Il re in ascolto

Lo scettro va tenuto con la destra, diritto, guai se lo metti giù, e del resto non avresti dove posarlo, accanto al trono non ci sono tavolini o mensole o trespoli dove tenere, che so, un bicchiere, un posacenere, un telefono; il trono è isolato, alto su gradini stretti e ripidi, tutto quello che fai cascare rotola e non si trova più.
Guai se lo scettro ti sfugge di mano, dovresti alzarti, scendere dal trono per raccoglierlo, nessuno lo può toccare tranne il re; e non è bello che un re si allunghi al suolo, per raggiungere lo scettro finito sotto un mobile, o la corona, che è facile ti rotoli via dalla testa, se ti chini.

L’avambraccio puoi tenerlo appoggiato al bracciolo, così non si stanca: parlo sempre della destra che impugna lo scettro; quanto alla sinistra resta libera; puoi grattarti se vuoi; alle volte il manto di ermellino trasmette un prurito al collo che si propaga giù per la schiena, per tutto il corpo. Anche il velluto del cuscino, scaldandosi, provoca una sensazione irritante alle natiche, alle cosce. Non farti scrupolo di cacciare le dita dove ti prude, di slacciare il cinturone con la fibbia dorata, di scostare il collare, le medaglie, le spalline con le frange. Sei Re, nessuno può trovarci da ridire, ci mancherebbe anche questa.

La testa devi tenerla immobile, non dimenticarti che la corona sta in bilico sul tuo cocuzzolo, non la puoi calzare sugli orecchi come un berretto in un giorno di vento; la corona culmina in una cupola più voluminosa della base che la regge, il che vuol dire che ha un equilibrio instabile: se ti capita d’appisolarti, di adagiare il mento sul petto, finirà per ruzzolare giù e andare in pezzi, perché è fragile, specie nelle parti di filigrana d’oro incastonate di brillanti. Quando senti che sta per scivolare devi avere l’accortezza di correggere la sua posizione con piccole scosse del capo, ma devi stare attento a non tirarti su troppo vivamente per non farla urtare contro il baldacchino, che la sfiora coi suoi drappeggi.

Insomma, devi mantenere quella compostezza regale che si suppone connaturata alla tua persona. Del resto, che bisogno avresti di darti tanto da fare? Sei re, tutto quello che desideri è già tuo. Basta che alzi un dito e ti portano da mangiare, da bere, gomma da masticare, stuzzicadenti, sigarette di ogni marca, tutto su un vassoio d’argento; quando ti prende il sonno il trono è comodo, imbottito, ti basta socchiudere gli occhi e abbandonarti contro la spalliera, mantenendo in apparenza la posizione di sempre: che tu sia sveglio o addormentato non cambia nulla, nessuno se ne accorge…

Insomma tutto è stato predisposto per evitarti qualsiasi spostamento. Non avresti nulla da guadagnare, a muoverti, e tutto da perdere. Se t’alzi, se t’allontani anche di pochi passi, se perdi di vista il trono anche per un attimo, chi ti garantisce che quando torni non ci trovi qualcun altro seduto sopra? Magari uno che ti somiglia, uguale identico. Va poi a dimostrare che il re sei tu e non lui! Un re si distingue dal fatto che siede sul trono, che porta la corona e lo scettro.

Ora che questi attributi sono tuoi, meglio che non te ne stacchi nemmeno per un istante. C’è il problema di sgranchirti le gambe, d’evitare il formicolio, l’irrigidirsi delle giunture: certo è un grave inconveniente. Ma puoi sempre scalciare, sollevare i ginocchi, rannicchiarti sul trono, sederti alla turca, naturalmente per brevi periodi, quando le questioni di Stato lo permettono.
Ogni sera vengono gli incaricati della lavatura dei piedi e ti tolgono gli stivali per un quarto d’ora; alla mattina quelli del servizio deodorante ti strofinano le ascelle con batuffoli di cotone profumato.

Insomma, il trono, una volta che sei stato incoronato, ti conviene starci seduto sopra senza muoverti, giorno e notte. Tutta la tua vita di prima non è stata altro che l’attesa di diventare re; ora lo sei; non ti resta che regnare. E cos’è regnare se non quest’altra lunga attesa?
L’attesa del momento in cui sarai deposto, in cui dovrai lasciare il trono, lo scettro, la corona, la testa.

(Una meraviglia di Italo Calvino).

quattromilacinquecento metri quadrati di rete metallica

Edoardo Tresoldi è un artista, scenografo e scultore, che ha avuto un’idea davvero brillante, a parer mio, per mostrare ciò che non c’è più o ciò che dovrebbe essere ma non è: la maglia metallica. Per esempio, sette tonnellate di rete metallica elettrosaldata zincata per ricostruire la basilica paleocristiana di Siponto:

L’effetto è strepitoso, secondo me. Visible ma non invasiva, presente ma non incombente o finta, chiara per la lettura delle forme senza essere fintamente ricostruita, è un’idea eccezionale per ricostruire ciò che si è perso (Palmira?), per mostrare come dovevano essere certe costruzioni o monumenti perduti, o addirittura edifici che non sono stati mai costruiti, per qualche motivo.

Il costo approssimativo: novecentomila euro, nemmeno tanto. Bellissima idea, io dico: usare.

un insider essere la banca

Ricevo dal signor Wang Bairong un’interessantissima offerta:

Buona giornata,
Sono il direttore di un prestigioso banche di investimento private
Hong Kong.

Buongiorno a lei (la formattazione è la sua originale originale).

Sebbene questo mezzo (Internet) sostanzialmente non correttamente
era, ho deciso di andare, perché è ancora il più veloce
Mezzi di comunicazione.

Mmm, dark times are these: Yoda? Lei ha perfettamente ragione, signor Wang, a non fidarsi: sostanzialmente non era. Ha fatto bene.

Vi assicuro che questi
Transaction è senza rischi e legale al 100% per entrambe le parti un insider
essere la banca. Questa corrispondenza, tuttavia, è privato e deve essere usato con
massima riservatezza sono trattati.

Visto che è tutto legale, sono tutto orecchi. Ovvio che userò con massima riservatezza.

La transazione comprende la
Trasferimento di depositi sul fondo totale € 27,000,000.00
(euro sette milioni) per la via legale.

Non mi prenda per un maleducato, non vorrei sembrare inopportuno. Perdoni la mia curiosità, che non le paia volgare: ventisette o sette? No, perché sa, un po’ di differenza la fa. Mi scusi, sono stato inopportuno e volgare. Mi scusi. Va bene qualsiasi cifra.

da
Ricezione della risposta, vi darò i dettagli su come il
Attività si svolge, anche, che c’era un 50% dell’importo addebitato sulla
mentre il 50% è per me si prega di contattare me al mio
Indirizzo e-mail privacy: wangbaroing.net@—-.com (ICBC Bank) Industrial
Commercial Bank of China Ltd. filiale di Hong Kong.

Tutto chiaro su come il Attività si svolge, voglio addebito sulla.
L’indirizzo mica lo metto in chiaro, mica sono scemo: altrimenti mi fregate li sòrdi.

Cordiali saluti, Wang Baiong

Saluti anche a lei, Wang. Ci vediamo allo sportello e grazie di tutto.
Sono ricco. Fanculo.
[Baiong? Ma a inizio lettera e nell’intestazione non era Bairong? Vabbè, si è sbagliato, perché Wang Bairong è veramente una persona vera, e Bloomberg lo conferma].

≥ 1:1

Si è concluso il concorsone Nikon per la fotografia macro (correttamente: macrofotografia). Una definizione comunemente accettata per macrofotografia è quella che la definisce in modo tale quando il rapporto di riproduzione con il soggetto della fotografia è ≥ 1:1: cioè quando la riproduzione fotografica è pari o maggiore alle dimensioni del soggetto rappresentato. Chiaro che, stanti così le cose, la fotografia macro mostra dettagli invisibili a occhio nudo e, in questo senso, gli insetti sono soggetti validissimi per suscitare stupore e, in generale, tutto il mondo naturale fa una figura grandiosa a questo dettaglio.
Ad esempio, la proboscide di una farfalla, tanto caruccia solo in apparenza:

Jochen Schroeder | Chiang Mai, Thailand

La foto si è classificata quarta, meritatamente. La foto, però, che mi appassiona di più ha meritato solo una segnalazione ma, per conto mio, avrebbe dovuto essere menzionata per l’atto tecnico e vincere per la categoria miviendaridere: signori, ecco lo sguardo penetrante e furbetto del ragno salterello (Hasarius adansoni).

Yousef Al Habshi | Abu Dhabi, United Arab Emirates

C’è anche un’altra foto analoga ma non mi diverte allo stesso modo.
Viva il ragno scrutatore, dunque, viva l’occhio onesto e pallato. Viva.