Una domenica mattina a Ferrara, dal castello estense, cinquantanove secondi di placidezza alla Bassani, mentre Tasso – è noto – impazziva. Come se ci fosse la nebbia.
Per l’ennesima puntata di “59 secondi di…”, la rubrica più vegeta del circondario, un altro episodio fatto di soli cinquantanove secondi di qualsiasi cosa venga in mente a me o a voi, che abbia o meno un qualche significato intrinseco e che abbiate voglia di immortalare.
Possibilmente con i mezzi più ridotti possibile.
Mese: Aprile 2010
E’ il 18 maggio 1922, sera, e ciò che avrebbe potuto essere una serata memorabile si trasformò in una catastrofe. Socialmente parlando.
I coniugi Schiff, esuberanti esteti, lui scrittore poi traduttore di Proust, lei ricca figlia di un commerciante, organizzarono una seratona a Parigi in onore di Diaghilev e dei balletti russi. Poi guardavamo con le facce assenti / la grazia innaturale di Nijinski / E poi di lui s’innamorò perdutamente / il suo impresario e / dei balletti russi. Bella gente, compagnia affabile, insomma un ricevimentone con le carte in regola. Sbrillocchi in ogni dove e neuroni à go-go.
Ma lo scopo, vero, dei coniugi era un altro: riunire al proprio tavolo, occasione ghiotta, i quattro genii prediletti, Proust, Joyce, Picasso e Stravinskij. Eravamo quattro amici al bar. E la cosa, in effetti riuscì, divergendo però dagli intenti. Infatti l’errore è madornale: mai mescolare troppe primedonne, per ogni primadonna – si sa – servono almeno due o tre gregari dotati di turibolo ripieno di incenso, che sappiano fare le domande giuste e applaudire al momento appropriato. Calcisticamente parlando, la stessa cosa avviene in una squadra, in cui servono i portatori di palla schierati attorno al piede fino; oppure in una spedizione avventurosa del primo Ottocento, la star dev’essere una, l’esploratore inglese con il cappello del comando, gli altri portano le valigie e montano le tende, zitti.
Ecco come andò: Schiff, l’ospite, per caldeggiare la conversazione, invitò Picasso a fare un ritratto di Proust, uno di questi giorni: “Solo un disegno, basterebbe un’ora!”. Il pittore rispose picche, quello scrittore pallido e gonfio che parlava soltanto di aristocratici gli dava sui nervi. Proust fece finta di non capire che Stravinskij avrebbe voluto parlare della propria musica e gli chiese: “Le piace Beethoven?”; risposta: “Lo detesto!”. Invece di lasciar perdere, proseguì: “Ma come, e gli ultimi quartetti?”; “Le cose peggiori che abbia mai sentito”. E già due delle sei possibili relazioni erano andate in vacca.
A mezzanotte arrivò Joyce, stanco e a disagio perché era l’unico senza smoking. Esito: non aprì bocca tutta la sera, tenendo la testa tra le mani e cominciò a tracannare tutto quello che passava per la tavola. E siamo a cinque relazioni interrotte sul nascere, ma la cosa poteva ancora peggiorare.
La serata per i cinque finì poco dopo. Proust invitò Schiff e Joyce sulla propria automobile: appena salito, Joyce si accese una sigaretta, abbassando il finestrino. Tragico errore, si sa, visto che Proust era asmatico al grado massimo. Schiff intervenne, chiuse il finestrino e chiese a Joyce di spegnere. Lui lo fece ma il suo umore non migliorò. Infatti, cominciò a parlare dei propri problemi alla vista. Proust, che non attendeva altro, rispose con accurata descrizione dei propri problemi di stomaco, bruciori.
La conversazione proseguì a monosillabi (“Le piacciono i tartufi, monsieur Joyce?”. “Sì”) fino all’atto conclusivo, un bello scambio di cortesie: “Mi dispiace di non conoscere l’opera di monsieur Joyce“: replica: “Non ho mai letto monsieur Proust“.
Fossero stati sgherri da osteria invece che scrittori sarebbero volate bottigliate alla carotide.
Pochi mesi dopo Proust morì: al Père-Lachaise, tra la folla, c’era anche Joyce. Chissà se, nel frattempo, aveva letto la Recherche.
Ad Albacina (Ancona) due contadini, Mario Bisci e Remo Mannucci, vengono uccisi dai tedeschi perché fuggono all’intimazione dell’alt.
Un interessante articolo di Sinéad O’Connor, pubblicato anche sul Washington Post, sullo scandalo-pedofilia in Vaticano.
Non si sottovaluti chi scrive, perché – e non solo per il fatto di aver strappato una fotografia del papa in mondovisione – per vicende personali e per sensibilità religiosa e politica sa ciò che dice. Ed è ancor più interessante perché è il punto di vista di una cattolica, irlandese per giunta.
A margine, e prima di riportare l’articolo, una considerazione interessante che mi è stata fatta ieri sera (la butto un po’ lì, pensateci anche voi): trovate così insensato sostenere che per la morale ecclesiastica (sottolineo: clericale) è più grave – sommariamente – per un prete andare con una donna che con un bambino? Ossia che nel primo caso si tratta di peccato e nel secondo di debolezza?
Ecco l’articolo (la traduzione è di Internazionale):
Quando ero piccola, l’Irlanda era una teocrazia cattolica. Se un vescovo camminava per strada, le persone si facevano da parte per farlo passare. Se assisteva a un avvenimento sportivo nazionale, la squadra s’inginocchiava per baciargli l’anello. Se qualcuno sbagliava, invece di dire “nessuno è perfetto” dicevamo: “Poteva capitare anche a un vescovo”.
Era una frase molto più vera di quanto immaginassimo. Papa Benedetto XVI ha scritto una lettera pastorale di scuse all’Irlanda per i tanti anni durante i quali i sacerdoti hanno abusato sessualmente di bambini che avrebbero dovuto fidarsi di loro. Per molti irlandesi come me questa lettera è un insulto.
Non solo alla nostra intelligenza, ma anche alla nostra fede e al nostro paese. Per capire perché, bisogna tener presente che noi irlandesi abbiamo vissuto una versione brutale del cattolicesimo, basata sull’umiliazione dei bambini.
A Rodengo Saiano (Brescia) militi delle SS italiane fucilano sei giovani catturati per il paese; poco dopo, fucilano anche il segretario comunale di Saiano e altri due civili rastrellati.
A Giazza (Verona) il sacerdote del paese cerca di parlare con i responsabili di una colonna di paracadutisti in fuga verso il Brennero per evitare scontri in paese; viene catturato e fucilato dopo sette ore di marcia ad Ala (Trento).
A Castelfranco Veneto (Treviso) tre civili vengono impiccati dai tedeschi in ritirata.
A Boves (Cuneo) tre civili vengono fucilati dai tedeschi in ritirata, in località Chiesa Vecchia.
A Ostiglia (Mantova) i tedeschi in ritirata fucilano un civile presso il Santuario della Comuna.
A Vicoforte Mondovì (Cuneo) un meccanico e i suoi quattro familiari vengono uccisi a raffiche di mitra dalla divisione tedesca Brandenburg in ritirata.
A Cervignano del Friuli (Udine) dopo uno scontro con i partigiani una colonna di SS proveniente da Grado rastrella ventidue civili e li fucila.
A Castello di Godego (Treviso) ottanta civili sono massacrati dai tedeschi in fuga per rappresaglia.
A Galliera Veneta (Treviso) il parroco don Fausto Callegari viene ucciso dai tedeschi in ritirata mentre cerca di portare conforto a due partigiani feriti.
A Pedescala (Vicenza) paracadutisti tedeschi e italiani con le uniformi delle SS irrompono in paese bruciando case e uccidendo sessantaquattro civili; altri diciannove uomini sono uccisi nelle frazioni di Forni e Settecà.
A Grugliasco (Torino) reparti del LXXV corpo d’armata tedesco, attaccati dai partigiani durante la ritirata, rastrellano e fucilano sessantasei civili catturati a Grugliasco e a Collegno.
una persona intelligente e generosa
E’ morto Giuseppe Panza di Biumo, persona intelligente che ben comprese il valore del mecenatismo e della collaborazione con gli artisti. Non riuscendo a donare la propria collezione allo Stato (complimenti sinceri a qualche funzionario idiota), la donò al FAI.
Sciapò e, davvero, grazie.
Questo per dire che se vi trovate dalle parti di Varese, una visita di sicuro ci vuole (qui).
(la foto è miamiamia).
A Fossano (Cuneo) una bomba a mano scagliata dalle SS in un’abitazione uccide due coniugi; un altro civile muore per una fucilata mentre si affaccia alla finestra.
A Narzole (Cuneo) quindici civili muoiono dopo un rastrellamento della divisione tedesca Brandenburg.
A Torre Pellice (Torino) il civile Guido Bonjour viene ucciso dai tedeschi.
A Bagnolo San Vito (Mantova) una donna viene uccisa dai tedeschi in ritirata solo per il fatto di essersi affacciata alla finestra.
Loro sono sopravvissuti alla strage di Sant’Anna di Stazzema:
Ed è in nome loro che oggi io sarò a Milano, e tanti altri, tutti bellissimi, come me. E non solo a Milano. Buona festa a tutti loro.
A coloro che non ci saranno, è ampiamente venuto il tempo che imparino a stare al mondo.
A Castel Goffredo (Mantova) un uomo che inveisce contro i tedeschi in ritirata viene ucciso da una raffica di mistraglia.
A Villadose (Rovigo) vengono presi in un rastrellamento diciassette civili, tutti giovanissimi tranne due settantenni, e sono uccisi a gruppi di tre. Terminata l’esecuzione, viene fucilato anche il milite di Salò messo a guardia dei cadaveri.