le lacrime del coccodrillo redazionale

Demonio, sì, demonio! Se la terra potesse partorire fecondata da lacrime di femmina, ogni goccia sarebbe un coccodrillo!
Già, questo è l’Otello ma è ormai noto – la poesia è decisamente morta – che il coccodrillo piange per ragioni più pragmatiche, ovvero ripulirsi il bulbo oculare, avendo esso la complicazione della doppia palpebra e carattere non esattamente incline al piagnisteo.
Per translazione, le lacrime di coccodrillo si riferiscono a coloro che si fingono pentiti di una mala azione, versando finte lacrime, metaforiche o no. Di conseguenza, almeno in italiano e in lingue vicine, si chiamano coccodrilli anche le biografie di personaggi noti che vengono regolarmente aggiornate nelle redazioni giornalistiche allo scopo di non farsi trovare impreparati al momento del decesso (o di qualche premiazione o ricorrenza), in virtù della natura non proprio spontanea della narrazione.
Negli Stati Uniti, che son più pratici e pure più precisi in queste cose, i coccodrilli li chiamano obituaries, per indicare esattamente i pezzi biografici che vengono poi pubblicati in caso di morte. Parrebbe ovvio dire che gli obituaries debbano essere pubblicati dopo la morte del protagonista, ma così non sempre accade.
Gli errori clamorosi sono moltissimi, spassosi pure: credo che il recordman mondiale sia Fidel Castro, dato per morto infinite volte, ma come non ricordare Luca Barbareschi (quando faceva gli snuff muvis, vedasi Cannibal Holocaust) o S. T. Coleridge, che venne dato per impiccato nonostante si trovasse negli uffici del giornale in quel momento, o Hemingway, dato per morto nel 1957 in un incidente aereo, o Giovanni Paolo II, cui successe di essere dato per morto ben tre volte tra attentato e scivoloni, o il caso clamoroso di Paul Mc Cartney ai tempi della copertina di Abbey Road? Insomma, succede spesso e talvolta gli errori restano stampati nella mente di qualcuno: c’è gente che tutt’oggi pensa che Mc Cartney sia un sosia e che il vero P. M. C. sia morto nel 1966.

obituaryMa come si regolano i giornali con i coccodrilli? Ovvero, di chi e quanto in anticipo li preparano?
C’è un articolo interessante, al riguardo, di Christopher Beam nel quale spiega che di norma i giornali preparano gli obituaries per tre categorie di persone: i leaders politici di tutto il mondo; i personaggi celebri che abbiano almeno 75 anni (ma questa soglia è a discrezione); i personaggi noti del mondo dello spettacolo che per la propria condotta di vita sono candidati a morte precoce. Per fare qualche esempio di questa terza categoria, i coccodrilli di Michael Jackson erano belli pronti da tempo, come quelli di Britney Spears, Lindsay Lohan o, che ne so, secondo me di Amy Winehouse, per dirne qualcuna che mi viene in mente.
Il NY Times dichiara di avere 1.200 obituaries pronti, il Washington Post 150, probabilmente stanno tutti al ribasso. I giornali italiani, solitamente, fanno finta di non prepararli in anticipo. Ovvio che così non è. Il NY Times, che pare il giornale più preparato della terra sulla questione, ha da alcuni anni cominciato a registrare interviste con personaggi delle tre categorie di cui sopra, da utilizzare al momento del decesso. Leggendario il caso di Edward von Kloberg III, lobbysta che rappresentava gli interessi di Saddam Hussein, che chiamò di sua spontanea volontà il giornale per fare l’intervista molto prima della sua morte. Poi puntualmente arrivata alla caduta di Hussein. Gli stessi aggregatori di notizie online, tipo Google News, pare abbiano i flash già pronti così fatti: “Nome Cognome died at ..”, da compilare al volo.
Poiché, in conclusione, gli articoli che leggiamo in caso di morte di persona nota hanno spesso mesi se non anni, capita sovente che il redattore che ha materialmente scritto e aggiornato il pezzo sia morto prima del suo destinatario, come accadde nel caso di Gerald Ford nel 2006 e del gionalista della CNN (qui). Infine, ancora il NY Times, il più obituaries-friendly newspaper del mondo, ha messo online tutti i coccodrilli pubblicati finora, a questo indirizzo, per coloro che amano il genere a distanza di tempo.
Dire, poi, che a dar per morto qualcuno gli si allunga la vita non son lacrime di coccodrillo, è cazzata bella e buona: per favore, fatemi leggere ora gli obituaries di Berlusconi e di Bossi: voglio pregustarmi il momento.

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