Mi piace ricordarla così, tutta presa dall’attività di governo e dedita alla nutrizione dei mentecatti.
Mese: Settembre 2012
Radikal eleganse
Oh, salve, lei dunque è uno di quei signori delle pantere nere? Posso farle una foto con la pistola? Dio, che emozione… Bambini, salutate il signore nero.
Le diverse versioni narrano di un concerto organizzato da Leonard Bernstein nel 1970 per raccogliere fondi in favore dei Black Panthers, o di una cena ostricheggiante allo stesso scopo tra signorini del West End alla presenza di qualche nero marxista, come che sia – e forse fu entrambe e anche di più – data la distanza politica e sociale tra benefattori e beneficiari il giornalista Tom Wolfe, presente quella volta, coniò l’espressione “radical chic“, in sfavore dei primi.
Molto appropriata, tant’è che la locuzione ha avuto una fortuna costante, più per la presenza di snob farneticanti a sinistra che per la scelta lessicale felice.
E fin qui, tutto più o meno noto. Si tralasceranno qui i montanellismi locali, per i quali ho un certo fastidioso malessere.
La cosa interessante del racconto, fin qui brevino, è che se il mondo anglofilo, e noi con loro, si esprime utilizzando la formula regolare, “radical chic” appunto, in altri paesi più fantasiosi hanno coniato espressioni simili per significare la stessa cosa medesima, con meno fortuna ma con molto, molto più spasso.
Per esempio, il noto detto francese “bo-bo“, che poi sta per “Bourgeois-bohème“, si affianca al più bello “Gauche caviar“, molto simile al finlandese “Socialiste vin rouge“, alla variante svedese “Gauchiste vin rouge“, all’australiano “Chardonnay socialist” e all’inglese “Champagne socialist“.
Se gli americani, oltre alla coniazione wolfiana, usano “Limousine liberal” e “Liberal elite” – eccellente – gli olandesi parlano di “Socialiste de salon“, si noti il frequente francese, e i greci similmente parlano di salotti, “Aristerà tu saloniù“; in questa particolare classifica ben si piazzano i norvegesi, che utilizzano “Radikal eleganse“, notevole, e a salire i grandiosi irlandesi che li chiamano “Smoked salmon socialist“, impareggiabili.
Ma in testa, signori miei, un po’ perché espressione favolosa che ben rende tutto il non detto, e un po’ perché ci riguarda, i tedeschi, per una volta.
Ovvero, il più bellissimo e strepitoso modo di dire al riguardo: “Toskana-Fraktion“.
Eccoli (o eccoci) serviti.
I due signori qui rappresentati, ben noti di viso un po’ meno per lettura diretta, sebbene non si siano mai incontrati e abbiano frequentato ambienti e generi letterari limitrofi ma non contigui, condividono in sorte un giorno dell’anno e una buffa serie di conseguenze.
Il 23 aprile di ogni anno, vi sarà capitato, su un qualsiasi giornale dotato di paginette della cultura appare invariabilmente un trafiletto che segnala la festa dell'”International Day of the Book“, una festosa occasione promossa dall’Unesco per celebrare e promuovere la lettura nel mondo. Oddio, a dirla tutta l’Unesco promuove insieme anche l’istituto del copyright, ma lasciamo perdere.
Il giorno, ovvio, non è scelto a caso: il 23 aprile – come non mancherà di far notare l’articolista o il conduttore radiofonico in vena di amenità culturali – è il giorno della morte sia di Shakespeare che di Cervantes. Orpo, e non basta: non condividono solo il giorno ma anche l’anno, il 1616.
Il 23 aprile 1616, una bella coincidenza, parafrasando il detto di un altro giorno ecatombale si potrebbe dire “the day the literature died“, tradotto in ammazza-che-botta-p’-‘a-curtura, due giganti in un colpo solo. E l’Unesco ci fa festa, invitando tutti a pigliare in mano un libro qualsiasi (comprato, grazie).
Va bene.
Anzi no. Non va bene. Perché a voler essere pignoletti Cervantes morì il 22 e fu sepolto il 23, seppure sia quest’ultima la data che si usa per celebrarlo. Tutto qui? No, c’è più sostanza. Il 23 aprile 1616 a Madrid era un sabato, mentre a Londra, e anche a Stratford-upon-Avon, il 23 aprile 1616 era un martedì. Già.
Possibile? Sì, possibile. Il calendario gregoriano, utilizzato in Spagna, precedeva il calendario giuliano, adottato dagli inglesi, di dieci giorni: ovvero, per tradurre la questione, quando Cervantes morì Shakespeare era ancora vivo e aveva davanti ancora dieci giorni di vita. Se traducessimo il giorno della morte di Shakespeare nel calendario gregoriano, la data sarebbe il 3 maggio.
E l’Unesco scrive: “23 April is a symbolic date for world literature, since 23 April 1616 was the date of death of Cervantes, Shakespeare and Inca Garcilaso de la Vega“, una bella fresconeria, appunto. Ah, e inoltre El Inca, Garcilaso de la Vega, storico e letterato del Vicereame del Perù, probabilmente morì il 21 o il 22, chissà poi secondo quale calendario.
Il prossimo 23 aprile fateci caso, sicuro che qualcuno prima o poi lo dirà: “oggi morirono sia uno sia l’altro”, e noi abbiamo già pronta la precisazione da salottino dei puntigliosi. Il fatto è che, come genere umano, ci piacciono moltissimo le coincidenze, e ancor più raccontarle per gustarsi la sorpresa degli astanti. Anche se non hanno alcun senso.