minidiario scritto un po’ così di un breve giro a ovest: uno, la città metropolitana, che goduria le alici, le mutande garabaldiche, fare sport

Verrebbe da noi per vedere un po’ le cose da da fare? mi chiedono a metà gennaio. Mmm, spetta, mi viene in mente qualcosa. Giusto. Certo, ma non ora. Più avanti. Avanti quando? Diciamo metà febbraio, potrebbe andare? Beh, speravamo prima ma va bene. Tergiversato il giusto per fare en plein: Torino, febbraio, le finali di coppa Italia di pallacanestro. Perfetto. Tanto era stato piacevole l’anno scorso a Pesaro, prendendo come pretesto l’appuntamento sportivo, così riesco a combinare quest’anno. Lavoro per un paio di giorni, il resto è tutta goduria.

Torino ci son stato con Bonetti, più volte, ma qualcosa la si farà saltare fuori, non è troppo difficile. Anzi, visti il sabato e la domenica, convien l’auto per qualche giro nel circondario, la cosa più immediata che viene in mente sono le residenze sabaude, qua e là. Venaria, Rivoli, Stupinigi, Moncalieri, Racconigi e così via. Poi le cose vengon per strada. Bene, il piano c’è. Chissà poi che col carnevale non succeda qualcosa di interessante a tiro. Il resto è tutto facile, e sarà riempito di vitello tonnato e alici.

Che poi il dintorno è tutto un nome che rimanda a stabilimenti del gruppo Fiat, passati o meno, Grugliasco, Mirafiori, Rivalta, Chivasso, Orbassano e così via o indotto. E lo stesso per i luoghi legati alla produzione o alla famiglia Agnelli, il Lingotto, Villar Perosa, corso Unione sovietica, si conoscono i nomi prima della città. Ricordi di titoli di giornale, marce sindacali, vignette di Forattini, cose vecchie. Torino va pensata come città reale, nel senso di re, anche con la Repubblica, semplicemente invece dei cavalli il nuovo re aveva i calciatori, che accoglieva una volta l’anno a dimora e soprannominava a suo piacimento, e le auto da corsa super. Le baracche, in senso automobilistico e un po’ anche immobiliare, per il popolo. Impossibile scindere le dinastie dalla storia della città, anche nel senso migliore, Einaudi per esempio.

Se dalle Olimpiadi 2006 Torino ha svoltato, la salute della città è senz’altro in ribasso con le ultime amministrazioni e ancora più fuori dal centro. Quanto è pulito e ristrutturato questo, tant’è che fino a qualche anno fa si comprava in centro a Torino per lavorare a Milano, prezzi molto diversi, quanto sono sconfortanti le zone lungo alcuni vialoni, palazzoni dormitori e aree industriali dismesse sulle quali mancano idee. La stessa zona dietro il Lingotto, sistemata nel 2006 senza cura né prospettiva, lascia davvero perplessi per abbandono. L’inquinamento è decisamente fuori controllo, Torino è sempre in cima alle classifiche del genere, si vedono appena le cime scarsamente innevate e nonostante sia una bella giornata da Superga la città non la distinguo, mole e grattacielo san Paolo a parte. Altro che taglio del Turchino.

Poi è un salottino in molte parti del centro, piazza Palazzo di città con le sue edicole, se devo scegliere. Vivace, molte iniziative culturali, meno di un recente passato immagino, comunque se l’idea è riconvertire una città industriale di quasi un milione di persone in qualcos’altro, Torino è un buon caso. Siccome è stata capitale, allora alcune cose si possono vedere solo qui. Il museo nazionale del Risorgimento, per esempio, in un bel palazzone ornato a mattoni proprio davanti alla biblioteca nazionale. Va da sé che non bisogna mica attendersi di trovare un racconto storicamente accurato delle indecisioni (euf.) dei re nelle guerre di indipendenza, per quello c’è Barbero. Ed è un museo istituzionale filomonarchico, della fulgida Repubblica Romana quasi nulla, dei patrioti pochino se non Mameli e i solitari, Pisacane, Menotti, dell’epopea garibaldina quel che serve, perché non si può saltare. Ma vale comunque la pena, perché son garibaldino, anzi garabaldano, ancor di più. Alla quarta bacheca di abiti di Garibaldi, dopo la camicia, il cappello, il poncho, alla sciarpa mi viene da ridere, perché potrebbero averla acquistata ieri al mercato di porta Palazzo, sembra pure nuova. E la pipa, la rivoltella, lo stiletto e avanti. Molti documenti interessanti, tra cui lo statuto Albertino e i suoi annunci, sullo scarso sostegno ai rivoluzionari glissano, molte belle caricature di Cavour e del re. E poi c’è l’aula del parlamento subalpino, intoccata, commovente esempio dei primi timidi tentativi di amministrazione democratica.

Beh, è quasi sera, io andrei. Che devo giocare. Bel palazzetto, complimenti, anche se poi a camminarci sopra si scopre che è un po’ finto. Comunque importa quel che succede giù, quindi ciao.


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