il labbro di Louisville

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Nel 1960 Cassius Clay vinse l’oro alle olimpiadi di Roma, categoria mediomassimi, contro il polacco Pietrzykowski.
Diciottenne sfrontato ma con le idee molto chiare, tornò a Louisville e un giorno, con la sua medaglia al collo e un codazzo di persone al seguito, entrò in una tavola calda riservata ai bianchi. «Pensai di metterli in difficoltà: il campione olimpico con la sua medaglia d’oro al collo», disse poi. Gli si fece incontro il padrone del locale e il dialogo tra i due fu questo:

«Non serviamo negri, qui»
«Va bene, tanto io non li mangio»

No, dico, come posso non amarlo? Il padrone della tavola calda non fu dello stesso avviso e lo mandò via comunque. Cassius Clay uscì, andò al fiume Ohio e gettò nell’acqua la medaglia, e l’episodio è rimasto famoso.
Clay forse non fu il pugile più potente, forse non il più tecnico, ma di certo – dentro e fuori il ring – fu il più grande.
A margine, giusto per ricordare lo stato in cui versava negli anni Sessanta la land of freedom. Non ce ne si ricorda mai abbastanza.

Segnalo, a chi interessasse, Il re del mondo di David Remnick, un Feltrinelli da pochi euri, forse un po’ sconclusionato visto che si arresta alla squalifica di Clay (allora Alì) per il rifiuto alla leva, ma ricco di spunti e informazioni sul mondo della boxe di quegli anni.

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