la pesca miracolosa, la consegna delle chiavi, la punizione di Elima eccetera

Da oggi nella cappella sistina saranno esposti gli arazzi di Raffaello, disegnati e intessuti appositamente per essere lì collocati. E, ovviamente, confrontarsi con gli affreschi di Michelangelo, mica poco.
Ecco qui sotto come sarà, era dal 1983 che non accadeva.

Solitamente gli spazi dei dieci arazzi sulle pareti sono vuoti e sono ricoperti da tende affrescate per riempire, appunto, il vuoto. Si intravedono in quest’immagine scattata ai tempi dei preparativi per il conclave e in quella sotto, con il sovrintendente.

Beh, c’è tempo una settimana per vederli ma credo sarà necessario mettersi in fila. In una bella fila. Ma domenica è pure aggratise.

il coraggio di Montanari, anche stavolta

Tomaso Montanari, oltre alle indubbie qualità come critico e storico dell’arte, ha un grande pregio: dice le cose senza ipocrisia. L’aveva già fatto con Luzzatto e il suo indegno libro (ne ho detto qualcosa qui) e molte altre volte. Stavolta, unico o quasi nel panorama giornalistico italiano infido e codardo, ha scritto un articolo su Giampaolo Pansa e su quanto scritto in occasione della sua morte.
Siccome, è facile prevederlo, adesso salirà l’ira scomposta dei destrorsi sostenitori della parificazione tra fascismo e antifascismo e i morti di tutte le parti, riporto l’intero articolo qui prima che qualche solerte redattore cagasotto lo renda irreperibile.


Pansa, la sconcertante santificazione di un falsario

di Tomaso Montanari

La santificazione a testate unificate di Giampaolo Pansa lascia sconcertati.

È naturalmente comprensibile il lutto degli amici e degli ammiratori, così come è lodevole la gratitudine dei più giovani giornalisti che ripensano ai loro debiti verso quello che fu, fino a un punto preciso della sua vita, un maestro del nostro italianissimo giornalismo. Ma il silenzio sulla scelta revisionista di Pansa (una scelta che assorbe, portandolo di male in peggio, quasi gli ultimi vent’anni della sua vita), o peggio i tentativi di liquidarla con accenni a un suo gusto per le questioni «controverse», al suo essere «bastian contrario» o «sempre contro», sono invece inaccettabili. E nemmeno il combinato disposto dell’intollerabile ipocrisia italica e borghese del «de mortuis nihil nisi bonum» e del corporativismo giornalistico possono giustificare questa corale opera di depistaggio.

È esattamente questa coltre di silenzio che obbliga a prendere la parola proprio ora, a caldo: perché ci sia almeno qualche voce che contraddica la canonizzazione, e instilli dubbi proprio nel momento in cui il nuovo santo viene innalzato sugli altari, a riflettori ancora accesi.

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giudicare dalla copertina

Un po’ di dischi in uscita in settimana con copertine che hanno catturato il mio interesse. I Pink Cigs, genere hard rock, che propongono una messia del futuro in ambientazione tipo-pianeta-delle-scimmie, con meno piglio della Francia di Delacroix nonostante la spada indichi la direzione della lotta, colori sgranati e tonalità anni Settanta per musica di sicura riuscita. Pink Cigs – Pink Cigs (2020).

Forse è cascata nella palude con il vestito della sera. Ma questi dell’indie folk sono eccentrici, si sa. Jennie Lowe – Ghost Tracks (2020)

Gli Aiming For Enrike puntano invece sul gay-pop per il loro nuovo disco, la musica per l’esercizio è rappresentata dal gigante seminudo che sega le montagne innevate. Ha senso. Aiming For Enrike – Music For Working Out (2020)

Il pop rock di (dei?) Naïve sgorga invece direttamente dagli alberi. O il signore si è incastrato. Non fatevi fare le copertine dagli amici.
Naïve – Endurance (2020)

Oggi in ufficio è successa una cosa pazzesca: è esplosa una signorina.
Ephemerals – The Third Eye (2020)

Non riesco a ricostruire il senso dell’idea: Valle viene spacchettato, quindi avanti col disco di bossa nova, oppure viene incellofanato a salire? Il titolo (‘grigio’) non aiuta a capire. Marcos Valle – Cinzento (2020)

Vualà.

laccanzone del giorno: The Boomtown Rats, ‘(I never loved) Eva Braun’

Nessun grande seguito ma nella ristretta cerchia degli affezionati, tra i quali mi annovero, i Boomtown Rats sono oggetto di un vero e proprio culto.
Va bene, stabiliamo i facili collegamenti: il Live Aid, presente? Esatto, il maxi-concerto del 1985 organizzato per raccogliere fondi per contrastare la carestia in Etiopia. Ecco, gli organizzatori furono due: Midge Ure degli Ultravox, sempre dimenticato, e Bob Geldof, allora cantante dei Boomtown Rats, appunto, e sull’orlo di una carriera solista. I due avevano scritto l’anno prima Do They Know It’s Christmas? che, per chi c’era, superò ogni livello conosciuto di diffusione e inaugurò la stagione degli eventoni per beneficienza. ‘Usa for Africa’ nacque sulla base di quell’esperienza.

I Boomtown Rats, dicevo: gruppo irlandese punk-rock, new wave fondato nel 1975, centrò subito un disco bellissimo, A Tonic for the Troops, nel quale lo smalto era già chiaro, grazie a un’infilata notevole di singoli come Like Clockwork, She’s So Modern, Rat Trap e, appunto, (I never loved) Eva Braun. Canzone per me irresistibile, mi fa ridere anche l’idea del protagonista che si giustifica spiegando di non aver mai amato Eva Braun, mi delizia in particolare il coro da 1:57 e mi ritrovo a tutt’oggi a cantare a squarciagola No matter what people say, / I never loved Eva Braun. Tutturuttutttutututu.

L’anno dopo i Boomtown Rats pubblicarono un altro disco bello, The Fine Art of Surfacing, di cui è facile ricordare il singolone trascinante, I Don’t Like Mondays (bello anche il video girato alla maniera del ‘Villaggio dei dannati’): la giovane Brenda Ann Spencer nel 1979, uscendo per andare a scuola, compì quella che è considerata la prima strage scolastica americana e alla domanda sulle ragioni che l’avessero spinta la risposta fu, ovviamente, «Nothing’s happening today. I don’t like Mondays» e tutta un’altra serie di banalità.
Due anni dopo i Boomtown Rats pubblicarono il loro ultimo disco menzionabile, Mondo bongo, di cui il singolo Banana Republic è una vetta che mi piace frequentare spesso e contiene elementi di puro genio musicale, a parer mio. Poi fu discesa, fino allo scioglimento subito dopo il Live Aid, appunto, causa assenza di contratto e di case disposte a sottoscriverne uno. A seguire, Geldof ebbe una discreta carriera solista, in bilico tra la professione e l’hobby (tra tutti, ricorderei The Vegetarians of Love).

Ricordo che Trostfar, gentilmente, raccoglie tutte leccanzoni in una pleilista comoda comoda su spozzifai, grazie.

Ed ecco, in conclusione, la buona notizia di oggi: i Boomtown Rats sono tornati, è uscito oggi il nuovo singolo Trash Glam Baby che anticipa il disco Citizens Of Boomtown, in uscita a marzo. Io dico ovviamente ‘bene’ e se poi seguisse pure un tour ne sarei estremamente lieto. Once in a lifetime.
Tutturuttutttutututu.

ghost rider: travels on the healing road

È morto il batterista dei Rush, Neil Peart.
Per parecchi anni, a metà degli anni Ottanta, fu considerato il miglior batterista al mondo. In effetti, la batteria nella musica dei Rush ha la sua bella importanza. Anche se non ne siete al corrente, probabilmente Tom Sawyer la conoscete (da 2:30 è sempre spettacolare).
Peart non ne aveva bisogno, perché anche con un barattolo avrebbe fatto faville, ma questo qui sotto è il suo drum set in non so quale tournée dei Rush: niente male.

Non fu fortunato nella vita e alcuni fantasmi lo seguirono sempre. Per superare due grandi dolori della sua vita fece un viaggio di quattordici mesi in motocicletta, percorrendo ottantamila chilometri.
Era un uomo colto e fu autore della gran parte dei testi dei Rush dalla sua entrata nel gruppo fino al 2012, quando ne uscì. Poi si potrebbe discutere sui testi dei Rush in sé ma non ne varrebbe la pena.
Suonò sempre con le bacchette al contrario, cioè impugnandole dalla parte posteriore, la punta. Credo però lo sapesse.

ci si allunga, ci si accorcia, ci si espande; ma non ci si scosta da sé

Vinicio Capossela davanti alla casa di Marco Stefanini a Chiavicone, dicembre 2019. (Marco Zanella per Internazionale, Cesura). La frase del titolo è di Massimo Zamboni, da L’eco di uno sparo.

Vinicio Capossela – in occasione dei due concerti che ha tenuto a fine anno al Fuori Orario – ripercorre alcuni dei propri luoghi nella ‘pianura ipermercata’ e, come sempre, offre uno sguardo intelligente e particolare su quel pezzo di pianura che tante volte ho percorso anch’io in cerca di avventure. Che, puntualmente, sono arrivate. Una prece a Sante Nicola, il santo impostore protettore delle “vittime dei propri errori”.
Qui l’articolo, bello, di Giovanni Ansaldo per Internazionale.