dopo il Morandi, il pontone

Dunque, io vorrei dire che The bad guy è una serie che si fa seguire volentieri. Luigi Lo Cascio, che è uno che fa cose interessanti al cinema e in teatro, interpreta un magistrato che viene accusato di essere colluso con il superboss imprendibile della mafia. E da lì, succedono cose. La serie fa parte di quei pacchetti che una legge protezionista impone di produrre e girare in Italia ai broadcasters esteri che intendono proporre in Italia i propri contenuti e ne escono prodotti scadenti e medi – se Netflix assume come responsabile del settore una direttrice in uscita da RAI1 il rischio è un po’ quello, vedi Odio il natale – e buoni, The bad guy, che però è Amazon. Ironico, girato veloce, bella fotografia, scene incastrate una nell’altra, fa anche un po’ il verso alle piovre e sceneggiati del genere mafioso. Beh, a un certo punto della vicenda crolla il ponte sullo stretto di Messina.

Crolla perché, guarda te, costruito con materiali scadenti dalle imprese delle cosche. E uno, io, si chiede: è una scena plausibile, funzionale allo svolgimento della narrazione? Forse non del tutto, ma è divertente piazzarci una scenona catastrofica che fa da spartiacque nella storia e le cui premesse non sono del tutto infondate, in effetti. Ma per Salvini, che ebbro del suo ruolo di ministro delle infrastrutture ha fatto del ponte il suo argomento quotidiano guadagna-spazio sui giornali, no: «Non possiamo più accogliere in silenzio insulti e offese al nostro Paese. L’Italia da sempre crea capolavori ingegneristici dentro e fuori dai confini: il Ponte sarà l’ennesimo esempio di genialità italiana nel mondo» e aggiunge balordo: «Volere è potere». Certo. Il senatore messinese della Lega Nino Germanà e il presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati Nino Minardo gli vanno dietro e avanti così. Ninonino.

Sarebbe bastata una battuta, il nostro ponte sarà molto più solido e ben costruito, vigileremo, bella idea di fantasia, ma che devo dirlo io? E invece no, quello ha l’umorismo dell’oratorio, quindi la prende seria, e i suoi epigoni si agitano come le bestioline sotto le pietre e poi scappano via. Ma abbiamo bisogno di questa gente? No, è ovvio, no. E allora perché? È sempre un bel mistero, un bel miscuglio di motivi non molto entusiasmanti. Ma io chiedo: qualcuno me la mostra, oggi, non ieri, oggi, la genialità italiana? Anche non nel mondo, mi basta in Italia. Anche due minuti, uno, di genialità italiana. Giusto per vederla, poi giuro mi tacerò per sempre. Di fronte alla genialità italiana.

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