In uno strepitoso sketch dei Monty Python (Minah’s bird, qui), Beethoven è in casa e al piano sta cercando di comporre la nona sinfonia.
Naturalmente non ci riesce, gli manca sempre una nota, perché la moglie continua a interromperlo, chiedendogli se abbia visto la zuccheriera, il cucchiaio, se voglia burro di arachidi nel panino e ricordandogli che i Mendelssohn verranno a prendere il the alle cinque.
Quando lei comincia a passare l’aspirapolvere sotto il piano e l’idraulico a smontare le tubature, lui dà fuori di matto e fa per uscire, visto che la sinfonia proprio non riesce a concluderla: “Shakespeare non ha mai avuto di questi problemi”, urla uscendo.
La scena successiva mostra Shakespeare che sta lavando i piatti e dice: “Vuoi scommettere?”. E a seguire: Michelangelo attorniato da quattro culle con la moglie che gli comunica che ha avuto un altro figlio e Mozart che pulisce un pavimento.
Il problema del genio al lavoro e della spesa, della gente a cena, delle tasse, del rumore e delle interruzioni, delle decisioni da prendere, dei seccatori in generale. Ovvero, banalità della vita quotidiana e familiare contro l’avventura dell’ispirazione al galoppo. Vincono le prime, non c’è partita.
Il 24 giugno 1518, Leonardo scrisse le sue ultime parole, l’ultima nota del genio incommensurabile e imprevedibile, vergandole a margine di un discorso interrotto. Stava infatti scrivendo di una lunga dimostrazione geometrica, quando lo scritto si spegne d’improvviso, qualcuno deve averlo chiamato e disturbato, e rimane tronco sulla parola “eccetera”, scritta di fretta.
Sappiamo chi lo interruppe, Maturine, la sua fantesca francese. Me lo immagino: “Ancora cinque minuti” una due tre volte. E sappiamo anche perché fu interrotto. Infatti Leonardo lo scrisse: a margine del discorso piantato lì, annotò in breve: “Perché la minestra si fredda”.
Le ultime parole del genio.