vivere nel magico mondo di Barbie

Prima una foto in rete, probabilmente un bel giorno d’estate (seeee, l’estate della fantasia imbarazzante):

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Poi la foto reale, in un giorno normale di primavera:

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Il punto è, a parer mio, che non è possibile far finta di vivere in un mondo di aurore boreali perenni. Non che la realtà sia deludente, anzi. Piuttosto, tende a fare quello che deve: essere reale. Tendiamolo anche noi, altrimenti è davvero stressante.

libera spazio sul tuo Kobo

Premesso che il Kindle è più bello e funziona meglio ma è troppo fastidiosamente proprietario, al punto da non gestire il formato .epub – il che è assurdo dal punto di vista di chiunque non sia il signor Amazon – detto questo qui si usa il Kobo, per leggere i librini elettronicini.

Dopo un tot, il Kobo tende non solo a riempire la memoria principale ma, anche, a rallentare le sincronizzazioni o gli aggiornamenti. Un metodo per tamponare entrambe queste cose, però, c’è (vale per Mini, Touch, Glo, Aura): si tratta di individuare la cartella \.kobo\images e cancellare tutti i files che terminino con:

N3_FULL.parsed
N3_LIBRARY_SHELF.parsed
N3_SOCIAL_CURRENTREAD.parsed

ovvero spazzatura (copertine di libri consigliati, esiti di ricerche vecchie come il cucco etc.).
Molti files in meno, più spazio e più velocità nelle sincronizzazioni. Promesso.

Dov’era e com’era (il terremoto e io quarant’anni fa)

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Il giorno dopo (o giù di lì) il terremoto in Friuli, mio padre partì come volontario, per andare a dare una mano a ricostruire tutto «dov’era e com’era». Già questo per me sarebbe bastato per ammirarlo di più. Ma fece di meglio: mi chiese qualche mio giocattolo – ero piuttosto piccolo – da regalare a qualche bambino della mia età che li avesse persi per il terremoto. E non solo: dovevo scegliere uno o due giocattoli cui ero affezionato, non dei quali mi volessi liberare.
La cosa non fu semplice perché mi mise di fronte alla mia fortuna e alla sfortuna altrui, all’egoismo e alle scelte migliori, sebbene non del tutto consciamente. Scelsi un caleidoscopio, che era il mio gioco preferito, qualcos’altro che non ricordo e, allora non lo sapevo, in quel momento imparai moltissimo, diventai una persona migliore. E fui (come sono) enormemente fiero del mio papà.

trenta giorni di audioprova

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Oggi apre in Italia Audible, ovvero il posto degli audiolibri.
Il modello commerciale è quello di Netflix, quindi ad abbonamento mensile senza limiti di ascolto, però ibrido, nel senso che è possibile scaricarsi gli audiolibri e poi ascoltarli offline. Fin qui tutto bene, non fosse che ovviamente serve l’app e, per quanto se ne sa ora, non sarà possibile esportare i files audio su altri devices che non supportino l’uso di apps. Un lettore mp3, per esempio.
Quindi, al momento, non fa per me. Diciamo che ne godrò indirettamente.

le parole che scoppiano

Parlava, parlava, parlava, parlava e parlava e parlava. E seguitava a parlare. In casa mia la padrona sono io. Ma quella domestica grassa non faceva che parlare, parlare ed ancora parlare. Dovunque io fossi, quella arrivava e cominciava a parlare. Parlava di tutto, di qualsiasi cosa, per lei era lo stesso. Licenziarla per questo? Avrei dovuto darle i suoi tre mesi di paga. Inoltre sarebbe stata capacissima di buttarmi addosso il malocchio. Veniva persino in bagno: e questo, e quest’altro, e quest’altro ancora. Le ficcai un asciugamano in bocca perché la smettesse. Non morì mica per questo, ma perché non riusciva più a parlare. Le scoppiarono le parole dentro.

Un pezzo memorabile da un delizioso libretto dei miei sedici anni (penso sia noto): Max Aub, Delitti esemplari.