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elezioni regionali 2010: la guida poco appassionata

All’ultimo giorno utile, la guida alle elezioni regionali 2010.
Con poca passione, devo dire, vista la sequela interminabile di fesserie delle ultime settimane, tra decreti interpretativi utili come il casco per san Giovanni Battista, sospensioni e riammissioni di liste, occupazioni televisive, manifestazioni in produzione seriale, proclami balenghi, casi conclamati di corruzione, puttanone e cappotti regalati, arresti fatti e arresti da fare, tentati suicidi, coristi del vaticano in cerca di carne fresca, fratelli papali dediti alla pedagogia maiala, conduttori televisivi che alle soglie dei sessanta scoprono la libertà della rete e via così. Poi, tutti a guardare il nuovo video di Lady Gaga, a compiacersi dell’ironia che non c’è. E tutto va bene, la vita bisogna godersela, magari aspettando il prossimo terremoto. Sono proprio curioso di vedere i dati dell’affluenza, stavolta. Scommettiamo?

Comunque, la guida elettorale è una consuetudine che non posso disonorare, nonostante il disgusto diffuso, e quindi ottempero a ciò che devo. Se il filo conduttore della campagna elettorale è stata la meschineria, ossia la piccolezza, l’adeguata espressione di ciò è la ridicola scheda informativa del Ministero dell’Interno, guidato – mi piace ricordarlo – da uno che se non avesse vinto la superlotteria della vita starebbe vendendo profumi porta a porta. Giustamente.
E ora, il momento tanto atteso, la rassegna delle liste elettorali. Piccolezza anche qui, devo dirlo, di conseguenza sono poche le escursioni nel surreale che tanto mi piacciono, ma tant’è. Questo è quello che abbiamo. Dunque, via.

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estasi

divieto di affissione

Marco, che è persona intelligente, è andato a vedere da vicino la comunità cinese di Prato, le scritte sui muri per arrivare alle persone. Nonostante la vernice bianca spalmata in fretta dal Comune e gli avvisi dei carabinieri, bisogna avvicinarsi davvero per capire: lui l’ha fatto e chi vuole con lui. Le foto saranno esposte a Pistoia a breve e, spero, in un sacco di altri posti.

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memoria

25 marzo 1944: il calendario della memoria civile

A Gubbio (Perugia) i tedeschi, in un rastrellamento, uccidono due contadini e la figlia di uno di essi, accorsa in aiuto del padre.

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memoria

24 marzo 1945: il calendario della memoria civile

A Chucal, in Valle d’Aosta, un giovane renitente alla leva viene massacrato con i calci dei fucili da un gruppo di collaborazionisti ucraini inquadrati in un reparto tedesco.

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memoria

24 marzo 1944: il calendario della memoria civile

A Braccano (Macerata) trentatre civili vengono fucilati dalle SS per rappresaglia.

A Roma, alle Fosse Ardeatine, trecentotrentacinque civili vengono prelevati dalle carceri romane e vengono fucilati per rappresaglia all’attacco di via Rasella. Dopo l’eccidio, i genieri tedeschi fanno saltare l’ingresso alle cave.

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memoria

la memoria condivisa e i miei dubbi

Oggi è il 23 marzo, ed è l’anniversario dell’attacco di via Rasella. Ancora una volta, il ricordo è necessario, come ogni anno. Necessario per me, perché io voglio ricordare.
Riguardo a via Rasella ho scritto parecchio (qui, qui e qui, per chi fosse interessato) ma è sempre bene ricordare. Anche se si pensa, e questo potrebbe essere un caso lampante, che la memoria sia condivisa e certi fatti indiscutibili. O assodati.
Perché così non è e ogni volta rimango di sasso quando lo scopro. Come due giorni fa, l’ultima volta. Ecco cos’è successo.

Domenica sera sono andato a rivedere “L’uomo che verrà”, un film di Giorgio Diritti sugli eccidi nazisti di Montesole e Marzabotto. Era un’occasione, perché era presente il regista e, inoltre, a me il film è piaciuto moltissimo, come ho già scritto da qualche parte. Un film onestissimo, nel senso di rispettoso e rigoroso, e diretto, girato senza cadere in alcun espediente emotivo (musica, dialoghi, scene costruite ad arte eccetera) che faciliti o condizioni la visione. Molto bello, per chi ha voglia di capire.
Comunque, al termine della proiezione entra il regista e il pubblico avanza qualche timida domanda. La prima, una signora tra i sessanta e i settanta (lo dico perché certe cose dovrebbe averle sentite fino alla noia, se non vissute quasi direttamente) dice più o meno testualmente così: “Sono molto impressionata perché… tutto è molto violento… io non posso credere che i ragazzi tedeschi fossero così… così… violenti… cioè non posso credere che esistano persone così crudeli, che esistano persone così spietate… mi sembra tutto esagerato, molto esagerato”.
A Marzabotto e a Montesole sono state uccise più di ottocento persone, tra cui quasi duecento bambini, in sei giorni.
Io resto di sasso. Parte della platea pure, il regista resta un momento perplesso e poi cerca di rispondere cordialmente. Ma non è questo il punto. Il punto è la memoria, ossia una specie di conoscenza comune che, in qualche misura, si considera patrimonio diffuso: non si stava parlando del numero esatto delle vittime o delle località degli eccidi o della data, si stava discutendo – con sorpresa da parte della signora – dell’efferatezza dei soldati nazisti, accompagnati dai fascisti, e di crimini di guerra contro i civili, di stragi e di abominio, ovverosia fatti che, avrei messo la mano sul fuoco, sono noti a chiunque. E non è solo memoria, è storia e verità giudiziaria, sebbene con moltissime omissioni.
E invece no. Da domenica sera continuo a pensarci e continuo a non capire. Com’è possibile? Com’è possibile non sapere? Com’è possibile non avere idea?
Più ci penso e più mi prende lo sconforto, bisogna ricominciare dall’inizio, ogni volta, per ogni persona singola, rispiegare, mostrare di nuovo, insistere e non mollare mai. E non dare mai nulla per scontato. Tutto ciò è sconcertante, da domenica sono davvero confuso e non riesco, davvero, a spiegarmi come sia possibile.

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memoria

23 marzo 1945: il calendario della memoria civile

A Noceto (Parma) un civile viene fucilato dai tedeschi. Le ragioni sono ignote.

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memoria

23 marzo 1944: il calendario della memoria civile

A Bistocco (Macerata) Luigi Pisani viene torturato e fucilato da tedeschi e fascisti. Il suo corpo viene abbandonato sul greto del fiume Chienti.

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trivigantismi

59 secondi di… la finestra sul cortile

Hitchcock a Trieste ovverosia com’è bello guardare dalla finestra il cortile. Anche grazie a occhi altrui (grazie Siu).
Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più faceta del cortile, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.

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estasi

un libro? per me?

Se leggete libri, fate parte di una minoranza. Non come i curdi ma come i vegetariani, come coloro che sono stati rapiti dagli UFO e assoggettati sessualmente, come gli appassionati di Starobinski, come quelli che non hanno visto Avatar perché non hanno bene capito cosa sia. Una minoranza.
Bizzarra e un po’ compiaciuta di sé, una minoranza che tende a chiudersi al proprio interno e a sentirsi migliore del contesto attorno. E ce n’è ben donde, devo dire. Anche perché ne faccio parte anche io.
Che poi va bene leggere, ma bisognerebbe pure aggiungere un avverbio, minimo, tipo “bene”, o un oggetto appropriato, tipo “libri decenti”. Ma se il livello scende, basta il verbo, di questi tempi.
E ripeterlo tre volte, come Borrelli che resisteva: l’idea è di un ragazzo fiorentino che tutti i giorni prende il pullmino per andare da un posto a un altro e, eccentrico, legge. E da dietro il suo libro ha misurato la distanza tra le persone e ha osservato chi su quel pullmino non legge e non parla.
E così ha lanciato quest’idea: regalare un libro a uno sconosciuto. Per diffondere l’abitudine, per rompere il ghiaccio, per scambiarsi qualcosa di valore. Poi, siccome è giovane, ha aperto un gruppo sul tema e ha organizzato un flash mob sul tema. La cosa ha preso piede, la comunità si è ritrovata.
Ed ecco l’iniziativa: il 26 marzo prossimo si tratta di regalare un libro a uno sconosciuto. Il vostro vicino di pullmino, con cui non avete mai parlato, metaforico o no.
Siccome si tratta, modestamente, di cosa che faccio da un sacco di tempo – quando finisco un libro in treno poi lo regalo, di solito – non posso non aderire. Se avete voglia di partecipare, non solo il 26, dovete solo comprare un libro, possibilmente tra i vostri prediletti, e trovare un destinatario che vi aggrada. E poi osservare la faccia che fa quando glielo regalerete, magari sorridendo. Se avete, poi, voglia di raccontarlo qui, ben venga. Per esempio, io regalerò “Opinioni di un clown”, senza dubbio uno dei capisaldi della mia formazione e uno dei punti di svolta più importanti che io ricordi. E naturalmente cercherò una persona che, lombrosianamente, mi paia adatta da lontano. Poi ce lo raccontiamo, com’è andata.
Che poi, oltre al libro, anche l’idea di regalare qualcosa ha un che di maivisto, di questi tempi.