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il tasso del tasso del tasso del Tasso (e la guercia)

Uno dei miei giri romani prediletti consiste nell’arrancare per la salita gianicolare verso Sant’Onofrio, visitare il chiostro che ospitò il Tasso e poi vide Leopardi, Goethe e tanti altri venuti a omaggiare il poeta, e poi proseguire in alto ricordando la Repubblica Romana, tempi migliori di questi, incappare nel bizzarro faro argentino, per poi ridiscendere via tempietto di Bramante, ambasciata di Spagna, Acqua Paola e via così.
Lungo la salita si incontra la cosiddetta quercia del Tasso, sotto la quale il poeta andava a meditare. E a pigliare il fresco, diciamocelo. Però io, che son rinascimentale di formazione, mi diletto assai poco dei versi tasseschi, preferendo loro i versi dell’Ariosto, o del Pulci, o meglio ancora del Boiardo, giusto per restare in analogo argomento. Ciò non toglie che una bella visita alla quercia e al sepolcro non me la nego quasi mai.

E ogni volta che passo davanti alla quercia, ormai seccherella e annerita dal fulmine, non posso non ricordare Achille Campanile che, da pazzo qual era, scrisse quella meraviglia che è “La quercia del tasso” (e la minuscola è corretta). Ecco la meraviglia:

Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.

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trivigantismi

munuocchin’ uorldbag men: berlino

Nonostante non sia arrivata alcuna richiesta a tal proposito, è giunta l’ora di una nuova impresa del munuocchin’ uorldbag men, l’uomo che tenta di fare moonwalking nel mondo sempre con la stessa borsa. Stavolta ha colpito nella cupola del duomo di Berlino, portando il significato della danza là dove regna il crauto protestante. Inutile dire che cotanta bellezza lascia interdetti e ciò che non si può spiegare, il m.u.m., resta ineffabile.
Notare le mani, atte alla performans.

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memoria

12 luglio 1944: il calendario della memoria civile

A Castiglion Fibocchi (Arezzo) ventisei civili vengono fucilati in rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco e per l’incendio di un camion.

A Cibeno (Modena) su ordine del comando supremo tedesco in Italia settantasette prigionieri del campo di Fossoli vengono fucilati, presumibilmente per eliminare prigionieri nel momento in cui il fronte si stava attestando in zona.

A Offagna (Ancona) un reparto tedesco in ritirata stermina i cinque componenti di una famiglia, con l’accusa di aver fatto segnalazioni al nemico.

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nemici politicona

la leggendaria figura di “Nutro fiducia”

Tra le luminose figure dell’Italia unita, un posto d’onore spetta di diritto a Luigi Facta, ultimo presidente del consiglio prima di Mussolini.
Facta, piemontese di Pinerolo nonché avvocato, fu un giolittiano fedele al punto che tanta fedeltà fu scambiata per assenza di idee proprie, maligni!, e ciò gli valse una carriera politica di un certo rispetto: deputato, sottosegretario, ministro più volte e infine presidente del consiglio.
Neutralista di natura, ossia incapace di prendere una posizione qualsiasi nello spazio e nel tempo, non trovò di meglio che dichiararsi fiero di aver offerto la vita di un figlio alla Patria durante la prima guerra mondiale – e chissà cosa ne avrebbe pensato il figlio – il che, va detto, gli giovò non poco nella sua traiettoria politica: fu ministro delle Finanze nel biennio 1920/21 e presidente del consiglio dal febbraio 1922.
La natura immobile del corpo Facta era tale che, sollecitato a proposito di una qualsiasi questione, egli soleva rispondere iniziando la frase in questo modo: “Nutro fiducia che” cui seguivano congiuntivi vari, il che era l’inevitabile prologo all’assenza più totale di una decisione o mossa di alcun genere. Va da sé che fu soprannominato “Nutro fiducia in nome dell’attendismo che lo contraddistingueva. Il giornalista Giovanni Ansaldi, fascista, a proposito della scelta ripetuta che Giolitti fece in favore di Facta quale ministro spiegò così: «Spesso la mediocrità è una voragine per la quale anche gli spiriti eletti provano una cupa attrazione». Chiari i riferimenti.

Come spesso succede, la storia gode nell’essere sarcastica, a spiriti immobili spettano compiti sommi: nel fatidico ottobre 1922 Nutro fiducia, in qualità di presidente del consiglio e, va ricordato, di ministro dell’Interno ad interim, fu soggetto a pressioni per lui insostenibili. Infatti, circolavano voci sempre più urgenti che Mussolini stesse organizzando una marcia su Roma.
Nessuno, Mussolini compreso, sapeva esattamente di che si trattasse (tant’è che l’incerto capo la seguì da Milano, pronto alla fuga), ma una certa agitazione era di certo giustificata. Ai colleghi onorevoli che spingevano per una decisione, Nutro fiducia oppose una certezza incrollabile: “marciare su Roma” era di certo un’espressione metaforica.
Memorabile e agli archivi lo scambio di battute tra l’onorevole Petrillo, in seguito fascista, e Nutro fiducia: al primo che sollecitava vivacemente l’arresto di Mussolini, il secondo sbigottito rispose testuale: “Arrestare Mussolini? E come si fa?”. Ancora, messo alle strette dagli eventi e dai colleghi, nel bel mezzo di Montecitorio e al momento della decisione finale, pronunciò le seguenti parole, tra i singhiozzi: “Volete un gesto di forza? Lo volete proprio? Ebbene, mi farò saltare le cervella”. Si noti che, oltre al pathos, a questa frase non seguì alcunché, né in direzione autoritaria né in direzione autolesionista.

La marcia su Roma fu più di un’espressione metaforica e Facta, materialmente, fu riposto nella cassetta degli arnesi della politica dall’ondata fascista: infatti nel momento del sommo pericolo Nutro fiducia era sì andato al cospetto del Re a chiedere timidamente lo stato d’assedio ma, è noto, incontrò una figura che in quanto a immobilismo gli era pari se non superiore, per maggiori poteri e responsabilità. Non se ne fece nulla, i due non rivelarono mai cosa si dissero in quella notte fatidica e Mussolini, fosse stato più gentile, avrebbe potuto ringraziare la bella coppia. Nutro fiducia tracheggiò in Senato per qualche anno, ignorato per lo più ma ricordato per il brillante supporto alla rivoluzione fascista (supporto che i malevoli ritengono tuttora inconsapevole) per morire nel 1930 nella sua Pinerolo. Leo Longanesi, parlando di Facta e Mussolini, disse: “Il primo spera, il secondo vuole, e tutti gli italiani vogliono. Nutro fiducia, appunto.

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memoria

9 luglio 1944: il calendario della memoria civile

A Bucine (Arezzo) i tedeschi accerchiano il castello di San Leonino, radunano la popolazione in piazza e poi fucilano nove civili.

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nemici trivigantismi

oggi me la prendo con: le pringles

Io vivo in un mondo di amici, pochi e molto buoni, e un mondo enorme e sconfinato di nemici, tutti là fuori e qua attorno. La cosa non solo non mi turba ma, anzi, mi istiga alla provocazione continua: ecco perché quotidianamente me la prendo con qualcuno.
Oggi il bersaglio prescelto è: le prìngols, perché ho scoperto che sono lo snack più diffuso al mondo. Grande nemico, grande godimento, sempre puntare in alto.

Prima di iniziare, un bel disclaimer: tutto quanto sto per scrivere riflette un solo pensiero, dopo averle provate una volta su un Eurostar, ossia che le prìngols mi fanno orrore, sono una schifezza ributtante e invito chiunque a mangiar piuttosto pattume, anche inorganico. Se, infatti, nulla hanno a che vedere con le patate (fatto primo), sono in realtà una bella accozzaglia di liquami poco relativi al cibo (fatto secondo, un esempio).
Detto questo, un’utilità ce l’hanno: con il tubo si può fare una bella antenna per potenziare la ricezione della scheda wireless. Nient’altro.

Ma le ragioni alimentari mi interessano poco, in fin dei conti se uno desidera mangiare scarti è libero di farlo, piuttosto veniamo all’economia e all’imbecillità: le prìngols sono prodotte dalla Procter&Gamble, ultra multi-nazionale rea – tra l’altro – della produzione di Sentieri e di un mare di altre cose. Simulazione: vi alzate la mattina e, poiché volete un sorriso smagliante, pulite la vostra dentiera con AZ o Oral B e ve la incollate al palato con Kukident; a seguire, mentre indossate una bella Lacoste, perché siete dei fighetti, date un colpo al pavimento del cesso con la candeggina ACE e indossate prontamente un Pampers o un Lines perché siete fighetti sì ma piscioloni; poi la barba: inserite delle pile Duracell in un rasoio Braun ma ci ripensate e usate una lametta Gillette per preparare la faccia alla fragranza del profumo (Biagiotti, Boss e via) e lavate il rasoio con Infasil; vi truccate da pagliaccio con Max Factor o Oil of Olaz mentre lavate il cane con Wella; e non avete ancora fatto colazione con le vostre crocchette Iams, presto; lavate il parabrezza con Viakal usando fazzolettini Tempo aromatizzati al Dash.
Per farla breve, non sono nemmeno le nove del mattino che già a Cincinnati, sede della P&G, stanno suonando le campane a festa.

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estasi

io dubai no posibile io rimborso

Phishing così non si vedeva dai tempi di “il tuo conto è rotto”: che meraviglia. Che poi Dubai mi fa schifo, meglio richedo premio gaudagnato, sì.

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memoria

8 luglio 1944: il calendario della memoria civile

A San Pietro Bussolino (Vicenza) dieci civili vengono uccisi a seguito di diversi rastrellamenti.

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nemici

aggiornamento delle 16.23 per i telespettatori del TG1

So che non l’avete visto e per questo ve lo dico: a L’Aquila le cose non vanno bene per un cazzo, la ricostruzione è una bidonata buona solo per i boccaloni, gli aquilani sono stati presi per il culo dal governo, dalla protezione civile, dai costruttori bastardi e da Berlusconi fino a oggi, data in cui sono andati a Roma a protestare. Oggi, non contenti, sono pure stati manganellati selvaggiamente.

Ma voi, rincretiniti che non siete altro, continuate pure a guardare la TV. Elvis è vivo e a Napoli non ci sono rifiuti.

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memoria

I morti di Reggio Emilia: 7 luglio 1960

A San Rocco, un isolato di Reggio Emilia, verrà trovato il corpo di Afro Tondelli (1924), operaio di 35 anni. Si trova isolato al centro di piazza della Libertà. L’agente di PS Orlando Celani estrae la pistola, s’inginocchia, prende la mira in accurata posizione di tiro e spara a colpo sicuro su un bersaglio fermo. Prima di spirare Tondelli dice: “Mi hanno voluto ammazzare, mi sparavano addosso come alla caccia”. Partigiano della 76a Sap (nome di battaglia “Bobi”), è il quinto di otto fratelli, in una famiglia contadina di Gavasseto. Sposato, è segretario locale dell’Anpi.

Davanti alla chiesa di San Francesco è Lauro Farioli, 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bimbo. Lo chiamavano “Modugno” grazie alla vaga somiglianza con il cantante. Era uscito di casa con pantaloni corti, una camicetta rossa, le ciabatte ai piedi: ai primi spari si muove incredulo verso i poliziotti come per fermarli. Gli agenti sono a cento metri da lui: lo fucilano in pieno petto. Dirà un ragazzo testimone dell’eccidio: “Ha fatto un passo o due, non di più, e subito è partita la raffica di mitra, io mi trovavo proprio alle sue spalle e l’ho visto voltarsi, girarsi su se stesso con tutto il sangue che gli usciva dalla bocca. Mi è caduto addosso con tutto il sangue”.

Intanto l’operaio Marino Serri, 41 anni, partigiano della 76a brigata si è affacciato piangendo di rabbia oltre l’angolo della strada gridando “Assassini!”: cade immediatamente, colpito da una raffica di mitra. Nato in una famiglia contadina e montanara poverissima di Casina, con sei fratelli, non aveva frequentato nemmeno le elementari: lavorava sin da bambino pascolando le pecore nelle campagne. Militare a 20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava a Rondinara di Scandiano, con la moglie Clotilde e i figli.

In piazza Cavour c’è Ovidio Franchi, un ragazzo operaio di 19 anni. Viene colpito da un proiettile all’addome. Cerca di tenersi su, aggrappandosi a una serranda: “Un altro, racconta un testimone, ferito lievemente, lo voleva aiutare, poi è arrivato uno in divisa e ha sparato a tutti e due”. Franchi è la vittima più giovane (classe 1941, nativo della frazione di Gavassa): figlio di un operaio delle Officine Meccaniche Reggiane, dopo la scuola di avviamento industriale era entrato come apprendista in una piccola officina della zona. Nel frattempo frequentava il biennio serale per conseguire l’attestato di disegnatore meccanico, che gli era stato appena recapitato. Morirà poco dopo a causa delle ferite riportate.

Emilio Reverberi, 39 anni, operaio, era stato licenziato perché comunista nel 1951 dalle Officine Meccaniche Reggiane, dove era entrato all’età di 14 anni. Era stato garibaldino nella 144a Brigata dislocata nella zona della Val d’Enza (commissario politico nel distaccamento Amendola). Nativo di Cavriago, abitava a Reggio nelle case operaie oltre Crostolo con la moglie e i due figli. Viene brutalmente freddato a 39 anni, sotto i portici dell’Isolato San Rocco, in piazza Cavour. In realtà non è ancora morto: falciato da una raffica di mitra, spirerà in sala operatoria.

(riferimento).