Oggi si apre a Milano l’EXPO2015 Camp, che sarebbe “la prima occasione di dibattito e luogo di confronto delle progettualità inerenti l’Expo2015”. Lo scopo della faccenda è “creare un contesto dove sarà possibile presentare progetti propositivi per un Expo 2015 partecipato”.
Traduzione in linguaggio corrente: non solo non hanno fatto un cazzo finora, ma sono pure alla ricerca di idee. Regalate, ‘sti spudorati.
Autore: trivigante
E’ uscito il rapporto 2008 del commissariato ONU sui rifugiati, Global Trends 2008.
Se Afghanistan (2,8 milioni di persone) e Iraq (1,9 milioni) sono i paesi con il maggior numero di persone in fuga, i principali paesi di accoglienza degli stessi sono Pakistan (1,7 milioni), Siria (1,1 milioni), Iran (980mila), Germania (582mila).
Il dato sconcertante, che aiuta a capire un pezzo del mondo in questo momento, è il totale delle persone costrette ad abbandonare la propria casa per motivi di povertà, guerra o conflitti di ogni genere: 42 milioni. In questa cifra spaventosa sono compresi anche i 26 milioni di persone costrette a sfollare all’interno del proprio paese, di cui quasi tre milioni solo in Colombia. Un dato che pare emergere dalla relazione è il sostanziale aumento della durata dei conflitti rispetto al passato, più che il numero, il che comporta l’aumento del protrarsi degli esili, spesso quantificabili in anni, se non in decenni. Ciò che mi colpisce maggiormente è il fatto che il 44% dei rifugiati e dei richiedenti asilo abbia meno di 18 anni, ovvero circa venti milioni tra bambini e ragazzi costretti alla fuga. Rispetto al 2007, 604.000 rifugiati sono rimpatriati volontariamente nei propri paesi di origine, il che rende l’assurda, incredibile cifra di 42 milioni di rifugiati una delle più basse degli ultimi quindici anni.
C’è un mondo là fuori, bellissimo e talvolta crudele, in continuo movimento: noi, qui ora, possiamo averne coscienza, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, e provare ad ampliare la nostra visuale. Basta usare il mezzo e, come sempre, la testa.
C’è chi già lo fa, e sono molti: per esempio, i fratelli danesi Mikkelsen che hanno aperto un social network, Refugees United, riservato solamente ai rifugiati, che in ventitre lingue permette di inserire elementi utili, seppur anonimi e scelti dall’utente (soprannome, data dell’ultimo incontro etc.), perché gli amici e i parenti possano entrare in contatto, anche se solo via rete, con i propri cari. Al di là della cosa in sé, l’importante è essere coscienti e presenti. D’ora in poi, per quel che mi riguarda, questo spazio è chiuso alle zoccolette sulle coste sarde, ai candidati alla segreteria del PD e ai leghisti di ogni specie e colore. Anacronistici e, come minimo, ridicoli.
Esiste una città dimenticata per millecinquecento anni, poggiata su una rupe in alto su un fiume, una volta centro di commercio e di scambio lungo una via importante, ricca di fontane, sorgenti e pozzi, con una larga piazza e un teatro di dimensioni imponenti. Ciò nonostante, dimenticata.
Per arrivarci, bisogna andare a Serravalle Scrivia, luogo ricordato più per le fughe di Coppi verso Sanremo che per la bellezza intrinseca, schiacciato tra la montagna e il fiume, ovviamente lo Scrivia, e come se non bastasse affettato a metà da rispettivamente: la statale dei Giovi, la ferrovia Milano-Genova e, non ultima, la A7, agghiacciante corridoio che travolge vita e persone.
In ben altra posizione, sul fiume e circondata da colline come detto, stava la città dimenticata: Libarna. Fondata nel III secolo a. C., prima ligure e poi romana, fu fiorente grazie alla via Postumia, vi si facevano le ceramiche e i mattoni, si coltivava la vite e si allevavano le bestie, si ergevano templi dedicati a Ercole e si rappresentavano le commedie e le tragedie in voga nell’anfiteatro a capofitto sul fiume.
Fu una città importante, finché non giunsero i barbari dopo sette secoli di onorata attività cittadina, e nel 452 fu abbandonata. E non esisteva ancora Forza Italia. Gli abitanti la smontarono fino alle fondamenta e riutilizzarono le pietre per costruire Serravalle Scrivia. Poi se ne dimenticarono.
Durante i lavori per la Regia Strada, ora dei Giovi, emersero reperti, fondamenta, mosaici e statue, ma c’era la strada da fare perché il Regno aveva fame di vie di comunicazione, e così furono scavati i quartieri verso il fiume, il resto giace tuttora sotto l’asfalto oppure ancora non sottratto alla terra. Il Re, che desiderava cocci per il lustro del regno, si portò tutti i reperti a Torino, per abbellire la capitale.
Nonostante ciò, la città si mostra per quello che era: ricca e grande, con l’anfiteatro lungo sessantacinque metri, un foro di dimensioni ragguardevoli, case spaziose e aperte, vie dritte e larghe, e – soprattutto – bella di una posizione sospesa tra collina e fiume.
Ancora oggi, a visitarla tenendo rigorosamente le spalle all’autostrada, alla ferrovia e alla camionale, facendo finta che non esistano, restituisce un’atmosfera irreale e quieta, affascinante spoglia di ciò che abbiamo scartato e dimenticato, nascosta dalla neve d’inverno e soleggiata e boscosa d’estate. Bellissima a vedersi e commovente nella sua solitudine.
E abbasso il secondo. Jacob Zuma è il presidente del Sudafrica, ennesimo ultra-fallimento della politica dell’ANC dopo Mandela. Corrotto e del tutto inadatto a gestire il Sudafrica del dopo-apartheid, come del resto il suo predecessore Mbeki, ha assunto posizioni improponibili sull’AIDS ed è stato coinvolto, tra l’altro, in un processo per violenza sessuale. Proprio in quel processo, Zuma venne interrogato e alla domanda se fosse a conoscenza della sieropositività della ragazza che lo accusava, lui rispose di sì, rispose che l’incontro fu consensuale e che, proprio sapendo della malattia e non avendo con sé un profilattico, si fece una lunga doccia dopo il rapporto sessuale, per evitare il contagio.
Ora, a parte l’imbecillità intrinseca della cosa, il tutto assume una rilevanza pazzesca in un paese nel quale una donna su cinque è sieropositiva, una vera pandemia, e l’uso dei preservativi è fortissimamente osteggiato dalla maggioranza cattolica. Papi al super-cubo.
accattarsi li videi
Poiché – visti gli accadimenti dei posts scorsi – potrebbe rivelarsi un’informazione utile, oggi il menu prevede qualche informazione spicciola su come scaricarsi comodamente i videi da Yutub. Prima di tutto, serve Mozilla Firefox: se usate IE arrangiatevi, fatti vostri se perseverate, e se usate altri browsers sicuramente siete smanettoni e, quindi, il modo lo trovate da voi.
A questo punto è sufficiente installare la comoda estensione Easy YouTube Video Downloader, cliccando sul pulsantone. Riavviare e aprire il video desiderato.
Sotto la descrizione del video, dovrebbero apparire alcuni links per scaricare il video nel formato prediletto, come da immagine esplicativa.
Una valida alternativa, un poco più selvaggia, è Video download helper, con più funzioni e soprattutto non si limita a Yutub ma, se volete, cattura qualunque cosa abbia l’aria di muoversi in un sito internet: con il suo pulsantone sulla barra di navigazione, l’utilizzo è piuttosto chiaro.
Io, di mio, uso il secondo perché, nonostante qualche difetto veniale, ha un orizzonte un po’ più ampio. Unicuique suum.
non cucinate a casa
via bananarchia da out-o-matic.
(concettualmente non è del tutto esatto ma è bello uguale).
il cimitero degli e-lefanti
Secondo Technorati, che è un motorone di ricerca per blog, in rete esistono 133 milioni di blog. 133.000.000. Bestiale.
Secondo alcune ricerche apparentemente affidabili, gli utilizzatori di internet nel mondo sono all’incirca un miliardo e trecentonovantatre milioni. 1.393.000.000. Ovvero suppergiù il venti per cento della popolazione mondiale. I più numerosi sono, ancora, i cinesi (circa 253 milioni ma tanto si perdono il bello di internet) e i più scarsini sono i vaticani, pare siano proprio novantatre. 93. Pochi ma furbi, e chissà il traffico di questi novantatre – oltre alle ovvie transazioni bancarie – dove si dirige… suorepeccaminose.net?
Il governo preme perché un proprio candidato sia eletto presidente del parlamento europeo per la prima parte della legislatura entrante, 2009-2014. Il signore in questione è tal Mario Mauro, per la terza volta parlamentare europeo, tra le sue occupazioni si conta il ruolo di capo del dipartimento Università di FI e l’interesse attivo nella questione della discriminazione dei cristiani. Certamente.
Comunque, per meglio capire il profilo del possibile, ripeto, presidente del parlamento europeo, ecco un elenco di alcune sue pubblicazioni, davvero illuminante:
– Difendiamo il futuro: Interventi per la libertà della scuola, Biblioteca Universale Rizzoli, Collana “I Libri dello Spirito Cristiano” diretta da don Luigi Giussani, 1999.
– L’Europa sarà cristiana o non sarà, Edizioni Spirali, 2004.
– L’Europa al centro del problema – “Atlantide: migrazioni e società multiculturale”, 2007.
– Il Dio dell’Europa, Edizioni Ares, 2007.
– Piccolo dizionario delle radici cristiane d’Europa (coautore con Elisabetta Chiappa), Edizioni Ares, 2007.
Il livello dello studioso è davvero minimo, quello del politico probabilmente uguale, purtroppo ha dalla sua i voti di FI e il fatto che era già vicepresidente del parlamento europeo. Io, di mio, spero lo trombino a favore di un altro, qualsiasi, purché non italiano, forzitaliota e paladino della cristianità.
Arriva Gheddafi a Roma e qualcuno, pochi, si mobilita per dare qualche cenno di contrarietà alla politica libica nei confronti dei rifugiati e degli immigrati. Molti di più, ovvio, si presentano invece al cospetto del “Re dei re” per farsi autografare un bel primo piano e, chissà, investire di conseguenza nel nome dell’aziendina di famiglia. Tra i pochi di piazza Farnese mercoledì 10, Ascanio Celestini che ha fatto il collaudato pezzo del razzista inconsapevole:
la nuova immagine della TTT Lines
“Salve” – fa il creativo – “abbiamo un’idea che vi piacerà: si tratta di un gioco di parole che unisce una comunicazione pubblicitaria fresca, giovane e spiritosa alla vostra specifica mission”. Il tizio creativo ammicca e mostra la proposta con una certa qual soddisfazione. I dirigenti della TTT Lines, trasporti marittimi, ridono compiaciuti, si danno di gomito metaforicamente e non, osservano attentamente le protagoniste della campagna e si sentono sull’onda. Approvano. Soldi ben spesi, questi creativi hanno capito esattamente ciò che intendiamo comunicare. “Bisogna svecchiare la vostra immagine” – sempre il creativo – “e dare appeal a un’attività tradizionalmente poco attrattiva”. Qualcuno fa un commento salace sulla propria moglie, tutti ridono. L’atmosfera è allegra e conviviale, stavolta hanno proprio fatto centro. “Via alla campagna di manifesti” dice il presidente, “quest’estate facciamo il pieno”. “Più avanti, magari, facciamo pure qualche spot su Italia 1”, dice qualcuno. Approvata.
Ecco il risultato del florido incontro tra i creativi e i managers della TTT (tettetettetette?), affisso alla stazione Termini: