cento anni di velocità e qualche cilindro in più

Nel 1894, Evelyn Henry Ellis figlio cinquantunenne del sesto Barone Howard de Walden nonché parlamentare ben inserito nel milieu della nobiltà inglese decise di comprarsi un’automobile. Poiché il fordismo e le concessionarie erano di là da venire, si recò a Parigi alla rinomata fabbrica Panhard et Levassor e acquistò il prodigioso modello appena uscito, con motore bicilindrico a V di Daimler di 1.060 cm³, visibile qui a destra nella fotografia scattata in pericoloso movimento.
Maledizione, la nobiltà inglese a bordo di un’auto franzosa con motore tedesco, che onta per l’Impero: fatto sta che macchine inglesi non ne esistevano. Fu così che Ellis acquistò l’automobile, assunse la dotazione d’obbligo di una schiera di meccanici e autisti e intraprese la via verso casa.
Che scalpore, che meraviglia, che rapidità: la prima automobile a toccare il sacro suolo albionico e a percorrere le cinquantasei miglia da Southampton a Londra, novanta chilometri, in appena cinque ore e trentadue minuti. L’era della velocità era appena iniziata, alla prodigiosa velocità di sedici chilometri all’ora e prometteva bene.
Infatti, da pochi giorni si era conclusa con grande eco la prima gara della storia riservata a mezzi a trazione non animale, la Parigi-Rouen: vinta dal trattore De Dion-Bouton all’iperbolica media di diciottovirgolacinque chilometri all’ora, il più veloce sul percorso grazie ai venti cavalli vapore sprigionati dal motore da due tonnellate, vide il trionfo della tecnica di Panhard et Levassor, che equipaggiarono quattro automobili con motore a scoppio.
Due di queste erano proprio proprio uguali al nuovo balocco di Ellis, il quale pistava rombando senza posa per la campagna inglese.
Illegalmente. Era in vigore in Inghilterra, infatti, la cosiddetta “legge della bandiera” che, con l’intento di preservare innocenti vite di passanti straziate dai nuovi mezzi di locomozione, prevedeva che tutti i mezzi a trazione non animale non potessero superare le quattro miglia all’ora. Figuriamoci, andare a quattro quando potresti andare a sedici, mai sentito. E non bastava: la stessa legge, da cui il nome, prevedeva ancora che il mezzo meccanico fosse preceduto da un uomo, a piedi o a cavallo, che sventolasse una bandiera rossa, al fine di avvisare i pedoni dell’arrivo della potenza distruttrice e farsi di lato. Ecco, ci mancavano gli sbandieratori, a rallentare le schegge del progresso.
Ellis, che era uomo di molte risorse nonché, ribadisco, proprietario di una fuoriserie paragonabile al lampo costretta a viaggiare come cavallo viaggia, non si perse d’animo e, grazie al proprio ruolo di membro del real Parlamento inglese, fece abrogare la legge della bandiera, liberando la velocità dalle briglie del conservatorismo e della noia.
Era cominciata un’era, l’era della tecnica e del motore. Un’era talmente nuova e strabiliante che, a oggi, il propellente è in sostanza il medesimo e il principio del motore a scoppio, sebbene con vari cilindri in più, è esattamente identico. Ma vuoi mettere la capienza del bagagliaio?

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