Eyvind e Harry, due eroi della pallav… letteratura

nobel_winnerElfriede Jelinek, Imre Kertész, Wisława Szymborska, Camilo José Cela, Wole Soyinka, Jaroslav Seifert, Czeslaw Milosz, Odysseus Elytis, Vicente Aleixandre, Patrick White, Shmuel Yosef Agnon, Giorgos Seferis, Saint-John Perse, Juan Ramón Jiménez, Halldor Kiljan Laxness, Par Fabian Lagerkvist, Johannes Vilhelm Jensen, Frans Eemil Sillanpää, Roger Martin Du Gard, Ivan Alekseyevich Bunin, Erik Axel Karlfeldt, Sigrid Undset, Władysław Stanisław Reymont, Carl Friedrich Georg Spitteler, Karl Adolph Gjellerup, Henrik Pontoppidan, Carl Gustaf Verner von Heidenstam, Maurice Polidore Marie Bernhard Maeterlinck, Paul Johann Ludwig Heyse, Selma Lagerlöf, Rudolf Christoph Eucken, Bjornstjerne Martinus Bjornson.
Chi erano o sono costoro? Chi ne conosce almeno due vince.
Essi sono tutti vincitori del premio Nobel, più precisamente per la letteratura. Ora, non è il caso di agitarsi se alcuni nomi tra questi (euf.) non risultino del tutto familiari: sono spariti e qualche ragione sensata c’è. Maggiormente misterioso è il fatto che loro abbiano vinto il premio più ambito, negato ad alcuni grandissimi (che so, Tolstoj) e tributato invece a interpreti misteriosi del foglio scritto.
Anzi no, la spiegazione è molto semplice: il premio Nobel, in assoluto e nel particolare, è un premio piuttosto locale, inventato da uno svedese, attribuito da una giuria tutta svedese e, soprattutto, assegnato sulla base delle competenze disponibili in Svedesia. Affermazione avventata? Non proprio, gli archivi dell’Accademia raccontano storie assurde e dispettose, minime e locali, per esempio quella che racconta la vittoria di Carducci alla faccia di Fogazzaro, il favorito, per citarne una nostra; oppure, più clamorosa, la vittoria di Eyvind Johnson (motivazione: “per un’arte narrativa, lontana da vedersi negli anni e nei paesi, al servizio della libertà”) e Harry Martinson (motivazione: “per una scrittura che cattura le gocce di rugiada e riflette il cosmo” ah! ah!) nel 1974: ignoti loro, ridicole le motivazioni. Ah, dimenticavo: ancor più buffo il fatto che entrambi vinsero facendo parte dell’Accademia di Svezia, sono decisamente i miei nuovi eroi della letteratura. E chi vinse il premio nel 1953? Si potrebbe continuare oltre ma il concetto è piuttosto chiaro: premio molto molto sopravvalutato, meglio fidarsi poco.
Per chi fosse attirato dai meandri: Enrico Tiozzo, “La letteratura italiana e il premio Nobel”, Olschki, Firenze, 2008.

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