come i vegetariani, come coloro che sono stati rapiti dagli UFO e assoggettati sessualmente, come gli appassionati di Starobinski, come quelli che non hanno visto Avatar perché non hanno bene capito cosa sia. Una minoranza.
Bizzarra e un po’ compiaciuta di sé, una minoranza che tende a chiudersi al proprio interno e a sentirsi migliore del contesto attorno. E ce n’è ben donde, devo dire. Anche perché ne faccio parte anche io.
Che poi va bene leggere, ma bisognerebbe pure aggiungere un avverbio, minimo, tipo “bene”, o un oggetto appropriato, tipo “libri decenti”. Ma se il livello scende, basta il verbo, di questi tempi.
E ripeterlo tre volte, come Borrelli che resisteva: l’idea è di un ragazzo fiorentino che tutti i giorni prende il pullmino per andare da un posto a un altro e, eccentrico, legge. E da dietro il suo libro ha misurato la distanza tra le persone e ha osservato chi su quel pullmino non legge e non parla.
E così ha lanciato quest’idea: regalare un libro a uno sconosciuto. Per diffondere l’abitudine, per rompere il ghiaccio, per scambiarsi qualcosa di valore. Poi, siccome è giovane, ha aperto un gruppo sul tema e ha organizzato un flash mob sul tema. La cosa ha preso piede, la comunità si è ritrovata.
Ed ecco l’iniziativa: il 26 marzo prossimo si tratta di regalare un libro a uno sconosciuto. Il vostro vicino di pullmino, con cui non avete mai parlato, metaforico o no.
Siccome si tratta, modestamente, di cosa che faccio da un sacco di tempo – quando finisco un libro in treno poi lo regalo, di solito – non posso non aderire. Se avete voglia di partecipare, non solo il 26, dovete solo comprare un libro, possibilmente tra i vostri prediletti, e trovare un destinatario che vi aggrada. E poi osservare la faccia che fa quando glielo regalerete, magari sorridendo. Se avete, poi, voglia di raccontarlo qui, ben venga. Per esempio, io regalerò “Opinioni di un clown”, senza dubbio uno dei capisaldi della mia formazione e uno dei punti di svolta più importanti che io ricordi. E naturalmente cercherò una persona che, lombrosianamente, mi paia adatta da lontano. Poi ce lo raccontiamo, com’è andata.
Che poi, oltre al libro, anche l’idea di regalare qualcosa ha un che di maivisto, di questi tempi.

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estasi ténnica

wayback machine, quando eravamo piccoli (dieci anni fa)

Com’era Wikipedia nel 2003? E Youtube solo cinque anni fa? E Google nel 1998? O, peggio, Repubblica nel 1997?
Eoni fa certe cose erano molto diverse in rete, con la consolazione che noi siamo invecchiati molto meno velocemente di internet, che vive più veloce e invecchia peggio. Però fanno tenerezza a rivedersi oggi, e non a 56k: qualcuno aveva già intuito la direzione, qualcuno ha corretto in corsa.
Tutto questo sta in un’operazione meritoria nonché memorabile, in senso letterale: la Wayback Machine. Archive.org è un sito che si occupa di memorizzare e catalogare la maggior parte delle pagine internet, conservandole per un futuro e mettendole a disposizione per chi abbia il vizio della memoria. Nato per i siti piccoli, si preoccupa di preservare ciò che in rete, effettivamente, scompare. Ci sono anche le vecchie versioni di trivigante, il che la dice lunga sulla vastità dell’operazione.
Rivediamo dunque le foto di come eravamo. Un classico.
E per tante foto servono cassetti grandi. Archive.org immagazzina 20 terabyte di dati al mese su dischi attualmente di 6 petabyte complessivi, a crescere continuamente. Lo dico per i nerds curiosi. Che dire? Grazie, per fortuna c’è chi lo fa. Buon divertimento.