le gomme Pirelli per cancellare gli errori

Nel 1920, Giovanni Giolitti guidava il suo ultimo governo, la S.A.B.I. (Società anonima banane italiane) importava carghi pieni di, ovvio, banane dalle terre super e sub-sahariane, colonie o meno, la prima guerra mondiale era finita da poco mentre le vicende libiche, cominciate nel 1911, proseguivano di male in peggio, tra iprite e impiccagioni sulle pubbliche piazze. E non si era che all’inizio, ancora, poiché il peggio aveva da venire per i quindici anni successivi.
D’Annunzio firmava la resa di Fiume, in quell’anno, e il fascismo era nell’aria: fu proprio Giolitti a indire le elezioni per l’anno successivo, con l’intento di riassorbire all’interno del sistema democratico i primi rigurgiti fascisti. Così non fu ed entrarono in trentacinque, in parlamento.
Come che sia, il clima complessivo non era dei migliori, e per quanto riguarda la posizione italiana nei confronti delle popolazioni africane in generale, diciamo che non era certo improntata al rispetto e alla comprensione (euf.). Si facevano anzi strada campagne feroci nei confronti dei somali, degli eritrei, dei libici, rappresentati con l’osso al naso e l’esploratore nel pentolone, alti alti e un po’ ciula, rapiti dalle perline e dagli specchietti, vestiti di pelli di leopardo e pronti a farsi fregare le risorse da sotto il culo. Un immaginario che ci siamo portati dietro fino a pochi anni fa, passando per i balli dei Watussi e cazzate di questo genere, senza che alcuni tra noi ne siano tutt’ora usciti.
Nel 1920, la Pirelli (allora Pirelli & C.) produceva materiali di gomma e da pochi anni si cimentava con i pneumatici, vero business lanciato sull’asfalto del progresso. Ma non solo, produceva ancora gomma in ogni forma e colore, tra cui anche le gomme per cancellare i terribili errori sui quaderni dei giovani italiani e sui registri dei ragionieri dell’epoca.
Anche la Pirelli, interessata al profitto per sua stessa natura, respirava un clima condiviso e largamente accettato, ovvero eurocentrico con un occhio attento agli Stati Uniti e poco conscio del contesto complessivo. Illuminanti, in questo senso, per restituire un’idea – agghiacciante, devo dire – dell’atteggiamento del tempo verso le colonie, vere o presunte, sono le campagne pubblicitarie. Tra lo scherzoso, l’ammiccante e il furbino, fanno leva su sentimenti camerateschi di bassissima lega. Ed ecco, per l’appunto e per spiegare l’atteggiamento, la pubblicità Pirelli & C. delle gomme per cancellare, una tra le tante del genere.

1920_pirelli_gomme_cancellare_vr

  • Ago 4th, 2009 at 13:00 | #1

    Io mi sono davvero stupito quando ho realizzato che “noi siamo i vatussi” è del 1963, lo stesso anno del discorso “I had a Dream” di MLKing. E questa è “solo” la solita povera “allegria italiana” che ci fa cantare ridere e scherzare con qualunque idiozia. E a quanto pare non ne siamo proprio ancora usciti.
    Propongo il solito gioco delle varianti:
    – un italiano che cancella Salvini o Borghezio (con clava, questi due)
    – Obama che cancella Bush
    – Veronica che cancella Bellusconi

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