minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 71

Vaccini. Perché c’è anche quel problema, non è che possiamo star qui senza pensarci. Ovviamente tocca aspettare, perché il processo è lungo, ma qualche domanda bisognerebbe porsela fin da ora, anzi sarebbe meglio essersela già posta. Ne dico una, banale: chi avrà accesso per primo al vaccino, quando ci sarà? Venerdì scorso Sanofi, una delle cinque di big pharma, ha dichiarato attraverso il suo amministratore delegato che gli Stati Uniti saranno i primi ad avere il loro eventuale vaccino. Già, per il semplice fatto che il governo americano sostiene l’azienda e, di conseguenza, il rapporto è privilegiato. Macron si è detto «seccato». Sempre negli Stati Uniti, pare che la fase 1 di test di un vaccino di Moderna, l’mRNA-1273, stia andando bene. La Gran Bretagna annuncia oggi di aver prenotato 30 milioni di dosi del vaccino (sempre eventuale) cui sta lavorando l’Università di Oxford con l’Irbm di Pomezia, ponendosi quindi in prima fila tra gli Stati che vaccineranno i propri cittadini. Ora, non è che ci voglia un fine analista o uno stratega per capire che chi avrà il vaccino per primo avrà innumerevoli vantaggi sugli altri, talmente ampi che è difficile quantificarli e immaginarli ora. La domanda, a questo punto, perché tocca pure farsi la domanda, è: e noi? E noi non si sa, nessuno ne ha parlato finora, nessuno ha posto sul tavolo la questione, nessuno ha ipotizzato lo scenario. Dobbiamo pensare che non ci siamo posti il problema? Ovviamente verrebbe da dire di no ma, alla luce dell’esperienza recente, il dubbio viene. Perché non parliamo di questo, invece che questionare se Silvia Romano sia incinta o meno? Secondariamente, sempre nel campo delle speranze, sarebbe auspicabile che l’Unione Europea si movesse in questo senso, lavorando in maniera comune per i propri cittadini e mettendo sul tavolo tutto il proprio peso, economico e politico. Qualcuno ne ha parlato? Io non lo so, nel senso che non ho sentito nulla. Verrebbe, di nuovo, da pensare che la questione sia stata affrontata e sia in agenda ma, vista l’esperienza recente di tre mesi fa in cui ogni Stato si è mosso in maniera indipendente e autonoma, il dubbio viene. E sono due dubbi.
Poi, tanto per girovagare di notizia in notizia, Icos – integrated carbon observation system, un’infrastruttura di ricerca europea, ha pubblicato uno studio in cui si dimostra che durante il lockdown le emissioni di CO2 in sette città europee (Basilea, Berlino, Firenze e Pesaro, Helsinki, Heraklion e Londra) sono calate del 75% nel caso migliore (non tutte le città erano sottoposte a restrizioni simili), palesando in modo incontrovertibile la connessione tra le misure di fermo e la riduzione dei gas inquinanti. Tutto questo, che è un po’ il segreto di Pulcinella e non capisco mai perché non telefonino a me per sapere certe cose, va sottolineato con forza perché durante il periodo di reclusione a un certo punto, fine marzo, su alcuni giornali uscirono notizie il cui succo era: «il traffico non c’entra, in pieno lockdown le emissioni nocive e le polveri sottili sono balzati alle stelle». L’ho virgolettato perché il Giornale ha scritto esattamente questo, e non è stato il solo: «L’assenza di traffico e di automobili in strada non ferma la presenza delle polveri sottili in Lombardia, Piemonte e Veneto: il livello di Pm10 rimane alto. Stupore tra gli scienziati». Credo che la notizia avesse stupito un po’ tutti i lettori, non solo gli scienziati, era stata rilanciata pressoché ovunque. E, sorpresa!, non era vero, come abbiamo avuto modo di sperimentare tutti in modo empirico con i nostri bronchi e alla vista delle stelle in pianura padana. Un esempio abbastanza lampante di fake news diffusa ad arte e ripresa felicemente dai giornali, principalmente di destra ma non solo, del mondo. Don’t trust what you read.

Domani, da noi, si riapre. Altrove hanno già riaperto, come il bar in Germania nella foto qui sopra: chi si inventa modi creativi per delineare il distanziamento vince. Nel senso che lavora di più, magari. A proposito di Germania: i dati da loro vanno bene, sia perché sono più ligi alle regole, sia perché hanno messo in atto politiche serie da affiancare alla riapertura. Per esempio? Beh, per esempio una rigida pratica di tracciamento dei contagiati. E noi? Non era una delle sei condizioni basilari dell’OMS? E non era uno dei pilastri della nostra politica sanitaria, di cui faceva parte pure l’app Immuni? Qualcuno ne ha notizia (del tracciamento, poi magari dell’app)? Certo, è una «t», tracciamento, e quindi non fa parte delle quattro «d» della Regione (giorno 42) ma me lo sono sognato io? No: «Il tracciamento – ha spiegato Conte – è necessario per evitare la diffusione del virus» (21 aprile), «Strategia basata su tracciamento e meccanismo di rubinetti. Se contagi crescono, interveniamo in modo mirato» (28 aprile). Ma anche Arcuri: «Riaprire senza fretta. Senza le app di tracciamento la stretta non potrà allentarsi» (21 aprile). E potrei andare avanti a lungo. Parole?

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Un commento su “minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 71

  1. Girovagare responsabilmente

    La situazione, per l’ennesima volta, è surreale. Nel torno di pochi giorni si è passati da una apertura già di per sé abbastanza generosa, se parametrata agli indicatori sanitari, a quello che sembra a tutti gli effetti il quasi definitivo “liberi tutti”, per lo meno a livello regionale. Niente più limitazioni agli spostamenti, possibilità di vedere amici in privato (si sono archiviati i “congiunti”: meglio, così finisce la farsa), riapertura di negozi ed esercizi commerciali vari, compresi parrucchieri, stabilimenti balneari, bar e ristoranti – vale a direi tutti quelli che sembrava dovessero attendere almeno fino alla fine del mese per poter riprendere la propria attività in sicurezza. Evidentemente, il concetto di “sicurezza” è stato stiracchiato a più non posso e ora si mostra in tutta la sua elasticità, un po’ come quelle mascherine che giacciono abbandonate per strada.
    Ho finalmente letto tanto il decreto-legge del 16 maggio quanto il DPCM di oggi e nella massa di norme davvero imponente che essi contengono fatico ancora ad orientarmi. Il loro significato, comunque, sta più nella differenza con quanto li precede, cioè nelle prescrizioni (più che altro divieti) che tolgono, e non in quelle nuove che immettono. La novità più rilevante per i privati cittadini è, come accennavo, il ripristino della mobilità all’interno della regione. Quel che si è sentito dire da Conte è: “non servono più le autocertificazioni”. Bel burocratichese. Le autocertificazioni non servono più perché non si deve più giustificare lo spostamento, il che corrisponde al ritorno, sotto questo aspetto, alla tanto agognata “normalità”. Ma, anche sotto questo aspetto, è proprio così?
    Non sembrerebbe, daccapo, per le persone con più di 65, alle quali (art. 3, comma 1, lett. b, del DPCM) “è fatta espressa raccomandazione […] di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”. Al di là di questo, ulteriori restrizioni possono essere dettate a livello locale, sia da parte del Governo che delle regioni, in rapporto alla specifica situazione epidemiologica. L’odierna ordinanza lombarda 547 del 2020, ad esempio, rinnova l’obbligo di portare le mascherine all’aperto (salvo che si pratichi attività motoria/sportiva intensa). Eccettuato questo aspetto, direi che chiunque ha il via libera per girovagare liberamente su tutto il territorio, e a quanto pare anche di vedere chi gli pare (purché non anziano: lì valgono ancora considerazioni prudenziali) anche a pranzo e a cena. Se non sbaglio cade pure il divieto di assembramenti in luogo privato, divieto che a quanto posso osservare vale da domani soltanto in luogo pubblico o aperto al pubblico e, sempre in luogo privato, non vedo traccia di alcun obbligo di mascherine e neppure di distanziamento di sicurezza. Considerato che si calcola come un trenta per cento dei contagi si sia verificato proprio in luoghi privati, tipicamente in riunioni di familiari e amici che sono poi le occasioni in cui è più facile abbassare la guardia, degradare queste cautele da prescrizioni a consigli mi pare davvero una mossa geniale.
    Per fortuna gli italiani saranno guidati dalla loro inventiva e dal loro proverbiale senso di responsabilità. Come ci si augura a capodanno: buona fine e buon inizio!

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