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il nulla

castronerie volanti

Oramai esiste un vero e proprio filone narrativo che potrei riassumere in: ‘castronerie che la gente dice a operatori di vario genere‘.
Si son visti i librai, i commessi di informatica, i commessi di vestiti, i negozianti di dischi e così via. Certo che resta la domanda se sul serio si aggirino persone così disastrate da strafalcionare in allegria, oppure – domanda lecita – se siano pochi noti che portano le proprie perle per i vari settori merceologici, ovvero portando gioia pel mondo. Oppure che, alla fine, siano un po’ inventate.

Resta la certezza che alcune perle non possono essere inventate, troppo paradossali (o cretinissime) per poter venire concepite volontariamente.
Ora è la volta di una hostess, Gloria Bolognini, che raccoglie le perle in “Passeggeri a spasseggio“. Ne riporto alcune, sebbene non siano tutte memorabili, perché almeno una o due valgono ampiamente il tempo di lettura:

Mi scusi, dove posso fare il cecchino?

Scusi, ma la pista di decollaggio è uguale a quella di atterraggio?

Scusi, dove trovo la fila 27? Un po’ più avanti sulla destra. Ma è sempre la stessa carrozza?

Ci saranno masturbazioni (perturbazioni) durante il volo?

Scusi signorina, questo aereo è mai caduto prima?

Giornali signori? Repubblica, grazie. Ma è in italiano?

Un signore con in mano un beauty case: signorina, posso portare a bordo questo barbecue?

Signora, ha liquidi nel bagaglio a mano? Sì, 200 euro, più o meno.

Buongiorno signore, il suo posto? E che minchia ne saccio!

Mi scusi signorina, sa dirmi l’ora esatta in questo punto preciso dell’oceano che stiamo sorvolando?

Scusi signorina, mi sa dire quando devo scendere?

Signorina mi sveglia quando passiamo la linea dell’Equatore? Vorrei vederla.

Scusi, posso avere le cuffie in italiano, queste sono in inglese.

Su quest’ aereo c’ è il collegamento a eternit?

Scusi, dov’ è il cinema?

Che c’ hai er caricatore del telefono mio?

Signorina, mi dia un orange juice alla pera.

L’ultima, la mia prediletta.

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estasi trivigantismi

francis il muro parlante: maledetta la fretta di far la rivoluzione

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
Se poi chi scrive lo sa e chi legge lo sa parimenti, allora il binomio è compiuto. E’ questo il caso, in cui Ms. C. – occhio attento e inquadratura lesta – ha fornito foto e titolo, con mia imperitura gratitudine e apprezzamento per la condivisione.

E se poi si perdono le apostrofi per strada, non importa: bando alle sottigliezze.
Grazie, Ms. C.

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il nulla

ma che minchiate tocca leggere

Giuro

 

che

 

ci sto

 

provando…

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trivigantismi

quando salirò sulla cima della montagna più alta…

Walter Bonatti, come sempre, sarà già là.
Addirittura più grande come uomo che come alpinista (e le due cose vanno insieme), fu il mio idolo, non esagero, quando mi dedicavo alle vette piccoline e non avevo nulla dell’infante prodigio. Ed era bello leggerlo, come lo è ora: perché anche lui, per la sua parte, mi ha insegnato una cosa importante: il senso per la giustizia. Grazie, sul serio.
(e perdonami se ti ho messo vicino alla schifezza qui sotto, certe cose capitano per caso).

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politicona

abrogare quest’uomo

E’ un bel problema, in sé e il fatto che tocchi a noi provare a metterci una pezza. Però è da fare, niente discussioni, con il risultato – al solito – che se passa il referendum e lo si vince, poi non si troverà in giro nemmeno un pellegrino responsabile di questa sciagurata legge.
A oggi le firme sono 387.000 circa, ne servono ancora entro la fine del mese. Eddai.

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estasi trivigantismi

francis il muro parlante: superminimal

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
E ancora meglio se la scritta ha una relazione con il muro alla quale è destinata, come in questo caso: buco piccolo, scritta elegante e minima, quasi una didascalia che proprio perché inutile diventa bella e mattamatta. Superreale, oserei dire, nel senso che sta sopra.

Sciapò.

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trivigantismi

nostalgissima canaglissima

A GùgolMappse non si rendono conto delle implicazioni di ciò che fanno.
Fotografare tutto l’orbe terracqueo e congelarlo a un dato punto del tempo comporta conseguenze del tutto imprevedibili: è possibile, infatti, che si sia stati immortalati a propria insaputa (per esempio, se non sbaglio, grandesacchetto tempo fa mi si mostrava esposto in pubblica via agli sguardi dell’universo), e magari la cosa non è del tutto gradita, oppure è possibile che sia stato fotografato un incidente, un furto, un’apparizione aliena, un supereroe urbano di passaggio, un coito occasionale e fugace, insomma roba così. Oppure, ancora, è possibile che sia stata fotografata una cosa che non esiste più.

E’ il mio caso, mannaggia: scorrendo qua e là il mio amico mr. C. mi ha segnalato che in un tal luogo esiste un’immagine di ciò che era e non è più. La mia bicicletta, che mi fu sottratta da un tizio che-se-lo-trovo-gli-mangio-la-mamma e che fa ancora bella mostra di sé là dove era solita essere e dove la vidi per l’ultima volta. La nostalgia si fa largo, sono corso giù a vedere ma non c’è, essa ormai esiste solo in Gùgol, in una specie di rappresentazione del mondo che non corrisponde alla realtà ma a un attimo della realtà, casuale e irripetibile. Maledizione.
Ma il fraintendimento, in effetti, è facile: io che corro giù a cercare la bici, speranzoso avendola rivista al suo posto, oppure il babbo di trivigante che qualche tempo fa – per qualche breve istante e più che comprensibilmente – prese a controllare GùgolMappse con una certa frequenza per verificare variazioni, avendolo scambiato per una telecamera puntata. Non è così, non è la realtà e ogni foto è un passato diverso, il che comporta non poche implicazioni.
Ma pensa se Gùgol me lo recensisse Roland Barthes…
A ogni modo, l’immagine è questa e c’è anche la signora dalle gambe davvero strane: