minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 79

Ci sono qua e là alcuni episodi di assembramento, riportati dai media con grandi enfasi perché in questo paese ci piace moltissimo puntare il dito sugli errori degli altri, tralasciando con incuranza i propri, dei quali episodi non sono nemmeno sicuro della consistenza: millecinquecento a Brescia, qualche migliaio a Milano e altrove, tutti incriminati per movida e assembramento. A Torino invece ci sono le frecce tricolori e le persone si assembrano eccome ma lì la cosa, evidentemente, non conta. Faccio presente, per fare qualche calcolo del salumiere, che l’uno per cento della popolazione lombarda sono centomila persone e qui siamo molto ma molto al di sotto di quel numero, siamo a poche migliaia distribuiti sul territorio. Quindi, da un lato c’è un novantanove virgola rotti che prende le misure in modo sostanzialmente serio e rigoroso e uno zero virgola che ogni tanto a certe ore e in certi luoghi un po’ si assembra. E allora? Se partissimo ora in cento per raggiungere la Russia a tappe forzate allo scopo di invasione (è un esempio inventato, eh), uno che si distrae e si perde per la strada lo devo mettere in conto, sarei un pazzo a non farlo. Altro che uno, a dire la verità, imporrebbe il realismo. Ecco, qui siamo ai mezzi che tanto piacciono a Gallera, nemmeno, a ben meno di una unità percentuale. Ma è una cosa sulla quale piace a tutti fare casino: ai sindaci, che si riscoprono sceriffetti e chiudono, impongono orari, si lanciano in sermoni; alle persone a casa davanti alla televisione o ai giornali che si lanciano in strali contro i presunti colpevoli, sia perché loro stessi non hanno occasione di assembrarsi, brutta bestia l’invidia, sia perché si tratta in prevalenza di giovani e allora il paese, che è anziano di natura, si lamenta e conciona; agli amministratori, che non vedono l’ora di regalarsi visibilità prendendo qualche misura strampalata, come quella dei sessantamila «assistenti civici» incaricati di andare a rompere le palle agli assembrati, tipica iniziativa grillina come i «navigators» senza che il Ministero dell’Interno ne sia al corrente. Che, poi, dico: abbiamo appena svuotato le terapie intensive, perché voler riempire le ortopedie?
Una tra le cose che mi stanno più sulle palle, pardon la volgarità, è il paternalismo insito in questo paese: riapriamo ma vi dovete comportare bene; lasciamo le cose alla responsabilità dei cittadini; un vecchissimo spot che diceva: «divertirsi sì ma con la testa». E poi subito pronti a salire in cattedra non appena uno, anzi meno di uno, non dico sgarra ma non mantiene la distanza. Che poi, se lo si fa durante le conferenze stampa di Regione Lombardia è legittimo e senza rischi, se durante il volo degli aerei dello Stato va bene, al bar no. Sia chiaro: o si può fare o non si può fare, punto. Non: si può fare ma io ti guardo e ti dico se lo fai bene. Eh no. Il messaggio è schizofrenico, da un lato bisogna tornare nei bar e nei ristoranti altrimenti la nostra economia schianta e dall’altra parte no, bisogna farlo a determinate condizioni. Ci si perde nelle golene di un fiume, perché in un nulla diventa: se lo faccio io va bene perché io lo faccio bene e se lo fai tu no, perché tu non usi la testa, giochino tipico della mentalità anziana di questo paese (e con «anziano» non intendo mai in senso anagrafico ma di testa, le due cose non viaggiano di pari passo, vedere per esempio Salvini): lamentarsi, ripetere le cose, contrastare i cambiamenti, puntare il dito contro gli altri, meglio se giovani o persone libere. Se i bar sono aperti, se si possono vedere gli amici, se i metri di distanza da due diventano uno, se servono due persone insieme per contagiarne una, se si comunica in modo confuso e contradditorio, se le regole non sono chiare, allora bisognerebbe pensarci due volte prima di mettersi la stella sul gilet e andare al saloon a farsi vedere. Come altre volte, mi chiamate prima, io vi dico che i Murazzi a Torino, i navigli a Milano, piazzale Arnaldo a Brescia e così via sono i posti che daranno problemi dal punto di vista degli assembramenti, così ci pensiamo prima, prendiamo qualche precauzione e non facciamo un casino a posteriori. Perché i pulpiti e le concioni sono insopportabili, le lagne pure.

Io ormai il mio meccanismo personale di distanziamento fisico l’ho messo a punto, so destreggiarmi circa in otto direzioni per scendere raramente sotto il metro, metro e mezzo da una qualsiasi altra persona. Mi fa ridere, e vorrei essere lì per assistere alle scene, il fatto che abbiano riaperto il Duomo di Firenze dotando i visitatori di uno «speciale distanziatore sociale» (sperimentale), cioè una collanotta con uno sbrillocco in fondo che si illumina e vibra quando ci si avvicina troppo. Un flipper bellissimo, chissà che spettacolo nella penombra di una cattedrale gotica, buzz buzz, fossi lì continuerei ad avvicinarmi volontariamente per far suonare gli altri. Buzz buzz.

I giorni precedenti:
giorno 78 | giorno 77 | giorno 76 | giorno 75 | giorno 74 | giorno 73 | giorno 72 | giorno 71 | giorno 70 | giorno 69 | giorno 68 | giorno 67 | giorno 66 | giorno 65 | giorno 64 | giorno 63 | giorno 62 | giorno 61 | giorno 60 | giorno 59 | giorno 58 | giorno 57 | giorno 56 | giorno 55 | giorno 54 | giorno 53 | giorno 52 | giorno 51 | giorno 50 | giorno 49 | giorno 48 | giorno 47 | giorno 46 | giorno 45 | giorno 44 | giorno 43 | giorno 42 | giorno 41 | giorno 40 | giorno 39 | giorno 38 | giorno 37 | giorno 36 | giorno 35 | giorno 34 | giorno 33 | giorno 32 | giorno 31 | giorno 30 | giorno 29 | giorno 28 | giorno 27 | giorno 26 | giorno 25 | giorno 24 | giorno 23 | giorno 21 | giorno 20 | giorno 19 | giorno 18 | giorno 17 | giorno 16 | giorno 15 | giorno 14 | giorno 13 | giorno 12 | giorno 11 | giorno 10 | giorno 9 | giorno 8 | giorno 7 | giorno 6

Un commento su “minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 79

  1. Quasi una serie TV

    Se qualcuno dovesse un domani documentare, magari con una serie TV tipo Chernobyl, la serie di errori umani, di colpevoli omissioni, di deliberate menzogne che hanno portato a un disastro, sicuramente l’esperienza covid potrebbe, già ora, fornire materiale in abbondanza. L’unico problema (filmico) sarebbe, probabilmente, di trovare attori paragonabili ai personaggi reali, perché in effetti per lo meno Fontana e Gallera (ma, bisogna riconoscerlo, anche Conte, Bertolaso, Zaia e De Luca non scherzano) parrebbero davvero insostituibili e dunque senz’altro da scritturare nella parte di loro stessi. L’unico problema (reale) è che le comparse di questa sceneggiatura, rigorosamente non pagate, siamo noi che la stiamo vivendo giorno dopo giorno e che, almeno in parte, progressivamente capiamo che c’è qualcosa che non va, che troppe tessere del mosaico non combaciano, che in effetti se poi qualcosa andasse storto “avremmo dovuto” aspettarcelo. E qui mi vedo già la scena del tizio con lo sguardo stupito che, sdraiato a prendere un aperitivo al sole nella tranquillità erbosa della golena, vede d’un tratto arrivare la piena del fiume…
    A cosa mi riferisco? Beh, tanto per cominciare, da quando il Ministro della salute ha annunciato che dal 3 giugno gli spostamenti si sarebbero potuti effettuare solo tra regioni con pari livello di pericolosità epidemiologica, d’un tratto la Lombardia si è messa subito in riga. Riusciamo sempre a fare più della metà dei contagi del Paese, però con gli altri parametri andiamo benissimo: siamo subiti rientrati nel “gruppone” e da cavalli di razza quali siamo ci apprestiamo a piazzare lo scatto finale per la vittoria. E infatti zac, anche i decessi ieri in Lombardia sono finalmente scesi un pochino: da più di cento a nessuno, niet, zeru murti. Ma chi ci ammazza a noi?
    Perché va bene la commozione, gli eroi in camice, le bare portate via in colonna dai militari, perché quando si soffre lo si deve fare in grande, però adesso basta. La vita riprende e anche nella ripresa vedrete che saremo i meglio di tutti e che entro la fine dell’anno supereremo il PIL della Svezia e della Baviera messi insieme, e che “se i nostri morti potessero parlare” ci chiederebbero perché cazzo non siamo ancora andati a farci un negroni in piazza, perdio!
    Tutto il resto della trama è ovviamente farsesco, con i sindaci che vietano la somministrazione delle bevande a chi sta in piedi, il Ministro degli affari regionali che sguinzaglia sessantamila scagnozzi per controllare il rispetto delle misure di sicurezza ma non lo dice al Ministro dell’interno che si arrabbia, mentre domani quasi dappertutto riaprono le palestre e lunedì anche le piscine, entrambi luoghi noti per la facilità con cui si riesce a realizzare distanziamento e uso delle mascherine.
    Ah, prima dei titoli di coda c’è anche lo spazio per una preview: tra un paio di settimane arriverà finalmente la App Immuni, che aspettavamo con una certa impazienza già più di un mese fa. Del resto, meglio tardi che mai, sperando che sia utile e che non faccia la fine grama che, secondo un geniale articolista, “rischia” di fare il vaccino secondo il “paradosso della scienza”: “se l’epidemia svanisce non riusciremo a testarlo”. Eh no, cazzo, questo no, a costo di tenerla in vita io stesso infettando (col mio amico F., perché solo in due si può) tutti quelli che mi stanno antipatici.

Rispondi a Federico Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *