Tsutomu Yamaguchi, progettista di petroliere dei cantieri navali Mitsubishi di Nagasaki, fu mandato il 5 agosto 1945 a Hiroshima per lavorare qualche giorno in trasferta. Il 6 agosto alle 8.15, mentre si recava alla stazione dei treni di Hiroshima, fu investito dall’esplosione di Little Boy. Ustionato e ferito ma non gravemente, fu ricoverato per ventiquattro ore in ospedale, curato, e dimesso. Il 7 agosto 1945 tornò a casa, a Nagasaki: si prese un giorno di convalescenza e il 9 agosto tornò al lavoro in ufficio. Mentre raccontava ai suoi colleghi la distruzione di Hiroshima, cui non credette quasi nessuno, alle 11.02 scoppiò Fat Man, ancora a meno di tre chilometri dal tecnico giapponese. Oggi ha 93 anni e pare sia un po’ sordo da un orecchio. (Rif.)
(E’ che non ha mai viaggiato molto, altrimenti avrebbe potuto visitare Dresda, Hanoi, Pearl Harbor, Mururoa, Ground Zero, Piazza Fontana, la Stazione di Bologna, il deserto del Nevada, la Moneda, l’Afghanistan, l’Iraq, Beirut, l’Iran, Gerusalemme, Londra, Madrid e così via. A dire il vero, però, Tokyo l’ha mancata per poco).
Categoria: l’ora dell’aneddoto
In assoluto, il primo film proiettato alla prima edizione della mostra del cinema di Venezia (allora: 1ª Esposizione internazionale d’arte cinematografica della Biennale d’Arte) fu Il dottor Jekyll, film del 1931 del regista armeno naturalizzato americano Mamoulian. Il suo film è il quindicesimo ispirato al romanzo di Stevenson ma il primo film del genere con il sonoro e fu proiettato il 6 agosto 1932 al Lido; poi seguì un gran ballo, di quelli veri, all’Excelsior. La locandina del film, qui a destra, è strepitosa: illustra la trasformazione, trasmette lo stupore, esprime lo sconcerto (“Dio onnipotente!”) con tanto di translazione scritta, la luna piena regna in ciel e, allusione a Stevenson?, un faro compie il suo lavoro su un muro.
Il paròn della mostra fu il Conte Volpi di Misurata, dal cui nome due informazioni: Misurata è una città sul golfo della Sirte e il fatto che il signore qui sopra ne fosse conte illumina sulla sua fede fascistissima (nobiltà burocratica e criminale, di bassa tacca, come se fosse il duca di Belo Horizonte); secondo, dal nome si trae spiegazione della Coppa ancora oggi tributata al miglior attore (e attrice), Volpi appunto.
Perché finirà per rispettarne solo uno e per odiare l’altro. Non lo dico io, lo dice Matteo nel “Discorso della montagna” (6,24): “Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona”. Ovvero, non si può essere fedeli alla superbontà (Dio) e contemporaneamente alla ricchezza e ai beni materiali disonesti (Mammona), perché a servire due padroni si combinan disastri: “ho fatto una gran fadiga, ho fatto anca dei mancamenti”, come dice quell’Arlecchino di Goldoni, appunto.
Se poi uno dei due padroni è Mammona, la cosa si complica. Infatti, quando papa B16 dice: “Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che è l’errore di fondo: l’avarizia e l’idolatria che oscurano il vero Dio, ed è sempre la falsificazione di Dio in Mammona che ritorna” si riferisce alla personificazione della ricchezza materiale, soldi o benefici che siano. Infatti, “Mammona” è termine aramaico dall’origine incerta il cui campo semantico, in greco, in ebraico, in aramaico e persino in finlandese, afferisce sempre ai beni materiali da accumulo, in contrasto con ciò che, invece, non ha un valore quantificabile; purtroppo, nell’ultima traduzione ufficiale della Bibbia, 2008, il termine è stato definitivamente sostituito da “ricchezza”, con gran perdita di immaginazione e di possibilità, a parer mio.
E io che mi chiedevo come fosse l’inno nazionale vaticano, se più una cosa tipo “Dio è fortissimo madonna quanto è forte lui, il corpo no” oppure una tipo “Muori, muori, un giorno morirai, che paura scagazza, ah ah”, e poi invece ho scoperto che è così. Ed è l’inno originale, non è così sintetico perché è un file .mid: infatti, il cardinale Bustazzi, erede di una tradizione secolare di pianolisti papali, aggredisce la pianola elettronica ufficiale, disegnata in forma barocche dal sommo Carlo Maderno, e ne esegue gli allegretti e i sontuosi andirivieni, simulando trombette e orchestrine come si conviene a un inno, seppur rivisto alla luce del gusto moderno per la dance da balera.