il cheropo e il signor Krefft

Uno degli aneddoti di Bill Bryson che mi diverte è questo (da “In un paese bruciato dal sole. L’Australia”):

“La mia storia preferita su un animale scomparso, comunque, risale in qualche modo a un’epoca ancora precedente. Riguarda un naturalista del XIX secolo, tale Gerard Krefft, il quale nel 1857 catturò due rarissimi cheropi. Purtroppo per la scienza e per i cheropi, poco dopo Krefft sentì i morsi della fame e se li mangiò. Per quanto è possibile sapere, si trattava degli ultimi due esemplari della specie. Di certo da allora nessuno ne ha visti in giro altri. Krefft, incidentalmente, venne poi nominato direttore dell’Australian Museum di Sydney, ma ricevette l’invito a trovarsi un altro impiego allorché saltò fuori che arrotondava lo stipendio vendendo cartoline pornografiche”.

E così conclude:

“Sono sicuro che da qualche parte qui ci dev’essere una morale”.

Sono d’accordo, deve esserci.
Il cheropo, giusto per saperlo a questo punto, è il chaeropus ecaudatus, volgarmente noto come, ihih, ‘bandicoot dai piedi di porco‘, un curioso marsupio australiano dotato di due dita funzionali munite di unghie simili a zoccoli.
Questo mese, all’Australian Museum di Sydney, è di scena il mammuth.

ollivuud

Presente Matrix Reloaded? e The Bourne Identity? Die hard 4? Ecco, sono molti di più, ovviamente: film in cui ci sono solitamente degli hackers che digitano sulla tastiera velocissimi ed entrano ovunque, violando qualsiasi banca dati o rete privata. Ecco, loro, di solito hanno un notebook o un fisso, più raro, con più schermi sui quali accadono queste cose qui sotto:

Si tratta di un software solo, Hollywood, scaricabile tranquillamente per Linux perché dev’essere lanciato da linea di comando, il quale software semplicemente analizza in tempo reale, che so, i processi aperti del pc, la ram utilizzata, la velocità della rete, insomma bagatelle del genere, e le rappresenta sullo schermo con diversi riquadri, simulando chissà quali attività. Le due gif animate qui sopra mostrano proprio questo. Pum! il gioco è fatto: si può inquadrare e girare la scena.
(Devo riguardare più attentamente alcune cose, non escluderei anche i monitor delle redazioni dei telegiornali, perché ho il sospetto che l’uso di Hollywood sia più frequente di quanto immagini).

sei persone in una stanza? Giammai!

Prendere uno scrittore inglese, nato in una placida città termale dalla splendida architettura in stile regency, ottimi studi a Oxford, bianco caucasico, corporatura esile e modi più o meno fini, dicevo prenderlo e metterlo su una portaerei americana a propulsione nucleare con cinquemila soldati americani per qualche settimana, tra olio, catene per cacciabombardieri, bar senza alcolici, e quale sarà la prima cosa che chiederà? Una camera singola, ovvio.

Non sempre a livello ma non male, nel complesso: Geoff Dyer, Un’altra formidabile giornata per mare. Cronaca da una portaerei.

“Dovunque andassi, sotto ogni passaggio e rampa di scale, i marinai lavavano, sfregavano, sciacquavano, spolveravano, spazzavano, strofinavano, spazzolavano, lucidavano, lustravano, splendevano.
Quanto a me, ho passato il resto del tempo sulla portaerei a schivare e scansarmi o, piú esattamente, a scansarmi e chinarmi”.

you’re lucky lucky you’re so lucky (aimtu)

Il mio programma musicale-dal-vivo di questo breve periodo prevede: Courtney Barnett, Franz Ferdinand, Roger Waters e Jet. Primi due fatti, ieri sera FF.
Che i FF fossero delle macchine da muovilculo si sapeva, basta pescare quasi qualsiasi pezzo della loro, ormai consistente, discografia. Ne cito dodici, per dire: “Right Action”, “Darts of Pleasure”, “Bullet”, “Eleanor Put Your Boots On”, “The Fallen”, “Walk Away”, “No You Girls”, “Matinee”, “Do You Want To”, “Take Me Out”, “Lazy boy”, “Jacqueline”.
Il bello è che lo sono anche dal vivo, tre chitarre due tastiere bassobatteria, trascinanti mica poco, persino quando Kapranos tra una canzone e l’altra sostiene che il lago di Garda è uguale a Glasgow: preciso. Forse pure di più dal vivo, con tutti quei saliscendi e riprese e salti nella loro musica, uno spasso, piano poi forte poi su poi giù. Basta aspettare il secondo 19 di “Do You Want To”, uno degli esempi eclatanti.

Per celebrare, perché i miei prossimi due giorni saranno alla loro insegna, un po’ di Ulysses:

E nel tempo non sbagliano quasi un colpo, tanto che l’ultimo disco, Always ascending, è bellissimo, esattamente come tutti gli altri negli ultimi quattordici anni.
Se ne serve ancora, un po’ di Do you want to.

Viva!