minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 40

Quaranta giorni, quaranta notti. Se è quarantena, allora è finita. Se è quaresima, allora è finita. Se è diluvio universale, allora è finito. Se è la seconda volta che Golia si presenta al popolo eletto non lo so, questo potrebbe esulare dalle mie competenze, comunque restare più di quaranta giorni è da maleducati. Se sono i quaranta giorni di digiuno (mmm) nel deserto (questo già di più), sono finiti.
Quello che è finito oggi – tizi dell’«andrà tutto bene» sarebbe ora la piantaste davvero! – è Luis Sepúlveda che era stato ricoverato a febbraio per infezione da covid al ritorno da un convegno e non ce l’ha fatta. Non va bene un accidenti. Lo apprezzavo, non tanto come scrittore – ho letto con piacere solo «Patagonia express», molto bello – ma come individuo, per la sua storia, per ciò che ha penato, per la delicatezza con cui parlava ed esponeva il proprio pensiero e per le posizioni politiche, egualitarie e libertarie che riusciva a esprimere con grande chiarezza. Ha scritto anche ottimi articoli, quella era la veste in cui riuscivo meglio a cogliere le sue doti. Mi spiace, come mi spiace per le oltre centotrentamila vittime nel mondo, alla faccia di chi pensa sia un ottimo periodo per inventarsi cose e prendere il tutto con allegria.
A proposito, qualche giorno fa, fuori da casa di amici cui ho consegnato, l’ho detto, frutta e verdura in cambio di vino, ho visto un foglio appeso del circolo operaio che invita i cittadini che ne avessero bisogno a contattarli per spese o assistenza varia. Bene, mi son detto. Bene. Primo perché esiste ancora un circolo operaio e questo mi dà conforto. Secondo, ovviamente, perché hanno a cuore la collettività, mai dare nulla per scontato. Abbiamo notato il passaggio non banale: «per coloro che non potessero uscire o ne avessero timore». Bravi.

Una nota minima: il racconto di Berlusconi al telefono che ricorda con riconoscenza Bersani che, subito dopo il tentativo di un tizio di far ingoiare il duomo di Milano a Berlusconi stesso, lo andò a trovare in ospedale e gli tenne la mano per mezz’ora è al di là del cuorismo politico, è talmente candido da sembrare genuino in ogni parte. E vedi l’effetto del tempo? Sento questo racconto e poi penso che sì, certo che a differenza dei Salvini attuali loro sì che erano gentiluomini della politica e avevano buon garbo e riconoscenza. Eh sì che allora era meglio. E invece no, mi fermo e mi riprendo (nel senso che sgrido me stesso) e mi faccio tornare la memoria: sicuramente Bersani era ed è persona gentile, seppur con una condannabile tendenza a perdersi nei corridoi tirando salami invece che far politica dura, ma Berlusconi no, perdio, no. Tutto ma no. Ma la gentilezza e la riconoscenza con cui ha raccontato questo aneddoto, esponendosi anche ai lazzi altrui, devo dire che mi hanno colpito. Invecchiare è proprio un passaggio strano, meglio comprare sgabelli su amazon.
Siccome la situazione si fa decisamente più confusa, la lega cavalca la riapertura per spostare l’attenzione dal disastro lombardo, dai diecimila morti e dalla guardia di finanza in Regione (ah, sì, ieri) e il governo cerca di mettere un freno, negli interstizi si infilano tutti i furboni che sanno sempre che quel che vale per loro non vale per gli altri, nel frattempo girano in rete e via wapp una quantità di finti decreti, finte disposizioni, finte notizie davvero impressionante. Gli ultimi, proprio perché nessuno è in grado di fare previsioni precise, propongono calendari molto dettagliati: il 27 luglio riaprono i mercatini rionali di Bolzano, il 28 quelli di Trento, il primo agosto le erboristerie ai numeri civici pari e il giorno dopo quelle con il telefono fisso. Cose così, anche ridicole, ma siccome incontrano l’esigenza più diffusa attualmente, che è quella di capire come andranno le cose nel periodo breve-medio, funzionano. Chissà chi si prende la briga di confezionare falsi documenti, a volte anche discretamente messi insieme, e chissà se l’unica soddisfazione è vedere quanti poi abbocchino. Mah.

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Un commento su “minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 40

  1. Ancora sulla “strategia” lombarda

    I dati, nel complesso e per quel che valgono, continuano a migliorare, con molta più lentezza in Lombardia, ma l’unico a far finta di non accorgersene è il suo Presidente, Fontana, che a questo punto sembrerebbe deciso a rischiare una mossa azzardata.
    Dopo aver adottato una politica clamorosamente fallimentare in tema di tamponi a scopo preventivo nelle fasi iniziali dell’emergenza, dopo aver dirottato i casi di covid nelle RSA, dopo aver evitato di adottare tempestivamente misure più restrittive e istituire nuove zone rosse mentre già lo facevano altre Regioni (ad esempio, l’Emilia-Romagna con Medicina) col verosimile scopo di non assumersi una responsabilità politica che con ogni probabilità volevano scaricare sul Governo nazionale; dopo tutto questo adesso arriva la richiesta di ripresa delle attività produttive a partire dal 4 maggio.
    Il punto non è qui tanto il merito della questione, cioè se dette attività produttive possano o meno riaprire in sicurezza. Se tale possibilità vi fosse, naturalmente fabbriche e imprese potranno riaprire perché, come per ogni altra cosa, le limitazioni delle varie libertà che sono state compresse in questo periodo si giustificano solo se (1) servono a qualcosa dal punto di vista della salute collettiva e (2) se il loro sacrificio (delle libertà) è necessario e proporzionato alla realizzazione degli altri beni che si vogliono salvaguardare.
    Ciò che irrita, a questo punto, è però il metodo con cui la questione viene affrontata. Anzitutto, la richiesta è prematura e non sembra basata su alcuna evidenza di carattere sanitario o epidemiologico: quali sono i nuovi dati che suggerirebbero, apparentemente fin d’ora, che tale riapertura sia possibile ed opportuna? In secondo luogo, se si deve procedere sulla base dei desiderata, perché la richiesta della Regione più colpita al mondo in termini di lutti e sofferenze dovrebbe essere proprio quella di aprire le attività produttive e non – che so – di permettere ai cittadini di fare due passi a più di 200 metri da casa loro o di recuperare un minimo di socialità o affetto familiare? Quelle non sono priorità? Non sono cose urgenti per recuperare un po’ di salute mentale? Perché in Danimarca riaprono per prime le scuole e qui devono per forza essere le fabbriche?
    Certo, si dirà, la ripresa della produzione industriale è fondamentale per evitare una crisi economica ancora maggiore nei prossimi mesi. Verissimo. A patto però che sia un’opzione percorribile e sicura. Sennò poi arriva (per tutti) una nuova chiusura e allora, come direbbe il loro amico Zaia, è pezo el tacón del buso.
    L’attuale classe politica che governa in Regione fin dall’inizio si è dimostrata squallidamente “prona” alle richieste di imprenditori e industriali, con ciò aggravando una situazione che non sarebbe stata facile per nessuno ma che è stata generosamente peggiorata con questa mala gestione. E adesso, in modo goffo ed estemporaneo, se ne arrivano con una richiesta al Governo che – daccapo – sembra scritta direttamente dalla sede di Confindustria? E questo mentre, invece di ammettere le proprie responsabilità per lo meno a se stessa – in attesa magari di un redde rationem coi cittadini, molti dei quali non proprio per caso stanno chiedendo di “commissariare” la Lombardia: come i Comuni infiltrati dalla mafia – Fontana&Company fanno appendere cartelloni pubblicitari autoelogiativi su come sarebbe stata gestita bene l’emergenza sanitaria e alle critiche il Presidente risponde con un “non ti curar di lor ma guarda e passa”?
    Ragazzi, ma vi tira il culo?

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