meglio di così non poteva andare

Milano, ieri sera, Camera del Lavoro di corso Vittoria.
Già da alcune ore si susseguono voci molto controllate, pare che Pisapia sia avanti, ma lo si dice piano perché altre volte ci siamo rimasti malissimo, magari non hanno ancora scrutinato le sezioni dei superattici o delle bat-case e va a finire che la Moratti vince in rimonta. Ma la cosa è palpabile, ai banchi dei bar o in libreria, dove il gestore è amico, qualcuno al banco dice: “hai sentito?” e tutti fanno sì con la testa ma mi raccomando, calma. Intanto arrivano i dati, ancora meglio di ogni previsione. Qualcuno, pazzo, è anche deluso per l’exploit mancato, roba che fino a dieci ore prima era più che fantascienza.

Cosa di meglio, allora, per tastare il clima e condividere il momento, che andare alla Camera del Lavoro a sentire Billy Bragg?
Platea piccolina ma ricolma, quelli del PD li riconosci perché hanno i mocassini e quell’aria da barca-in-rimessa che tanto mi irrita, perché poi ti fanno sempre sapere che, ah da giovani!, quante lotte e quante cose. Certo, chi dubita, ma il senso di abdicazione e di rimpianto se lo portano incollato come un’etichetta venuta male.
Bragg è proprio inglese, e ci spiega come fanno benissimo gli inglesi le cose complicate in quel modo piano e mai banale, spiegando che ciò che si deve combattere è il cinismo, ma non quello di Berlusconi, che alla fine fa il suo lavoro, ma il proprio, il cinismo che è sempre lì e che prende il sopravvento appena ci si gira a guardare altrove. Impossibile non pensare a Gaber quando diceva di non aver paura di Berlusconi, ma di aver paura del Berlusconi che è in noi. Inappuntabili, entrambi.
Poi racconta di Guthrie e di Isabella Rossellini, dell’uomo del latte, di impegno e di tassisti, di fascisti – ovvio – e di laburisti distratti dal potere, il tutto da solo con la chitarra elettrica e una ventina di canzoni davvero potenti, commoventi ed esaltanti, a seconda. E racconta di come talvolta sale sul palco amareggiato e incazzato, racconta cose tremende e il pubblico, stavolta tocca a noi, applaude beota e di come, in quei momenti, lui si senta solo. Qualcuno applaude, ovvio. No, spiega, non sono io che devo cambiare le cose, siete voi a doverlo fare, io – dice – faccio solo da pretesto, catalizzo e metto insieme le spinte, questo è il mio lavoro. Novità dalle elezioni?

Ben fatto, questo giro. Bragg non sa, come potrebbe?, dei casini che il PD ha fatto a Napoli, candidando uno che a Napoli nemmeno c’è stato negli ultimi trent’anni, ma sa di Bologna e di Milano, ed è contento come noi che qualcosa si muova proprio qui, nel feudo. E conclude come meglio non potrebbe: I don’t want to change the world / I’m not looking for a new england / I’m just looking for another girl, e ci sprona: “Remember to finish the job”, tra due settimane.
E’ sempre bello vedersi di persona.

  • Mag 18th, 2011 at 15:04 | #1

    Grazie per esserci stato anche per noi, e per averne raccontato! Grazie

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